Fuori le serie! 🛋️ #169- Io sono Lillo: sono una donna, sono una madre
È quel tipo di settimana in cui escono grandi serie italiane su cui, anche volendo, sarebbe impossibile sorvolare: il ritorno di Elena Ferrante (La vita bugiarda degli adulti) e il trionfo del tormentone di Lillo. In alternativa è possibile iniziare l'anno con la giusta dose di autorialità, regalando alcune ore del proprio tempo a Nicolas Winding Refn (Copenhagen Cowboy).
In primis
NETFLIX
La vita bugiarda degli adulti (Italia, 2023)
dal 04/01/2023
Nella e Andrea, insegnanti di liceo (rispettivamente greco/latino e storia/filosofia, mica ciufoli) nonché genitori, ultimamente lo ribadiscono con insistenza: la loro figlia Giovanna, ragazza sveglia alle prese con quel brutto momento di passaggio dalla fanciullezza all'adolescenza, comincia ad assomigliare pericolosamente a colei che non deve essere nominata, l'ostracizzata e demonizzata zia Vittoria. Giovanna non l'ha mai conosciuta questa zia Vittoria, che è stata epurata dai discorsi, dalle memorie e persino dai ritratti di famiglia per iniziativa del padre, il quale non ne ha mai apprezzato né perdonato sfacciataggine e ribellione, espresse con la volgarità (interpretazione superficiale e perbenista) di una bocca femminile che profferisce improperi. Sono quasi vent'anni che Vittoria sopporta l'esilio famigliare, imposto solo perché ha vissuto con convinzione la sua passione, senza sentirsi in dovere di chiedere permesso o scusa preventivamente. Ora che Giovanna ha 13 anni, e all'interno del sua incipiente personalità comincia a percepire taluni sommovimenti, sente il bisogno di conoscere anche quella parte del suo corredo genetico tenuta nascosta dagli ometti del clan, una famiglia borghese che ci tiene molto, troppo, alle apparenze e alle formalità. Elena Ferrante è Stephen King – senza la problematica presenza di gonadi maschili, che rende obbligatorio filtrare i sentimenti attraverso il colino del genere perché sentire o esprimere emozioni parlandone come gente normale non è roba per veri maschi – con Napoli al posto del Maine e con Edoardo De Angelis che ne fa gli adattamenti tv al posto di Mike Flanagan. Come sempre: venduta.
Madoff - Il mostro di Wall Street (Usa, 2023)
dal 04/01/2023
Adesso che è stato scartato, rigorosamente post-mortem, dagli stessi gruppi di potere che in precedenza aveva contribuito ad arricchire oscenamente, Bernie Madoff si è finalmente guadagnato alcuni soprannomi che, al campetto trucido dove quel laido dell'ex bidello vende le paste tagliate male, gli farebbero fare una gran figura: nomignoli tipo “il serial killer” e “lo psicopatico della finanza”. Roba tosta. Roba anche giusta, per descrivere il tizio che si è inventato la truffa epocale da 65 miliardi di dollari che, a partire dal 2008 quando la bolla speculativa dei mutui subprime è scoppiata, ha messo in ginocchio l'economia mondiale. Solo che a sentire certe cose ti sale anche un po' il crimine. Ti viene voglia di dire, così, senza tanti peli sulla lingua: grazie al cazzo. Bernie Madoff è morto nel 2021. Per decenni ha agito in maniera impunita e trasparente facendo esattamente tutto quello che voleva. E noi, collettivamente, piuttosto che accollarci la fatica di una faccenda nel momento in cui esiste preferiamo accanirci su un cadavere ancora caldo dopo aver passato anni e anni a turarci il naso e voltarci dall'altra parte. Vergogniamoci tutti insieme, secondo me, per questo malvagio meccanismo dell'indignazione che scatta sempre e solo quando è troppo tardi. Indigniamoci per l'indignazione. Indignazioniamoci. Detto questo, la docuserie in quattro episodi firmata da Joe Berlinger – documentarista true crime di lungo corso, autore per Netflix di Sulla scena del delitto: Il caso del Cecil Hotel e della serie Conversazioni con un killer – fa il suo sporco mestiere, racconta le sue sporche porcherie e, quantomeno, aggiunge al discorso gli inediti filmati di repertorio raccolti durante le deposizioni di Madoff.
