Fuori le serie! - #106: Non si sevizia un transalpino
Fuori le serie!
- di Nicola Cupperi -
#106 - Non si sevizia un transalpino
Ciao ,
questa è Fuori le serie!, la newsletter di Film Tv che ti segnala tutte le serie che partono, tornano o ricominciano in streaming ogni settimana.
***
Questa edizione di Fuori le serie è stata compilata senza arrecare nessun danno a nessun esemplare di francese.
NETFLIX
Dear White People (Usa, 2017)
quarta stagione dal 22/09/2021
Certe volte qualcosa di simile al mecenatismo succede anche nei gloriosi e spietati Estados Unidos de América. È pur vero che lo stereotipo dell'americano investitore più vicino ai nostri cuori rimane quello che lo ritrae come un essere mitologico a metà fra Gordon Gekko e un bancomat Sfinge che ti pone un indovinello impossibile prima di farti prelevare – o, in alternativa, fa come Ezio Greggio all'inizio di Killer per caso (solo grandi citazioni). Insomma, gente che non si muove se prima non si parla di ca$hi e di cosa loro ci possono guadagnare da una transazione. Ecco, sicuramente è tutto vero. Ma alle volte, gaudio!, ecco l'eccezione che conferma la regola. Dear White People è stato, nel 2014, un minuscolo film indipendente presentato ovviamente al Sundance Film Festival. Non è diventato Little Miss Sunshine. Non ha sorpreso al botteghino, né ha fatto onde agli Oscar. Ma è stato un piccolo film importante. Primo, perché Tessa Thompson santa subito. Secondo, perché parlava con la giusta dose di leggerezza dei problemi della segregazione 2.0, quella subdola, raccontando gli oggettivi disagi di alcuni studenti neri in un esclusivo college prevalentemente bianco. Nel 2017 Netflix, con fare (per l'appunto) da (supposto) mecenate (che in realtà ci guadagna, se non in ca$hi quantomeno in ritorno d'immagine), ha ordinato a Justin Simien una (bella) serie tratta dal film, che con questa quarta stagione non solo arriva a una degna conclusione (cosa che non si può dire di tante altre colleghe), ma decide che questa degna conclusione debba essere anche ragguardevole e memorabile, trasformando questo ciclo conclusivo di puntate in un lungo musical (?!) che racconta l'ultimo anno di scuola dei protagonisti.
Jaguar (Spagna, 2021)
dal 22/09/2021
C'è sempre un momento fondante nella biografia di qualsiasi attore. Quello in cui essi, gli attori, giovani virgulti pieni di entusiasmo e votati al culto di Tespi, possono decidere (idealmente) tra due percorsi: salvare il mondo con la sola imposizione della propria arte, praticata sulle consunte assi di un teatro sperimentale di Rotterdam; oppure guadagnare TUTTI i soldi del mondo vendendosi al demone del libero mercato, corrompendo la propria purezza artistica recitando nella pubblicità giapponese di un nuovo Tupperware pensato appositamente per le mutandine usate (“Arriveranno a casa del pervertito ancora croccanti!”). Blanca Suárez è quell'attrice spagnola brava e bella che, al momento di prendere la fatidica scelta, ha detto proprio: “Sai cosa? Io faccio entrambe”. E così si è trovata nell'invidiabile posizione di poter salvare il mondo – è stata fra le ultime muse di Almodóvar (La pelle che abito e Gli amanti passeggeri), nonché protagonista o co-protagonista degli ultimi film di Álex de la Iglesia (Mi gran noche e El bar) – e contemporaneamente guadagnare come una vigliacca spuntando fuori in qualsiasi serie tv cessa possibile e immaginabile. Si va da El internado, passando per la miniserie italiana con Alessandro Preziosi La bella e la bestia, arrivando fino al più recente (ma non meno mefitico) Le ragazze del centralino. La versione di Suárez che troviamo in Jaguar è, manco sto a dirvelo, la seconda. La talentuosa attrice spagnola ha finalmente deciso che anche lei voleva la sua Casa di carta, e si è tuffata a pesce su questa ucronia realistica (già vista e stravista, anche se non in chiave spagnola) in cui, nella Madrid degli anni '60, uno scalcagnato gruppo di ebrei sefarditi sopravvissuti ai campi di concentramento dà la caccia, con la materna supervisione della sempre sontuosa Maria de Medeiros, ai nazisti che sono scampati alla giusta punizione utilizzando una delle molte reti di “solidarietà” attive all'epoca (qualcuno ha detto Vaticano? Non io). L'associazione per il mutuo sterminio di nazi bastardi è stata ribattezzata, con lo stesso buon gusto e la stessa sottigliezza che caratterizzano messa in scena e scrittura della serie, Jaguar. Non la macchina, ci mancherebbe, bensì il grosso predatore felino. Jaguar, non l'animale né la macchina (ci mancherebbe) bensì la serie, ha proprio un'ignoranza di quelle abbastanza cattive – didascalismi, retorica, canzoni pop scagliate a caso per avere mini videoclip di carattere generico-descrittivo che gonfino il minutaggio – che non ti impediranno di godertela. Nel senso che, alla fine, ha anche un buon missaggio sonoro, e se vuoi ascoltarla mentre tagli le zucchine (voi le fate a rondelle o alla julienne?) non è così fastidiosa.
