Fuori le serie! - #089: Noi, i ragazzə (e i meno ragazzə) nello zoo delle serie
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Fuori le serie!
- di Nicola Cupperi -
#089 - Noi, i ragazzə (e i meno ragazzə) nello zoo delle serie
Ciao ,
questa è Fuori le serie!, la newsletter di Film Tv che ti segnala tutte le serie che partono, tornano o ricominciano in streaming ogni settimana.
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Settimana di titoli importanti, dall'ennesimo faldone nell'universo Star Wars (The Bad Batch) ai supereroi che fanno gli americani (Jupiter's Legacy), i coreani che fanno gli italiani (Vincenzo) e i ragazzi tedeschi che fanno brutto allo zoo.
NETFLIX
I ciarlatani (Colombia, 2020)
seconda stagione dal 05/05/2021
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Juan vive con lo stigma sociale della passione per la prestidigitazione. Ha anche un nomignolo di battaglia. Non il nomignolo che sperava, qualcosa di eclatante tipo Il Magnificente Frangiovedì o Il Fantasmagorico Magovitch; bensì quello che, oggettivamente, si merita: Il Men che Ragguardevole Juanquini. Il fatto di essere un mago abbastanza scarso – e di mettere in terribile imbarazzo la sua famiglia con le sue prestidigievoluzioni – non abbatte l'entusiasmo di Juan, che rimane un personaggio di quelli buffi, adorabili e positivi. Talmente positivo che non solo decide di non rinunciare alla carriera da prestigiatore, ma si mette in testa di creare un trucco epocale che cambierà per sempre la sua carriera. O la va, o la spacca. E Juan la spacca davvero male, visto che ha la brutta idea di inaugurare il suo nuovo numero a una festa per cui viene assunto, organizzata da un famigerato cartello della droga, in cui il mago pirlotti fa sparire nientemeno che il padrino della ghenga. E non riesce a farlo riapparire. Il boss è scomparso nel nulla e Il Men che Ragguardevole Juanquini ha sia gli occhi del cartello sia quelli della polizia addosso, che lo pressano per ritrovare l'uomo più ricercato del paese. Val la pena segnalare che, in coda alla seconda stagione delle magnificamente stupide avventure del fesso Juanquini, Netflix propone anche I ciarlatani presentano: Un Natale da dimenticare, che sarebbe un lungo episodio (giusto per non chiamarlo film) natalizio sulle avventure del nostro prestidigiscemo preferito.
I figli di Sam: verso le tenebre (Usa, 2021)
dal 05/05/2021
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C'è una faccenda che nella mia testa è molto precisa e che chiamo Effetto Biglino. Se non conoscete Mastro Biglino, un breve riassunto: ex traduttore dall'ebraico biblico per l'Editrice Paoline, oggi il professore poco kosher gira l'Italia spargendo teorie affascinanti (“La Bibbia non parla di Dio”) che si basano sulla traduzione letterale dei testi biblici originari, e non sulle traduzioni delle traduzioni – le quali, fatto scientificamente accettato, sono un po' farfallone (si veda, in tal senso, la strana storia del cammello e della cruna dell'ago). Biglino, nelle sue conferenze, parte tutto accademico e dimostra, analisi filologica dopo analisi filologica, che forse c'è qualche problema di coerenza con la traduzione della Bibbia ufficialmente riconosciuta dalla Chiesa Cattolica. E fin qua tutto bene. Poi, in ogni conferenza del buon prof, arriva immancabilmente il momento della locura: così, debbotto e senza senso, Biglino passa improvvisamente e con naturalezza dall'analisi etnolinguistica della Bibbia originale e dalle fallacie riscontrabili nelle diverse traduzioni, alla dimostrazione che il testo sacro di ebrei e cristiani, in realtà, parla di ALIENI. Questo è l'Effetto Biglino, quando da premesse solide come il cemento si salta nel vuoto per abbracciare teorie incredibili, pur mantenendo sempre lo stesso rigore accademico. Ecco, la docuserie I figli di Sam (realizzata dal cultore del genere Joshua Zeman) fa più o meno la stessa cosa: prende il caso del figlio di Sam – al secolo David Berkowitz, fra i serial killer americani che più hanno terrorizzato il paese (titillandone le fantasie macabre) – e decide di dare voce alle indagini sul caso condotte personalmente dal giornalista Maury Terry. Uno che ha tentato di dimostrare come Berkowitz non fosse (solo) un “normale” assassino psicopatico che si faceva suggerire gli omicidi dal cane del vicino, una bestiolina di nome Harvey che a quanto pare era posseduta da un vecchio demone. Secondo la teoria di Terry, infatti, Berkowitz era solamente una delle molteplici pedine di una setta satanica diffusa non solo negli Stati Uniti, ma anche in tutto il resto del mondo. L'Effetto Biglino s'intensifica.