Copenhagen Cowboy (Danimarca, 2023)
dal 05/01/2023
Se c'è una cosa che Nicolas Winding Refn ha imparato nel suo quarto di secolo abbondante di carriera dietro la macchina da presa – che peraltro corrisponde alla metà quasi esatta dei suoi anni di vita – è che se sei un regista danese e hai voglia di diventare celebre, l'unica strada possibile è quella della controversia. Poi, se sei von Trier, controversia lo scrivi CONTROVERSIA e vai a Cannes a dire che Hitler alla fine non era così antipatico come veniva dipinto. Dipinto, capito? Perché Hitler era un pittore piuttosto scarso. Ha ha. Se sei un Winding Refn normale, invece, ti limiti a creare scompiglio con i film che giri, sui quali alcuni commenteranno Genio e Capolavoro, che abbiano capito o meno quello che hai fatto; altri diranno Pippa e Seghe a due mani senza nemmeno aver visto quello che hai fatto. E nel mezzo ci saranno un tot di eletti, un po' indifferenti e un po' stufi di queste dinamiche da curva, che invece diranno Questo me lo vedo solo se me lo prescrive il medico e il giudizio è sospeso fino ad allora. Copenhagen Cowboy ha un bel titolo che ne annuncia l'ambientazione ma in realtà non c'entra nulla con le sei puntate della miniserie – dice il regista, in un'intervista a Film Tv: «È la mia interpretazione della Copenhagen moderna. Quando pensi a questa città, ti vengono in mente i porti e la pornografia, insomma la lettura più cliché della parola. Mi sono chiesto come rovesciarla, non perché vada rovesciata a prescindere ma perché farlo è davvero interessante. È allora che ho pensato a un’altra parola, “cowboy”, nell’accezione inesorabilmente americana del concetto, che poteva diventare il ponte per incrociare dei mondi: io per primo sono danese, ma sono cresciuto a New York. I cowboy, poi, sono la versione americana dei vichinghi, dei samurai, dei gladiatori: ogni paese ha la sua versione dell’eroe che si sacrifica per proteggere l’innocenza, è parte della nostra identità collettiva e volevo trarne qualcosa di nuovo»; o, per dirla in maniera più succinta tramite la dichiarazione raccolta dal The Guardian: «Semplicemente mi piacevano queste due parole accostate». In Copenhagen Cowboy c'è una giovane donna di nome Miu, pettinata come Timothée Chalamet prima dell'applicazione dei boccoli, che viene passata da un boss all'altro della malavita danese in quanto talismano portafortuna. Nel frattempo, però, Miu sta anche cercando di scovare la sua nemesi Rekel per esigere vendetta, tremenda vendetta.
Totenfrau - La signora dei morti (Austria, 2023)
dal 05/01/2023
Questa serie austriaca di thrillerismo rurale spinto e raffinato l'ha creata l'altrettanto austriaca Barbara Stepansky – e fin qui nulla di male – in collaborazione con il socio (e a questo punto spero anche compagno di vita forever and ever) BENITO WOLFGANG MUELLER. Ora. Che un signore austriaco sia stato battezzato BENITO WOLFGANG è una cosa che, di per sé, riempie il cuore di gioia e umorismo e probabilmente non servirebbe andare oltre. Ma c'è anche una miniserie di mezzo, per di più tratta da un omonimo romanzo (da noi pubblicato dai tipi di Rizzoli) che ha avuto il suo certo seguito. Totenfrau è la storia di Blum, tosta signora austriaca proprietaria di un'impresa di pompe funebri in una ricca e celebre località sciistica, sposata con il poliziotto Mark e amorevole madre di due figlie piccole che rientrano nella rispettata categoria delle bambine cinematografiche non troppo fastidiose. Orfana dei genitori, morti annegati in un incidente al largo della costa croata, Blum deve sopportare un altro brutto scherzo del destino nel momento in cui il marito viene ucciso, investito da una macchina proprio di fronte a casa, in quello che a tutti gli effetti appare come un incidente. Ebbene, non è un incidente: gli indizi raccolti dalla neo-vedova portano a pensare che si tratti di un omicidio compiuto per mettere a tacere l'indagine su cui Mark stava lavorando. Con l'intento di vendicare la morte del marito, Blum sfrutta la sua dimestichezza con i cadaveri e la formaldeide e, senza lasciare tracce, si appresta a eliminare ogni farabutto finto membro rispettabile della comunità coinvolto nel complotto, in quello che si svela come un gioco sadico più affine alla tradizione audiovisiva tutta matta di coreani e giapponesi, più che a un austriaco di nome BENITO WOLFGANG.