Locke & Key (Usa, 2020)
seconda stagione dal 22/09/2021
Ogni tanto, prima di addormentarmi, penso forte a Joseph Hillstrom King. Egli, Joseph Hillstrom King, è un tenerone amante dei fumetti e della letteratura di genere, che nella vita non voleva far altro che scrivere. Purtroppo per lui: A) non solo è nato figlio del romanziere di maggior successo di sempre dopo gli evangelisti e Mao Tse-tung, Stephen King; ma oltretutto B) è pure nato uguale spiccicato al padre. Il quale, il padre, senza fare body shaming e tralasciando gli anni di alcolismo e l'incidente in cui è stato investito da un camioncino mentre passeggiava e che potrebbe aver contribuito a cambiargli i connotati, non è mai stato accusato di essere un uomo particolarmente bello. In ogni caso hai voglia, caro Joseph Hillstrom King, a inventarti uno pseudonimo per firmare i tuoi libri o i tuoi fumetti se poi vai a presentarli e ogni singola persona ti fa: “Ma lo sai che sei il sosia di Stephen King? Siete per caso parenti?”. Quantomeno, aver assunto il nom de plume Joe Hill ha permesso a King figlio di debuttare senza pressioni e rotture di scatole, arrivate solo a sopraggiunto successo. Però è stato un successo ottenuto con le proprie forze e senza salire sulle spalle del padre, arrivato grazie alla sceneggiatura della serie a fumetti Locke & Key, illustrata da Gabriel Rodriguez, che gli è valsa un gran numero di consensi, fra cui il prestigioso Eisner Award come miglior autore. La serie ha avuto abbastanza traino da ottenere un adattamento televisivo Netflix, curato dallo stesso Hill, la cui prima stagione non è stata accolta da mani che si spellavano per gli applausi – i fan del fumetto le hanno contestato di aver ripudiato troppo i toni horror per lasciare spazio a del romanticismo adolescenziale tappabuchi, il pubblico che non è partito dal materiale originale tendeva a paragonarlo (per difetto) a Stranger Things – ma ha avuto abbastanza successo da ottenere un prosieguo. La storia è quella, abbastanza intricata e risalente ai tempi della Rivoluzione americana, di una vecchia casa coloniale del Massachusetts, in un paesino di nome Lovecraft (occhiolino occhiolino), da secoli proprietà della famiglia Locke; al suo interno si nascondono diversi portali, ognuno sigillato da una chiave diversa, collegati alla dimensione parallela della Terra dei Sogni, proprio quella che in La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath di Lovecraft (occhiolino occhiolino) ospita un sacco di mostri strani. I protagonisti sono i tre giovani fratelli Locke, che dopo il brutale omicidio del padre (collegato all'intrigo demoniaco che sta per svilupparsi) si trasferiscono con mamma nella vecchia casa di famiglia.