Girl From Nowhere (Thailandia, 2018)
seconda stagione dal 07/05/2021
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Questa ci mancava, una serie antologica thailandese, e alla fin della fiera è sempre bello vedere cose nuove. Dice, oltretutto, che è valida. Tralasciando il fatto che, in quanto antologia, abbia fisiologicamente coinvolto centinaia di attori, tutti con nomi molto divertenti – Thanavate Siriwattanagul, Shinaradee Anupongpichart, Nijsa Suwannapreksachati; e sono solo i primi tre crediti dell'episodio pilota – se sei un occidentale il cui standard comico sono Pio e Amedeo. Ma a parte le frizzanti polemiche a gamba tesa sull'argomento inutile del giorno, il vero sollazzo di Girl From Nowhere sta nella sua premessa. Il filo rosso che unisce ogni episodio e dà alla serie il timbro certificato di antologia non è, come succede quasi sempre, un concetto (Feud: celebrità che litigano) o un luogo/atmosfera (Fargo, e dintorni) o un genere (Ai confini della realtà). È piuttosto un personaggio, una ragazza misteriosa di nome Nanno, che di puntata in puntata si sposta in una scuola superiore diversa e porta a termine il suo compito, allo stesso tempo crudele e soddisfacente. Che non sono sicuro sia un mix di sentimenti da raccomandare, in effetti. Fatto sta che funziona così: Nanno si trasferisce in un nuovo liceo, dove comincia a scovare e punire gli studenti moralmente compromessi, mentre provvede anche a testare l'integrità delle persone corrette cercando di corromperle. Non ci è dato sapere quale siano le motivazioni di Nanno – a un certo punto c'è anche una puntata simil origin story, che però non chiarisce molto sui “poteri” della protagonista. Le puntate sono agili (massimo 45 minuti) e le struttura è quella del “dramma seriale che dà lezioni di vita”, con ogni episodio che pesca dal mucchio dei soliti argomenti adolescenziali scottanti (bullismo, adulti abusivi, stupro, gravidanze, depressione, pressione sociale) anche per mettere in guardia gli spettatori più giovani.
Jupiter's Legacy (Usa, 2021)
dal 07/05/2021
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Steven S. DeKnight è il sultano che ha creato tutto ciò che riguarda quel monumento alla sana ignoranza televisiva che è Spartacus. Mark Millar è quello scozzese sceneggiatore di fumetti a cui si devono cose cinematografiche come Wanted, Captain America: Civil War, Wolverine: Old Man Logan, Kingsman e i vadi Kick-Ass. Al curriculum di Mark Millar mancava proprio che un fumetto da lui scritto venisse adattato in serie tv. E siccome Steven S. DeKnight sotto sotto è un ragazzo dal cuore d'oro, ha deciso di spulciare fra la bibliografia del Millar per vedere se c'era qualcosa che facesse al caso suo. È tornato fino al 2013, l'anno in cui lo scozzese ha pubblicato (con i disegni di Frank Quitely) il primo albo di Jupiter's Legacy, e ha deciso che (sulla falsariga di The Boys) ne avrebbe tratto una serie piena di gente dalla mascella perfetta, che fa finta di parlare di supereroi ma in realtà racconta la Mmeriga. La storia inizia nel 1932 ed è messa in moto da Sheldon Sampson, un patriota americano tutto d'un pezzo che però ha perso tutto nel martedì nero di Wall Street del '29. Preoccupato dallo stato in cui versa il suo amato paese, Sampson continua a sognare una misteriosa isola al largo di Capo Verde e si convince che in quel luogo si nascondano le risposte a tutti i problemi degli UEsseA. Persuade altre cinque persone, compresi il fratello Walter e la fidanzata Grace, ad attraversare l'Atlantico per visitare l'isola. Succede che Sheldon aveva ragione e l'isola trasforma i sei visitatori nei primi, originali supereroi. Non è finita. I sei supereroi originali, nel corso della loro supervita, finiscono naturalmente per superfigliare come si confà a qualsiasi americano patriota. Ne consegue la nascita di alcune superdinastie, con le nuove generazioni che sentono la pressione del pesante fardello ereditato dagli originali.
