Fuori le serie! - #079: Seconda serie a destra
Fuori le serie!
- di Nicola Cupperi -
#079 - Seconda serie a destra
Ciao ,
Bentrovato/a (o benvenuto/a) a Fuori le serie!, per un appuntamento non ricco, ricchissimo! Tutto è reso possibile grazie all'esordio di Star. Cos'è Star? Ne abbiamo parlato questa settimana su Film Tv n° 08 in un servizio dettagliato che presenta il nuovo contenitore del mondo Disney+.
Ci sono molte cose interessanti al suo interno, vecchie e nuove! E ricorda, se Fuori le serie! ti piace, magari puoi inoltrare la mail a un amico appassionato di serie, è facile, ci si iscrive a questo indirizzo. Grazie!
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Questo è il cammino verso Star, il nuovo canale Disney+ che porta alla corte di Topolino anche qualche novità ragguardevole come Solar Opposites, Love, Victor e Godfather of Harlem.
STAR
Solar Opposites (Usa, 2020)
dal 23/02/2021
Sai che una serie è fatta bene quando, per descriverla, devi aggiungere da qualche parte un avverbio brutto come “tecnicamente”. Ad esempio: Solar Opposites, tecnicamente, è una sitcom di quelle con le famiglie buffe e tutte incasinate che fanno i disastri adorabili e tutto si risolve sempre per il meglio entro la fine di ogni episodio. Solar Opposites, tecnicamente, è come Genitori in blue jeans, o Settimo cielo. Solo che questa l'hanno scritta Justin Roiland e Mike McMahan, rispettivamente co-creatore e sceneggiatore di Rick and Morty, e quindi è una serie animata in cui due alieni, il burbero Korvo e l'entusiasta Terry, sono costretti a lasciare il loro pianeta morente Shlorp per cercare rifugio in un nuovo mondo in cui far nuovamente prosperare la loro civiltà. In dotazione hanno due loro cloni in età adolescenziale, lo scienziato sadico Yumyulack e la ragazzina che vorrebbe integrarsi Jesse, e un infante di computer organico di nome Pupa, che un giorno si evolverà nella sua forma definitiva creando un nuovo pianeta a immagine e somiglianza di Shlorp utilizzando i dati accumulati nel suo codice genetico. L'allegra famigliola si schianta sulla Terra, ovviamente negli Stati Uniti dei sobborghi da villette a schiera, dove affitta una casa e inizia a scavare nel giardino sul retro per raggiungere il nucleo del pianeta e raccogliere il nichel necessario a riparare la navicella. Tutto normale. Justin Roiland continua a giocare con la fantascienza, il body horror, la comicità e i topoi della cultura pop televisiva americana per creare, dopo Rick and Morty, un'altra serie animata per adulti che promette di diventare un culto. Una serie che, tecnicamente, è già stata rinnovata per una seconda e una terza stagione.
Big Sky (Usa, 2020)
dal 23/02/2021
Questa ve la vendono scrivendo in grande: La nuova serie di David E. Kelley, il signor Michelle Pfeiffer nonché quello che ha creato due cose importanti come Ally McBeal e Big Little Lies. Solo che manca un pezzo. David E. Kelley sarà anche quello che si è portato a casa una manciata di Emmy per le celebri serie di cui sopra, e anche per cose come La famiglia Brock, Avvocati a Los Angeles e The Practice - Professione avvocati; ma è pure il buzzurro logorroico che negli ultimi 15 anni ha infestato il piccolo schermo con una marea di cose tra l'insulso, il dimenticabile e il maccosa, robe tipo Spie, Girls Club, The Brotherhood of Poland, N.H., The Law Firm, The Wedding Bells, Harry's Law, Monday Mornings, The Crazy Ones e, ultimo ma non meno puzzolente, The Undoing: Le verità non dette. Questo per dire che non basta scrivere “creato da David E. Kelley” per avere il certificato di ottima fattura, ché il nostro alla fine è un satrapo da tv generalista, uno che punta alla quantità più che alla qualità. E Big Sky sembra stare nel mucchio delle serie raffazzonate, più che in quello delle riuscite. C'è Ryan Phillippe con il suo solito bel faccione che è un investigatore privato di Helena; che sulla carta è la capitale del Montana, nei fatti è un paesotto montano di 30mila abitanti dove tutti conoscono tutti. Ryan Phillippe ha un'ex moglie ex poliziotta con cui sta cercando di riappacificarsi, e una socia con cui sta andando a letto. Ha anche un figlio adolescente che, una notte, lo sveglia dicendogli che la sua ragazza - in viaggio dal Colorado insieme alla sorella per raggiungerlo - non è mai arrivata e non risponde al telefono. Con l'aiuto di un poliziotto a tre dì dalla pensione, Ryan Phillippe (e le due donne che se lo contendono a colpi di schiaffi) vanno alla ricerca delle ragazze scomparse, solo per scoprire che potrebbe esserci di mezzo un culto.