Bangkok Breaking (Thailandia, 2021)
dal 23/09/2021
Non ci siamo. Non si fa mica così. Non puoi intitolare una serie in quel modo qui, e poi propormi questo piagnisteo senza arte né parte; ché già tu, titolista misterioso appassionato di Bangkok, mi avevi fatto questo scherzo con Baby K e poi mi ero ritrovato, cornuto e mazziato, pure ad ascoltare Giusy Ferreri. Perché se è vero che quando mi freghi una volta la vergogna è tua ma quando mi freghi due volte allora diventa mia, è altrettanto vero che se tiri troppo la corda vengo sotto casa a rigarti il monopattino elettrico e vediamo se cacci ancora fuori i proverbi. Torniamo un attimo indietro, a Bangkok Breaking. Io sono una persona semplice: leggo la parola Bangkok associata a un'altra parola che prevede lo spaccamento di qualcosa, penso subito a Bangkok Dangerous e sono una persona felice. Sia ricordando il film originale, e fin qui non c'è niente di strano dal momento che è un discreto culto del cinema di menare svergognato, girato con due lire dagli esordienti gemelli Pang, idoli hongkonghesi (gli stessi dell'horror The Eye e relativi sequel) andati a cercare fortuna in Thailandia; ma persino ricordando quella fetecchia di remake anglofono, girato dagli stessi Pang nel 2008 grazie alla stimabile connivenza del ducaconte Nicolas Cage. Ti sovvengono tutte queste immagini di rassicurante cinema senza pensieri e senza cervello, dunque, e sei tutto sereno. Ma poi si scopre che in realtà Bangkok Breaking – invece di essere la storia di un magazziniere di Amazon Thailandia il quale, dopo essere stato licenziato, torna a rompere tutti i pacchi con su scritto บอบบาง (FRAGILE in thailandese) – parla (male) di un giovane di provincia che va in cerca di fortuna nella grande città. Qui, in tempo zero, assisterà alla tragica morte del fratello in un incidente d'auto, si troverà a ereditare tutti i debiti di quest'ultimo (accumulati non per sfortuna ma per cattive scelte e pessime frequentazioni) e, con il solo supporto morale di una giovane reporter d'assalto a sostenerlo, farà la sua conoscenza del magico mondo dei volontari di primo soccorso che in realtà usano la facciata da benefattori per nascondere i traffici della drogah.
Rapinatori - La serie (Francia, 2021)
dal 24/09/2021
Dite la verità. Anche voi, come qualsiasi persona al mondo non francofona (e persino come ampie frange della popolazione francofona stessa), soffrite moltissimo quando vedete un franzoso che è inopinabilmente bravo nel suo mestiere. Che fastidio i francesi; peggio ancora i francesi bravi che sei costretto dall'onestà intellettuale a dirci “Bravi!” e poi a vederli gongolare tutti spocchiosi con quella faccia così francese. Uff. A quanto pare non esiste una parola tedesca per esprimere il contrario della Schadenfreude, che indica quel sentimento un po' miserabile di quando provi piacere per l'altrui sfortuna; termine che, peraltro, avrebbe un analogo in italiano (aticofilia) che è talmente da arrogantello diplomato al classico che persino gli arrogantelli diplomati al classico non lo usano. Ebbene il contrario di Schadenfreude, ovvero quando ti senti uno schifo perché i francesi sono bravi, non esiste (se non in forma ufficiosa). Peccato, perché sarebbe tornato molto utile per parlare di Julien Leclercq, un francese che è molto bravo a fare quello che fa, ovvero i film e le serie tv tra il thriller e l'action. Una delle cose più solide che Leclercq ha in filmografia è Rapinatori, che è un film godibile anche perché si può spiegare solamente con il titolo: parla di rapinatori. Gente a mano armata che rapina posti in cui c'è molto denaro stipato, gente anche con certi valori, gente che a un certo punto fa lo sgarro al tizio sbagliato e la situazione va a gambe all'aria e quasi tutti ci rimangono male. Anche Rapinatori: La serie parla di rapinatori, anche se sono rapinatori diversi rispetto a Rapinatori, il film – laddove il film, nel senso di apposizione, non fa parte del titolo del film; al contrario di : La serie, che invece fa parte del titolo della serie. Anche se il furfante capo del film ha la stessa bella fazza di quello della serie (di proprietà di quel gran ganzo di Sami Bouajila), quest'ultima prende le atmosfere e l'andamento della storia del primo, e tenta di adattarle (bene, a leggere le recensioni francesi. Ma tu vuoi davvero fidarti di una recensione francese? Ecco, immaginavo) al linguaggio seriale, spostando l'azione da Parigi al Belgio. Alla versione belga di Sami Bouajila, noto criminale della zona, succede che qualcuno gli rapisce la nipote. E quando rapisci la nipote a un noto criminale della zona, da che mondo è mondo sono sempre guai.