Vincenzo (Corea del Sud, 2021)
dal 09/05/2021
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Lungi da me voler accusare qualcuno di qualcosa. Giammai. Però una volta un mio cugino di secondo grado – che di mestiere scrive fan fiction omoerotiche con protagonisti i BTS – dice che è andato da un'azienda produttrice di K-drama, “che tanto si pigliano su tutto” parole sue, a proporre il soggetto per una serie pazzesca. In pratica un potente manager di boy band sudcoreane adotta un bambino italiano e lo ribattezza Shin Sang-ok, in ossequio al maestro. Sang-ok cresce e diventa un talentuoso assistente manager di boy bande sudcoreane. Finché un giorno ha un'illuminazione: decide di tornare in Italia e di trasformare il Neomelodico nel nuovo K-pop, elevandolo a fenomeno planetario. Mio cugino l'hanno rimbalzato, “le faremo sapere una cippa di ciolla” sempre parole sue, e qualche mese dopo Netflix se ne esce con questo Vincenzo. E qual'è la trama di Vincenzo signora mia? C'è un bambino coreano di otto anni che viene adottato da una famiglia italiana. Cresce, studia, si laurea in giurisprudenza e decide di rendere orgogliosi i genitori adottivi pensando bene di diventare un consulente mafioso per la potente famiglia Cassano. A capo della quale c'è un certo Don Fabio, che a Vincenzo ci vuole talmente bene da adottarselo. Poi Don Fabio muore, e il di lui figlio naturale Paolo fa per uccidere Vincenzo perché chiaramente non ci vuole altrettanto bene. Vincenzo scappa a Seoul con un piano malefico: scatenare le sue abilità forensi per dimostrare la fraudolenza di un'azienda nell'acquisto di un condominio sotto al quale si nasconde una tonnellata e mezza di oro mafioso. Adesso riprendo fiato e poi dico a mio cugino di querelare.
PRIME VIDEO
Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino (Germania, 2021)
dal 07/05/2021
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Cui prodest scelus, is fecit. Colui il quale viene avvantaggiato dal crimine, è la persona che l'ha commesso. Abbreviato in “Cui prodest?” per gli amici. Non è solo una frase messa in bocca a Medea dal caro vecchio Seneca, ma è anche l'assioma che ci hanno insegnato tutti i polizieschi del Novecento. C'è un crimine? Prima ancora di cominciare a indagare o a cercare le prove, fatti una domanda: a chi giova? Questo non per dire che il nuovo adattamento di Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino – scioccante romanzo/inchiesta di culto pubblicato nel 1978 e trasposto al cinema tre anni più tardi da Uli Edel con il titolo Christiane F. - Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino – sia per forza un crimine. Però ha senso chiedersi: a chi giova il fatto di mettere in scena in maniera così generica una storia che, invece, è sempre stata irrimediabilmente legata non solo a quegli ambienti, ma anche a quel preciso momento socio-politico, economico e storico della Berlino di fine anni '70? Non so se giovi al pubblico – i vecchi appassionati di Christiane F. sono forse troppo anzianotti per una serie teen del 2021, mentre i ragazzi a cui è anagraficamente destinata non sanno nemmeno chi fosse Christiane F. E non so nemmeno se giovi al testo, che già era stato fin troppo spettacolarizzato nel suo passaggio da romanzo a film; e nel caso di questa serie, con di mezzo il filtro Euphoria, si rischia di farla ancora di più fuori dal vaso. La storia è sempre quella. Sei ragazzi freschi di adolescenza che vagano per i locali della Berlino underground, sfogando il disagio e la noia tramite l'edonismo delle droghe pesanti. Al centro della tempesta, nell'occhio del ciclone, la protagonista Christiane, vittima della traumatica separazione dei genitori e in fuga da casa. Tutto ok, e sempre un caro saluto alla Christiane Vera Felscherinow a cui tutta questa storia si è ispirata. Ma quanto fa cascare la catena sapere che questa serie viene prodotta nello stesso periodo in cui la Bahnhof Zoo (“la stazione dello zoo”) del titolo originale tedesco – in riferimento a quello che era il centro dello spaccio di eroina nella Berlino anni '70 – viene riqualificata come un'altra zona della città ripulita e gentrificata con i fondi della Repubblica Federale?