Love, Victor (Usa, 2020)
dal 23/02/2021
Questa è interessante per un paio di motivi. Innanzitutto è uno spinoff di Tuo, Simon. Laddove per spinoff si intende “storia ambientata nello stesso universo narrativo, ma senza altri legami evidenti né personaggi condivisi con l'originale”; e per Tuo, Simon si intende quella commedia romantica adolescenziale uscita nel 2018 che racconta l'accidentata rincorsa al coming out del 17enne Simon, diretta da uno (Greg Berlanti) che di solito si occupa di supereroi DC sul piccolo schermo, e tratta dall'omonimo romanzo (conosciuto anche con il titolo Non so chi sei, ma sono qui) pubblicato da Becky Albertalli nel 2015. Secondo poi: nelle intenzioni dell'intellighenzia disneyana, Love, Victor doveva far parte del pacchetto di lancio di Disney+. Solo che dopo aver visto la serie, gli stessi parrucconi ai piani alti hanno deciso che era troppo tosta per il pubblico famigliare intonso del loro nuovo servizio di streaming e hanno scelto di aspettare l'inaugurazione di Star per distribuirla nel resto del mondo. Non che Love, Victor sia particolarmente pruriginosa, volgare, violenta o qualsiasi altro aggettivo che, per motivi religiosi, non si può accostare a Topolino; c'è da dire, però, che al contrario del bianchissimo Simon, che ha affrontato il pur difficoltoso percorso verso il suo coming out circondato da famiglia e amici, l'eponimo protagonista di questo spinoff parte da una situazione più scivolosa e sconveniente, dunque più problematica e potenzialmente foriera di tensioni che vanno assolutamente tenute nascoste ai più piccoli, non sia mai che abbiano un'idea di come sia fatto il mondo prima dei 28/29 anni. Victor è un 17enne che, come Simon, sta cercando di capire come comunicare alla famiglia la sua omosessualità. I Salazar sono brava gente, laboriosa e timorata di dio. Gente che quando trasloca (in questo caso dal Texas alla Georgia) come prima priorità ha quella di decidere dove appendere il crocifisso nella nuova cucina. Gente che, nello stereotipo (e nella mente di Victor) farebbe fatica ad accettare di avere un figlio gay. Ecco. Pensieri che forse sono troppo maliziosi per Disney+.
Helstrom (Usa, 2020)
dal 23/02/2021
Se siete fra i sedici fortunati quarantenni che già conoscevano i due fratelli dell'occulto, figli del demone Marduk Kurios, Daimon e Satana (detta Ana) Hellstrom - diventati Helstrom con una sola elle perché “Hell” significa “Inferno” e certe cose nel mondo Disney non si dicono - apparsi per la prima volta su carta come comprimari in un albo di Ghost Rider e, in generale, fra i personaggi meno sfruttati nella storia della Marvel: beh, complimenti. Insieme alle famiglie dei professionisti coinvolti nella realizzazione della serie, siete le uniche persone al mondo che attendavano frementi l'arrivo dell'adattamento televisivo delle inesistenti avventure a fumetti dei vostri quasi invisibili personaggi preferiti. Nella versione per la tv creata da Paul Zbyszewski, onest'uomo che si è fatto le ossa facendo brainstorming di scemenze come sceneggiatore di Lost, gli Helstrom sono diventati i figli di un serial killer, protagonisti di un procedurale (con molti elementi di horror e di occulto) in cui vanno in giro per il paese a cercare di estirpare il male a colpi di esorcismi, facce concentrate e gesti con le mani. La serie inizia con la misteriosa scomparsa di due pazienti dall'ospedale psichiatrico in cui è ricoverata anche Victoria, la mamma dei fratelli stregati, a sua volta infestata da un demone che la rende instabile. Helstrom è più o meno come Lucifer, solo che si prende costantemente sul serio e si muove alla velocità di un ghiacciaio.