Midnight Mass (Usa, 2021)
dal 24/09/2021
Mike Flanagan è un bravo ragazzo a cui piace molto l'horror. E come dargli torto, visto che oltretutto è pure nato a Salem, quel posto in cui i cristiani a un certo punto si sono messi a bruciare le donne che non recitavano il Padre nostro tutto d'un fiato e senza incespicare sulle parole. E da buon cristiano, nato e cresciuto in un posto (il Massachusetts) in cui i cristiani sono davvero buoni (ovvero tutti bianchi), Mike Flanagan sa benissimo che il vero terrore non è tanto Satana in sé, né il peccato o la tentazione o l'ananas sulla pizza; il vero terrore sono le messe di mezzanotte. Quelle in cui gli anziani, talmente assonnati che si sono direttamente trasferiti su un altro fuso orario, hanno ancora meno filtri del solito e rendono l'esperienza di pregare tutti insieme a un orario in cui di solito si fa altro, già di per sé non ragguardevole, ancora più sfavorevole. Sull'isola di Crockett, al largo delle coste del Maine, la messa di mezzanotte la porta il nuovo parroco, padre Paul. Una figura carismatica e misteriosa il cui arrivo sull'isola, che ospita una comunità piccola e fatalmente isolata, coincide con eventi miracolosi e inspiegabili, i quali ovviamente fomentano il fervore religioso del popolino e lo convincono a tornare in massa a messa. Contemporaneamente a padre Paul, fa il suo ritorno sull'isola anche Riley, giovane che ha tentato la fortuna altrove ed è tornato all'ovile ancora più disgraziato di prima. L'isola di Crockett si appresta a essere sommersa da un allegorico maremoto, un po' diabolico e un po' umano, che rischia di raderla al suolo.
Vendetta: Guerra nell'antimafia (Italia, 2021)
dal 24/09/2021
Sapete qual è l'esempio più plastico di quanto noialtri esseri umani siamo schifosamente in grado di abituarci a qualsiasi cosa? La mafia. La mafia è quella cosa che, le poche volte all'anno in cui nella tua vita quotidiana ti capita, se ci pensi ti indigni. E anche tanto, e anche sinceramente. Poi, come hai cominciato, smetti di pensarci, e la mafia non esiste più, e con essa anche l'indignazione. Certo che non si può vivere indignati per tutto il tempo, sarebbe un'esistenza difficoltosa. E allora ci siamo, per forza di cose, abituati alla presenza di un'aberrazione come quella mafiosa. Poi ci sono persone che, per altrettanta forza di cose, non hanno questo lusso. Esse sono le protagoniste di questa miniserie documentario in sei puntate realizzata da Ruggero Di Maggio e Davide Gambino. Al centro ci sono il giornalista Pino Maniaci e la sua FENOMENALE faccia baffuta, ben noti al pubblico televisivo siciliano per i suoi virulenti reportage contro la mafia, che sono onesti e urticanti fino a vedere la carne viva, ma anche un po' folkloristici e sopra le righe. Maniaci trasmette dalle sultanesche frequenze di Telejato, minuscola emittente locale con sede a Partinico, paese di 30mila abitanti in provincia di Palermo. Maniaci è uno che non si è mai arreso all'abitudine e non ha mai avuto paura di niente e di nessuno; nemmeno della magistratura. Tanto che nel 2013 non si è fatto scrupoli a denunciare (nella persona dell'allora presidentessa Silvana Saguto) il torbido operato della sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo, accusando la giudice di essersi appropriata in modo indebito di beni, gestendo la sezione con fare clientelare per arricchire sé, il marito e alcuni collaboratori. Maniaci è stato accusato di diffamazione (reato per cui è stato condannato) e pure, inspiegabilmente, di estorsione (reato per cui è stato assolto) a causa del suo lavoro a Telejato. Saguto è stata condannata in primo grado a otto anni e mezzo di reclusione in seguito al lavoro di Maniaci. C'è qualquadra che non cosa.