STARZPLAY
The Girlfriend Experience (Usa, 2016)
terza stagione dal 02/05/2021
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Bisogna sempre dire, quasi per contratto, che questa è una serie basata sull'omonimo film di Soderbergh del 2009 – per comodità e sintesi: quello con Sasha Grey. Ma in realtà anche no. Nel senso che, dal film di Soderbergh la serie creata da Amy Seimetz e Lodge Kerrigan prende appena il titolo e la premessa. Che poi sono la stessa cosa. Stessa cosa che a sua volta, e oltretutto, è un concetto di dominio pubblico. Dice che la girlfriend experience, infatti, è un tipo di servizio fornito dalle lavoratrici del sesso – se fornito da un lavoratore, presumibilmente sarà etichettato come boyfriend experience – che vengono pagate per andare al di là della prestazione coitale, mimando un coinvolgimento emotivo degno di una fidanzata innamorata. Le serie antologica di Seimetz e Kerrigan prende quello spunto qui e, al contrario di un Soderbergh qualsiasi che monta insieme una manciata di scenette più o meno collegate, ci costruisce attorno dei personaggi credibili e motivati, oltre ad archi narrativi densi e perfettamente compiuti. La seconda stagione, specialmente, ha mostrato tutta la cazzimma degli autori, che hanno creato due storie a sé stanti e completamente scollegate, trasmesse in alternanza fino al doppio finale di stagione. In questo terzo giro di giostra si torna a un racconto unico, sebbene in trasferta: quello di Iris, che lascia la sua magistrale in neuroscienze per trasferirsi a Londra e unirsi a una start-up specializzata nella tecnologia in relazione allo studio del comportamento umano. E il genere di transazione economico-emotiva prevista dalla girlfriend experience è, effettivamente, un bell'esempio di comportamento umano interessante da approfondire.
DISNEY+
Star Wars: The Bad Batch (Usa, 2021)
dal 04/05/2021
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A pensarci bene, la realtà alternativa Star Wars creata da George Lucas con il Big Bang del 1977 ha esattamente la stessa natura (in miniatura) dell'universo, quello vero. Innanzitutto è in continua espansione, un po' come il socialismo nel 1975. Ma è anche affetto da un caos entropico di cui è davvero complicato tenere traccia, tra film, serie tv, romanzi, fumetti, contenuti per il web, newsletter, bollettini postali, piccioni viaggiatori, aggiornamenti bisestili e via dicendo. Infine, proprio come l'universo vero, anche quello di Star Wars accoglie e ospita allo stesso modo il bello, il brutto, il riuscito, il malriuscito e quello distribuito male. The Clone Wars, per esempio, è stata al contempo sia la più longeva serie animata del cosmo Star Wars, sia la vittima di un'improvvisa e improvvida cancellazione nel 2013 – dopo la quinta stagione, condannando la sesta (già pronta) a un destino di anarchia distributiva – venendo poi recuperata (nel 2020) su Disney+ dopo le minacce di rivolta armata da parte dei fan. Buon per Dave Filoni, satrapo dell'animazione targata Guerre stellari; il quale, mentre la gente si accapigliava sulle Guerre dei cloni, nel frattempo sviluppava un'altra buona serie animata (Rebels), otteneva un ruolo da regista e produttore in The Mandalorian, e si accaparrava lo ius primae noctis anche sul nuovo cartone targato Star Wars/Disney+. The Bad Batch, che si traduce letteralmente come “il lotto avariato”, dimostra per l'ennesima volta che Filoni è un testone, ma di quelli con cui non si può proprio ragionare: invece di tirare un sospiro di sollievo e lasciarsi alle spalle tutto ciò che riguardava la complicata storia produttiva di The Clone Wars, l'animatore statunitense ha optato per la realizzazione di un sequel diretto. The Bad Batch recupera un gruppo di personaggi centrali nell'ultima stagione della serie precedente, una banda di cloni potenziati da mutazioni genetiche che si fa chiamare Clone Force 99 e che scorrazza in giro per la galassia alla ricerca delle missioni più pericolose e avventurose possibili. Buona notizia: si fa guardare anche se non siete propriamente degli storici laureati all'università di Star Wars.
- questa rubrica settimanale esce il venerdì per consigliarti come distruggerti di binge watching intensivo durante il fine settimana -
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Non c'è nulla che ti convince, tra le serie di questa settimana? Prova una S01! Una prima stagione da recuperare nel weekend. Questa settimana...