Godfather of Harlem (Usa, 2019)
dal 23/02/2021
Bumpy Johnson una volta si chiamava Ellsworth, ma poi qualcuno ha notato il bozzo che aveva sul retro del cranio e che gli ha fatto meritare il nomignolo. Bumpy è cresciuto nella Carolina del Sud ai primi del '900, incazzato con tutti i musi bianchi perché, oltre ai classici motivi sistemici e ben comprensibili, avevano accusato il fratello maggiore di omicidio e l'avevano spinto a scappare al nord per evitare il linciaggio. Anche Bumpy se ne va a nord, ma ormai è troppo avvelenato per riuscire a indirizzare la sua rabbia in qualcosa di costruttivo. Arriva ad Harlem, New York, negli anni 30, e diventa un principino della mala locale, facendo da allibratore per tutta una serie di remunerative lotterie informali. Chiamiamole così. Arrivati gli anni 50, Bumpy fa il passo più lungo della gamba e incappa in due errori: si invischia nel traffico di eroina, e decide di fare la guerra ai gangster bianchi della Grande Mela. Entrambi i fronti si rivelano disastrosi, e il nostro finisce con il farsi una dozzina d'anni ad Alcatraz. Stacco al 1964. Bumpy ha la faccia di Forest Whitaker, e finalmente inizia la serie (già confermata per una seconda stagione). Godfather of Harlem, infatti, decide di raccontare la sua storia vera da un angolo ben preciso: il momento in cui il protagonista, ormai oltre la mezza età, torna ai suoi vecchi affari (e all'unica vita che conosce) solo per scoprire che il quartiere da lui dominato e di cui si prendeva cura, in sua assenza è stato conquistato da una vecchia e immarcescibile schiatta di malavitosi, i mafiosi della famiglia Genovese. Per riprendersi la sua casa e soddisfare la sua ambizione, Bumpy si rivolge a una vecchia conoscenza: Malcom X e i suoi seguaci della Nation of Islam.
NOW TV / SKY GO
Your Honor (Usa, 2020)
dal 24/02/2021
In questo thrillerone acchittato a miniserie - adattamento in dieci puntate dell'israeliana Kvodo - Bryan Cranston fa il giudice più cazzuto e rispettato di New Orleans, uno che si chiama Michael Desiato e che probabilmente avrà passato tutta la vita con l'agitazione addosso per quanto il suo cognome è stato storpiato dagli americani. Suo figlio Adam, invece, non si è ancora troppo ripreso dalla morte della madre, uccisa anni e anni or sono. Di quando in quando, il ragazzo torna sul luogo in cui è avvenuto il misfatto per lasciare una foto della mamma e mantenere vivo il ricordo. Stavolta, però, ad Adam tocca in sorte un incidente il cui livello di sfiga rivaleggia con la morte del babbo Flash di Dawson's Creek (nome e cognome del personaggio, se non ricordo male). Adam, infatti, mentre sta guidando per tornare a casa dopo aver reso omaggio alla defunta, ha un momento di panico, che causa un attacco di asma, che lo costringe a prendere l'inalatore, che gli casca di mano, che gli fa distogliere lo sguardo dalla strada mentre cerca di raccattarlo (proprio come il gelato del babbo di Dawson) e che di conseguenza gli fa investire un ragazzino in moto. Il quale ragazzino, guarda i casi della vita, fatalità è il figlio di Jimmy Baxter (il sempre sultano Michael Stuhlbarg), a sua volta re della malavita di New Orleans. Il giudice Desiato cambia abbastanza velocemente idea su quale sia la cosa giusta da fare, e decide di aiutare Adam insabbiando le prove e proteggendolo dalla vendetta, tremenda vendetta del boss mafioso.