PRIME VIDEO
Golia (Usa, 2016)
quarta stagione dal 24/09/2021
Non solo David E. Kelley è Ryan Murphy da prima che esistesse Ryan Murphy, ovvero uno che produce scrive crea quattro serie di successo all'anno quando ad altri showrunner ci vogliono quattro anni per produrne mezza; non solo, negli ultimi 25 anni, si è inventato (tra le altre) Doogie Howser, Chicago Hope, The Practice - Professione avvocati, Boston Legal, Ally McBeal, The Undoing - Le verità non dette, Big Little Lies e Nove perfetti sconosciuti. Ma oltretutto, questo dannatissimo signore con un sacco di mascella e altrettanti capelli, si è anche fatto impalmare da Michelle Pfeiffer. Insomma, sto cercando di trovare il modo più gentile possibile per dire che sì, David E. Kelley è un professionista di una bravura mostruosa, ma è anche (nettamente) uno dei bastardi più fortunati sulla faccia della terra. Tanto che nel 2016, mentre era impegnato a improntare la serie (Big Little Lies) che poi diventerà il più grande successo di critica e pubblico di una carriera tv già ben gloriosa, riceve pure una chiamata da Amazon, la quale gli regala un mucchio di dollari per mettere in piedi l'ennesima (per lui) serie a sfondo legale. Kelley sceglie di raccontare la storia di Billy McBride, avvocato penalista di successo, la cui vita viene stravolta dall'omicidio di un'intera famiglia perpetrato da un assassino che gli era sfuggito in tribunale a causa di un cavillo procedurale. McBride abbandona lo studio che aveva contribuito a fondare e si getta sull'alcolismo e sul tirare a campare, per poi tornare (molto riluttante) sui suoi passi e accettare un caso disperato, da dibattere proprio contro i suoi ex colleghi e dipendenti. Niente di nuovo sul fronte del dramma legale, insomma. Ma tutto diventa più facile e bello quando il tuo protagonista è Billy Bob Thornton, che benedice il soggetto già visto e rivisto di Kelley – il quale, a essere onesti, almeno infarcisce Golia di una locura sufficiente a distinguerla dalle colleghe di genere – con una serie di interpretazioni da vero gigante. Questa quarta stagione sarà l'ultimo giro di giostra per il personaggio di Billy McBride, un'occasione per arrivare finalmente al cuore dei suoi demoni personali, o forse al fondo dell'ennesimo bicchiere colmo di quello che sembra tè freddo, ma non è tè freddo.
APPLE TV+
Foundation (Usa, 2021)
dal 24/09/2021
In un atto di puro dadaismo anarchico, per festeggiare l'adattamento tv di una delle più celebri opere del più prolifico e grafomane di sempre fra gli scrittori di fantascienza (Isaac Asimov), si è deciso di essere il più sintetici possibile: guardatelo. A parte le fesserie, c'è veramente gente che sta aspettando la serie tratta dal terzo libro (in ordine cronologico nella saga, ma il primo in ordine di scrittura) del Ciclo delle Fondazioni (sette romanzi in tutto) come la venuta del secondo messia – o del terzo. Del quarto? A quanti messia siamo arrivati? Quindi, per una volta nella vita, fidatevi dell'attesa spasmodica di tutte queste persone che non conoscete e date anche voi una speranza a quel guercio maledetto di David S. Goyer. Uno che nella vita è stato prolifico quasi quanto Asimov, solo che si è concentrato sullo sfornare pattume fumante – per limitarci al piccolo schermo e fare giusto due titoli, ricordiamo l'incredibile doppietta FlashForward e Da Vinci's Demons. La Fondazione è un'opera mondo perfetta per la contemporaneità: racconta di una società imperiale galattica (con sede nel pianeta-città Trantor, al centro della Via Lattea) arrivata al culmine della sua parabola di sviluppo. In quel milieu vive e opera Hari Seldon, geniale matematico che durante tutta una vita di studi (e di avventure notevoli, raccontate altrove) ha messo a punto una nuova scienza, la psicostoria. Usando complesse funzioni matematiche e calcoli statistici applicati alla sociologia e alla storiografia, Seldon è in grado di creare un modello scientificamente plausibile del futuro. E i calcoli sono giunti alla conclusione che l'Impero galattico sta per collassare sotto il peso dei suoi stessi difetti e delle sue contraddizioni. E fin qui, niente di male vi direbbe il buon Seldon, conscio che tutta