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[Netflix]
Payton Hobart ha una certezza: vuole diventare presidente degli Stati Uniti. Gli adulti fanno spallucce, consapevoli che per quella carica ormai «l’aura di impossibilità» è bella che andata, e Payton si industria a compiere le tappe necessarie, prima delle quali farsi eleggere presidente del liceo: la sua campagna è impeccabile, ha un pool di amici/spin doctor e una fidanzata/first lady, oltre a una ricca ed eccentrica madre adottiva (Gwyneth Paltrow in grande spolvero e in odore di autoparodia della sua veste di guru del benessere). Il guaio non è solo che gli manca un vice, ma anche che Payton soffre del male più contemporaneo di tutti, un’assenza di empatia che gli impedisce di comprendere le necessità del suo elettorato, ma anche quelle di chi lo ama; può solo fingere tutto, interesse, emozione, comprensione. Ma non è questo, fare politica oggi? Al primo prodotto realizzato per il suo milionario contratto con Netflix, Ryan Murphy scodella una commedia teen che oscilla tra farsa e dramma, ideale crasi tra il cinismo di Election e l’autismo di Rushmore: Payton ha l’energia terrificante di Tracy Flick e l’attitudine indisponente di Max Fischer (le citazioni di Wes Anderson si sprecano, dalla sigla con lo scrigno-inventario agli archi pizzicati in colonna sonora, dalla coppia di gemelli idioti alle presenze di Paltrow e di Bob Balaban), come loro è un adolescente che vorrebbe farsi grande, ma che prima di essere uomo deve capire come essere umano. A un paio di decenni da quei film di culto e dai rispettivi piccoli mostri protagonisti (ma vent’anni son passati pure da Popular e dieci da Glee, le altre due serie teen di Murphy), le cose vanno solo peggiorando: «La comunicazione eccessiva ha portato a una mancanza di intimità» chiosa sorniona mamma Gwyneth, didascalica come solo un personaggio di Murphy può permettersi. E The Politician, oltre a essere una soap opera sul filo tra camp e mélo (come ogni cosa firmata Murphy) e un romanzo di formazione disfunzionale (come il suo primo film, Correndo con le forbici in mano), è anche un’altra piccola american horror story sull’elettorato Usa ai tempi del vuoto pneumatico (di emozioni, di identità) e del politicamente corretto coatto. Su cui Murphy riflette in duplice direzione: da un lato con un cast come sempre a prova di diversity (non solo etnica, ma di età, orientamento e identità sessuale: c’è il meraviglioso trio di settantenni Jessica Lange, Bette Midler e Judith Light; ci sono interpreti gay e non-binary, ovvero che non si identificano né col genere maschile né con quello femminile), dall’altro raccontando lo svuotamento di senso del politically correct, una vuota parata nelle mani di Payton e dei rivali, a caccia di alleati acchiappa-voti: lesbiche, disabili, malati terminali, haitiani, tutte le minoranze fanno gioco, usate in modo strumentale, per costruire un’altra identità del tutto fasulla, quella del politician. Sua controparte è l’elettore, cui è dedicato un episodio autonomo, narrato dal punto di vista di un adolescente del tutto disinteressato a qualsiasi istanza identitaria, emblema di un elettorato che “non sa/non risponde”.
Ilaria Feole
[pubblicata su Film Tv n° 40/2019]
EXTRA
Pilota è un podcast sulle serie tv realizzato da Alice Alessandri, Alice Cucchetti e Andrea Di Lecce grazie alla piattaforma Querty. Abbiamo pensato di riascoltarlo dall'inizio insieme ai lettori di questa newsletter, proponendone un episodio ogni settimana.
Pilota 1X11 - Una puntata in cui Alice, Andrea e Alice "cavalcano la recente moda che anche le donne sono persone e affrontano una manciata di serie (perché tutte sarebbe stato impossibile) che mettono al centro questa idea rivoluzionaria di creare personaggi femminili forti, interessanti, complessi, sfaccettati - insomma personaggi. Anche se hanno la vagina." - CLICCA QUI e ASCOLTA su SPOTIFY
Esplosiva comprimaria in Seinfeld, protagonista assoluta in Veep di Armando Iannucci, tanto per citare due suoi ruoli iconici. Ma Julia Louis-Dreyfus era anche, poche settimane fa, la Contessa Valentina Allegra de Fontaine in The Falcon and the Winter Soldier. Quanti progetti ha e com'è andato quest'anno e poco più da quando ha firmato un contratto con Apple? Ne parla in questa lunga e interessante intervista. [in inglese]
La settimana scorsa vi abbiamo annunciato l'arrivo su Netflix di Yasuke, anime incentrato, per quanto in forma magico-romanzata, sul personaggio realmente esistito che dà il titolo alla serie, il primo samurai nero nel Giappone feudale del sedicesimo secolo. Tra gli autori e produttori esecutivi c'è Flying Lotus, rapper statunitense responsabile dell'intera colonna sonora della serie. Che è tutta disponibile online qui.
Ci vediamo la prossima settimana con i nostri consigli della settimana! Se ci vuoi segnalare qualcosa oppure semplicemente lasciare un messaggio relativo a questa newsletter, puoi scriverci all'indirizzo info@filmtv.press. Ciao!
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