PRIMEVIDEO
Sono Lillo (Italia, 2023)
dal 05/01/2023
Ero molto tentato di limitare questa presentazione a due link: il teaser di un minuto pubblicato da Prime Video
e il montaggio di tutte le volte in cui il tormentone “Sono Lillo” (presa in giro dei tormentoni diventato potenzialmente ancora più fastidioso di un tormentone non ironico) è stato utilizzato nella prima stagione di LOL - Chi ride è fuori.
Solo che dai, diciamocelo, alla fine a Lillo fai fatica a non volergli bene. Che sia il suo gusto per i calembour idioti e raffinati al tempo stesso (il Grande Capo Estiqaatsi rimane un valido esempio) o che sia perché è fra i pochi comici italiani a mantenere un certo gusto per lo slapstick: Lillo è adorabile e brillante, nonostante la sovraesposizione e nonostante una carriera cinematografica non all'altezza del potenziale. Questa serie, oltre a idearla e interpretarla, Lillo l'ha anche sceneggiata con l'idea più sveglia che puoi avere se hai intenzione di allungare a tre ore un tormentone lungo due parole: fai la metaserie. In questa metaserie il comico Lillo è talmente prigioniero del famigerato tormentone esclamato dal suo celebre personaggio, Posaman, che anche la sua vita privata comincia ad andare a rotoli. In questa metaserie, poi, c'è tanta di quella gente che pare di sentire Fiorello quando faceva Gianni Minà in radio.
Ci sono Emanuela Fanelli, Valerio Lundini, Stefano Rapone, Cristiano Caccamo, tutta la famiglia Guzzanti che se a un certo punto appaiono pure Sabina e il padre Paolo nessuno si stupirebbe, Maccio Capatonda, Pietro Sermonti, Paolo Calabresi, Michela Giraud, Marco Marzocca, Edoardo Ferrario. Non manca più nessuno. Solo non si vedono i corni di Frank Matano e Fedez, tiè.
The Rig (Gb, 2023)
dal 06/01/2023
Qualcuno ha ordinato la prima serie interamente scozzese da trasmettere su una delle principali piattaforme di streaming del mondo, ed era anche ora. Sentiamo un po' tutti il bisogno di assistere all'emancipazione della Scozia dal Regno Unito e il processo passa anche per l'irlandesizzazione dell'audiovisivo scozzese, vale a dire attraverso la creazione di una filiera creativa indipendente che racconti storie scozzesi fatte da scozzesi, scritte da scozzesi e recitate da scozzesi senza che nessun altro al mondo riesca a comprendere il loro meraviglioso accento. Non c'è troppo da dire su The Rig, che non è ancora uscita e di cui sono stati anticipati giusto una manciata di dettagli. Si sa che è ambientata sulla piattaforma petrolifera Kinloch Bravo, ubicata nel Mare del Nord a 150 miglia nautiche dalla costa scozzese. Si sa che i lavoratori a bordo della piattaforma si trovano nello stato che corrisponde al poliziesco “Tre dì dalla pensione” e stanno solo aspettando il passaggio che li riporterà sulla terraferma, purtroppo posticipato a causa delle inclementi condizioni climatiche. Si sa che le inclementi condizioni climatiche si trasformeranno all'improvviso in una nebbia soprannaturale, che ingloba la Kinloch Bravo e fa andare fuori di testa le persone a bordo; non come succede in Fog di Carpenter, ma il livello di letalità è più o meno quello. Si sa anche che l'industria petrolifera è il motivo più subdolo per cui l'Inghilterra si rifiuta di concedere l'indipendenza alla Scozia, quindi spero vivamente che, alla fine delle sei puntate di questa prima stagione, si scopra come la nebbia sia in realtà il fantasma di Elisabetta II, tornato sulla terra per proteggere le ultime propaggini dell'impero.