la storia umana è fatta di cicli in cui una nuova potenza assurge al dominio, giunge al suo apice ed entra in declino. Il problema della caduta dell'Impero galattico è il terribile e ultra-millenario vuoto di potere che, secondo la psicostoria, getterà l'intera galassia nella più totale e irrimediabile anarchia. Il rischio, insomma, è che alla fine del lungo periodo buio preconizzato dalla scienza, non ci siano nemmeno più le macerie su cui ricostruire la società umana. Seldon, però, ha un piano, che prevede l'installazione di una misteriosa Fondazione su un pianeta ai margini della galassia (felicemente ribattezzato Terminus). Lui e i suoi sodali, fra cui la giovane e talentuosa matematica Gaal (appena sbarcata al centro della galassia dal suo pianeta rurale di provincia), dovranno affrontare la stolidità (e la violenza) dei nobili e dei loro burocrati per cercare di far passare il messaggio di estrema importanza: o si mette da parte l'orgoglio e si comincia a fare qualcosa adesso per cercare di tappare una falla gigante con gli stuzzicadenti, oppure ci lasciamo semplicemente affondare. Capito perché è perfetto per i giorni nostri, pur essendo stato scritto all'inizio degli anni '50?
DISNEY+
Y: The Last Man (Usa, 2021)
dal 22/09/2021
Stati Uniti, un futuro prossimo così poco remoto che potrebbe benissimo essere dopodomani: un bel giorno, così, di botto e (apparentemente) senza senso, tutti i possessori di gene Y (che è un po' diverso dal dire “tutti i maschi”) muoiono nello stesso istante fra atroci spruzzate di sangue da ogni orifizio disponibile. Il mondo discende nel caos, la gente va fuori di testa, cani e gatti che non si accoppiano perché mancano i peni e blablabla le solite cose da situazione post-apocalittica. Ma andiamoci piano: se non sbaglio c'è pur sempre l'ultimo uomo suggerito dal titolo. E infatti c'è un tizio di New York che, inspiegabilmente, si salva insieme alla sua scimmia cappuccina (maschio) di nome Ampersand (che sarebbe il nome inglese per la E commerciale). Come già facilmente intuibile, il sopravvissuto – che di nome fa Yorick, come il buffone di Amleto – è (quasi letteralmente) uno scappato di casa che nella vita fa l'aspirante escapologo (il prestigiatore che si libera dalle manette sott'acqua, tipo). Non solo. Egli è anche un uomo bambino con fastidiosi tratti da narcisista infantile. Per dire: non gli importa un fico secco di essere l'unico cromosoma Y rimasto sulla faccia della terra, e quindi la chiave per capire quello che è successo; lui vuole solo trovare la ragazza che il giorno prima della tragedia aveva rimbalzato la sua imbarazzante proposta di matrimonio. Di più. Yorick è anche, suo malgrado all'ennesima potenza, il figlio della nuova presidentessa degli Stati Uniti Diane Lane, e dunque si trova a essere ancora più al centro di tutti i tentativi per venire a capo (o impedire che si venga a capo) del misterioso mistero che ha cancellato gli uomini dall'esistenza. Ah! Nel dubbio: in giro per gli Stati Uniti e accompagnata dal suo migliore amico trans, c'è anche l'altra figlia della presidentessa Diane Lane. Si chiama Hero ed è una giovane donna egoista e manipolatrice che non si vuole per niente bene, non si prende le sue responsabilità e non vuole nemmeno farsi dare una mano. L'idea di riempire una narrazione post-apocalittica di gente orrendamente fastidiosa, che ti fa proprio dire: ohssì, quanto ci siamo meritati la fine del mondo, è sempre valida e àncora alla realtà. Senza contare che l'omonimo fumetto (pubblicato da Vertigo fra il 2002 e il 2008) da cui è tratta la serie parte in maniera relativamente blanda, ma poi infila una serie di mattate – una commando israeliana pazza che segue ovunque i protagonisti, una ninja, una soldatessa russa, un'astronauta, cloni, scienziati pazzi e via discorrendo – che ve le raccomando (sul serio) e sarà divertente vedere come verranno gestite dalla showrunner Eliza Clark (attrice e commediografa, già co-sceneggiatrice di Animal Kingdom). In tutto questo, però, resta da capire come abbia fatto la presidentessa Diane Lane, qui presentata come la donna migliore del mondo, a crescere due debosciati meritori di schiaffi come Yorick e Hero.
STARZPLAY
BMF (Usa, 2021)
dal 26/09/2021
Ehi questa è la maxi-storia di come la mia vita cambiata, capovolta, sottosopra sia finita. Seduto su due piedi qui con te ti parlerò di Demetrius Edward "Big Meech" Flenory e di suo fratello Terry P.O. Lee "Southwest T" Flenory, i trafficanti di cocaina più superfichi di Detroit. Ecco, l'unico motivo per cui Willy il principe di Bel Air parla di un ragazzo di nome Willy che diventa il principe di Bel Air è perché i fratelli Flenory hanno due nomi che sono al contempo troppi lunghi per stare dentro qualsiasi metrica di una sigla, e troppo maestosi per essere accorciati da qualsiasi parte. Senza contare la parte in cui diventano spacciatori di cocaina piuttosto che studenti liceali alle prese con le buffe differenze fra il ghetto e le zone più benestanti di Los Angeles. I Flenory, però, hanno una storia davvero folle e ragguardevole, oltretutto intrecciata alla sottocultura di gran lunga più importante nella seconda metà del novecento statunitense, quella hip hop. Non è un caso che questa serie, versione romanzata delle avventure criminose dei fratelli Flenory e compagnia (letteralmente) cantante, l'ha voluta e prodotta l'ex 50 Cent, oggi Curtis Jackson e già da più di qualche anno attivo come imprenditore in generale, come creatore (Power) e produttore di serie tv in particolare. Jackson ha lasciato il ruolo di co-showrunner a Solvan Naim (It's Bruno!) ed è una cosa che lascia abbastanza ben sperare; ed è anche riuscito a coinvolgere nel cast gente del calibro di Eminem e Snoop Dogg. In tutto questo, BMF è l'acronimo di Black Mafia Family, il nome che Big Meech e Southwest T hanno scelto (alla fine degli anni '80) per ribattezzare la loro azienda di import e smercio di cocaina. Ed era anche il nome dell'etichetta discografica hip hop che i due fratelli hanno sfacciatamente fondato a inizio anni 2000 come copertura legale tramite la quale riciclare le montagne di denaro sporco guadagnate con lo spaccio. Unico artista prodotto: tale Bleu DaVinci. Una roba così maestosamente arrogante che non poteva durare troppo – nel 2005 sono stati entrambi arrestati e condannati a 30 anni – ma che finché c'è stata veniva quasi voglia di complimentarsi con loro per la totale noncuranza verso le autorità e la vita umana, propria e altrui, con cui la gestivano.
- questa rubrica settimanale esce il venerdì per consigliarti come distruggerti di binge watching intensivo durante il fine settimana -
Da (meno) 5 scatolette di pelati a (più) 5 avocado, un voto a settimana per una serie presentata in questa newsletter (in questo numero o in passato).
Jaguar (Netflix)
Due scatolette di pelati del discount e mezzo a Jaguar. Una prima stagione davvero cafona, in cui nemmeno la tensione sessuale tra Blanca Suárez e il suo co-protagonista (Iván Marcos, la versione iberica di Hugh Jackman) può salvare le gonadi degli spettatorə da una morte non certa, ma (quando arriva) sicuramente lenta e dolorosa.
Non c'è nulla che ti convince, tra le serie di questa settimana? Prova una S01! Una prima stagione da recuperare nel weekend. Questa settimana...