NOW
Il commissario Gamache - Misteri a Three Pines (GB/Canada, 2022)
dal 08/01/2023
Tratto dall'omonima serie di gialli procedurali pubblicata da Louise Penny, Il commissario Gamache - Misteri a Three Pines è la risposta alla domanda: se il Belgio ha Poirot, il Regno Unito ha Sherlock Holmes e quei buzzurri di americani adesso hanno Daniel Craig che ancora non riesce a decidersi su quale accento usare nella serie di Knives Out, i canadesi chi hanno? La risposta giusta non è “alce” bensì Armand Gamache, raffinato risolutore di enigmi e gentiluomo quebbechese con una certa dose di swag campagnolo. Lo interpreta quel bel tipo di Alfred Molina, quindi sapete che è un ruolo affidato in ottime mani. E niente: Armand vive in un paesino del Quebec classica trappola per turisti, così piccolo ma così piccolo che se sparisce una persona viene a mancare il 10% della popolazione. È per quello che Armand si impegna molto per trovare la gente scomparsa e/o uccisa, contando sull'aiuto (rigorosamente prezioso) dei suoi due collaboratori, Jean-Guy Beauvoir e la nativa canadese Isabelle Lacost. Dice che ogni indagine copre due episodi, con anche l'aggiunta di elementi inediti rispetto alla fonte letteraria.
De secundis
NETFLIX
Ginny & Georgia (Usa, 2021) - seconda stagione dal 05/01/2023
(avevamo parlato della prima stagione qui)
DISNEY+
Reservation Dogs (Usa, 2021) - seconda stagione dal 04/01/2023
(avevamo parlato della prima stagione qui)
Star Wars: The Bad Batch (Usa, 2021) - seconda stagione dal 04/01/2023
(avevamo parlato della prima stagione qui)
LIONSGATE+
BMF (Usa, 2021) - seconda stagione dal 06/01/2023
(avevamo parlato della prima stagione qui)
Da (meno) 5 scatolette di pelati a (più) 5 avocado, un voto a settimana per una serie presentata in questa newsletter (in questo numero o in passato).
The Bad Guy (PrimeVideo) 🥑🥑🥑🥑
Quattro avocadis a The Bad Guy, che è la cosa più divertente mai uscita fuori dalla televisione italiana. Un intrattenimento intelligente di quelli fatti con il cervello e con la panza, che gioca con i generi e si sollazza in maniera vigliacca nello stravolgere la prassi italiana del “Anche se non è un testo d'autore, comunque dobbiamo appesantirlo da qualche parte con una metafora o con IL MESSAGGIO”. Di messaggi ce ne sono anche in The Bad Guy – ci mancherebbe, è una storia con una traiettoria e ogni traiettoria costruita bene ha la sua coerenza interna, il suo andamento particolare e un obiettivo da raggiungere – ma vengono lasciati alla ricostruzione dello spettatore, senza essere piazzati sul piedistallo e senza che dirottino il vero senso della serie: intrattenere senza rinunciare al sale in zucca, al gusto per il gioco e per l'ironia senza prendersi eccessivamente sul serio, e alla possibilità di essere creativi e tutti matti senza preoccuparsi di indignare i benpensanti che al cineforum ci vanno solo per il dibattito, mica per divertirsi.
Extra
Qualche notizia dal mondo delle serie. (a cura di Giulia Ciappa)
Il pilota VPN: Paul T. Goldman
Calendario Brit
Benedict il burattinaio
Parola di Walter White
Un’arca in arrivo