[StarzPlay]
C’è un termine che negli ultimi anni si è fatto largo nella lingua italiana, scivolando da campi scientifico-ingegneristici al sentire comune: resilienza. Cioè la capacità per un materiale «di assorbire un urto senza rompersi», per un sistema «di adattarsi al cambiamento», per una persona «di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici e riorganizzare la propria vita davanti alle difficoltà». «La vita continua» si diceva una volta. Anno dopo anno. Prendete i Lyon: una grande famiglia inglese (un po’ alla Jonathan Coe, se vogliamo), una matriarca (Anne Reid, sicuramente il cuore del racconto), quattro fratelli adulti, la rispettiva prole. Stephen (Rory Kinnear), il maggiore, fa il consulente finanziario, vive a Londra a un passo dall’upper class con la moglie commercialista, scopre di avere una figlia trans - no, non transgender: transumana. Il secondogenito Daniel (Russell Tovey) fa l’agente abitativo a Manchester, è sposato con Ralph, ma s’innamora del rifugiato ucraino Viktor (Maxim Baldry), fuggito dal proprio paese che, occupato dalla Russia, ha criminalizzato l’omosessualità. Poi c’è Edith (Jessica Hynes) che per tutta la vita ha fatto l’attivista politica in giro per il mondo, Cassandra puntualmente inascoltata e ora, inevitabilmente, esausta. Infine la piccola Rosie (Ruth Madeley), madre single affetta da spina bifida, lavora nel catering di una scuola in un quartiere proletario. Una famiglia simile a tante, felice e infelice a modo suo, su cui s’allunga, sbirciando dagli onnipresenti televisori, computer, cellulari e tablet, l’ombra di Vivienne Rook (Emma Thompson), figura sfacciatamente “borisjohnsoniana” che a un certo punto fonda il Partito quattro stelle e, una dichiarazione “folle” dopo l’altra, scala il potere. La storia dei Lyon, immaginata dal grande autore britannico Russell T Davies, prende il via un giorno di maggio del 2019 (proprio il “nostro” maggio 2019: la radio annuncia la morte di Doris Day) e da lì procede, con diversi balzi in avanti, fino al 2034, sgranando le conseguenze più plausibili del nostro presente: Trump eletto per un secondo mandato, l’Europa ribaltata dall’ascesa dei populismi, i Poli che si sciolgono, le farfalle che si estinguono, una nuova devastante crisi economica - sì, verso la fine compare pure una pandemia. Un disgregarsi entropico che scivola nella distopia, ma sullo sfondo: in primo piano ci sono i Lyon, le loro esistenze semplici e banali, influenzate di continuo dai micro e macroscopici mutamenti del mondo, che a loro volta contribuiscono, con le proprie micro e macroscopiche scelte, a plasmare. I Lyon vanno avanti, resilienti: a differenza di Black Mirror, cui è stata spesso accostata, Years and Years non ha nessun intento “pedagogico-morale”, sta vicino ai propri personaggi, empatici e meschini come noi tutti, e alla potente ambivalenza della parola “umanità”. Quella che sopravvive sempre, nonostante tutto, e che in quel “nonostante tutto” trova, insieme, la propria salvezza e la propria rovina.
Alice Cucchetti
[pubblicata su Film Tv n° 15/2020]
EXTRA
Pilota è un podcast sulle serie tv realizzato da Alice Alessandri, Alice Cucchetti e Andrea Di Lecce grazie alla piattaforma Querty. Abbiamo pensato di riascoltarlo dall'inizio insieme ai lettori di questa newsletter, proponendone un episodio ogni settimana.
Pilota 3X14 - Un'ospite speciale per un quesito da un milione di dollari! - CLICCA QUI e ASCOLTA su SPOTIFY
Qualche notizia dal mondo delle serie.
Approfondire i vampiri.
Vere "divergenze di opinioni".
Doppiare in lingue diverse.
Lasciateli entrare.
Per un contratto giusto.
Lasso di sabato sera.
E allora si cambia stato.
Ci vediamo la prossima settimana con i nostri consigli della settimana! Se ci vuoi segnalare qualcosa oppure semplicemente lasciare un messaggio relativo a questa newsletter, puoi scriverci all'indirizzo info@filmtv.press. Ciao!
E, come sempre, se Fuori le serie! ti piace, inoltra la mail a un amico appassionato di serie, è facile, ci si iscrive a questo indirizzo. Grazie!