NETFLIX
Ginny & Georgia (Usa, 2021)
dal 23/02/2021
Può darsi che la matura 15enne Ginny Miller non sappia cosa dica scegliendo lei, l'immatura 30enne Georgia, una mamma per amica. Che poi, “una mamma per amica” - minuscolo perché non siamo ancora al momento dei paragoni con quell'altra serie molto famosa - è un parolone. In realtà Ginny pare essere più imbarazzata che altro di fronte ai comportamenti farfalloni della madre, una donna complessa e con un passato misterioso e tumultuoso fatto di abusi, nomi falsi, esuberanza artefatta e una generale riluttanza nei confronti delle situazioni stabili. Una vita costruita sul consiglio che le hanno dato da ragazza: catturi più mosche con il miele, ma se ti capita di attirare un'ape, pungi per prima. Succede che Georgia concepisca Ginny giovanissima, e si ritrovi a vagare per gli Stati Uniti senza una meta precisa, alla continua ricerca di avventura ed eccitazione. L'ultimo trasferimento della famiglia sui generis - ah! Ci sarebbe anche il povero figlio novenne, Austin, talmente rilevante che è stato persino tenuto fuori dal titolo. Povero - li porta nel Massachusetts, nella piccola comunità di Wellsbury. Mentre mammà cerca lavoro e fa le sue mosse del giaguaro per entrare nelle grazie dell'affascinante (e giovane e single e benestante) sindaco della cittadina, Ginny si incastra nelle solite faccende da liceale i cui ormoni cominciano a circolare a ritmi insostenibili. Riusciranno le nostre eroine a dare un senso a questo Una mamma per amica dai toni leggermente più neri e meno fiabeschi?
High-Rise Invasion (Giappone, 2021)
dal 24/02/2021
Il mondo ormai va avanti talmente veloce che ci si può sentire dei boomer anche a parlare di manga. Non ci sono più i fumetti giapponesi di una volta, signora mia. Di quelli che uscivano di capitolo in capitolo sulle riviste e poi venivano comodamente raccolti in volumetti (i tankobon) per la gioia collezionista degli appassionati. Oggi anche i manga vengono distribuiti tramite app, direttamente sul vostro device di fiducia. Uno degli esempi di maggior successo, raccolto all'interno del contenitore Manga Box, è stato (fra il 2013 e il 2019) il fumetto poi pubblicato in Italia con il titolo di Sky Violation - oggi diventato un anime prodotto da Netflix, che ha optato per il titolo internazionale High-Rise Invasion. La storia è quella di una liceale di nome Yuri che, con la solita apparente casualità che caratterizza quasi tutti i manga per adolescenti, si trova improvvisamente catapultata in un mondo parallelo piuttosto strambo. Un posto fatto solo di grattacieli infiniti, collegati fra loro da lunghi e sottili ponti sospesi che non li raccomanderei nemmeno sotto tortura, e in cui la vita si svolge esclusivamente sui tetti e suoi piani superiori di questi edifici. E prima che chiediate: no, non ci sono ascensori per scendere al piano terra. Di più! I palazzoni sono infestati da brutta gente mascherata, il cui scopo pare essere quello di deprimere il più possibile gli abitanti dei tetti per convincerli a buttarsi di sotto e farla finalmente finita. Yuri deve fare in modo di ritrovare l'amato fratello, anch'egli bloccato in questo mondo fatto di troll dell'internet, al contempo cercando di ammazzare più maschere malvagie possibile per rimanere più o meno viva.
PRIME VIDEO
Tutta colpa di Freud (Italia, 2021)
dal 25/02/2021
Questa serie è tratta dall'omonimo film del 2014, che ebbe un buon successo (8 milioni di euro di incassi) nonostante alcuni evidenti difetti. Per dire: una commedia, per quanto velleitaria e con sfumature drammatiche (c'è pur sempre Freud nel titolo) a norma di legge non dovrebbe durare due ore piene. A maggior ragione una commedia che scaturisce da un soggetto di Leonardo Pieraccioni; che potete dire quello che vi pare, ma non azzecca un'idea di film dai tempi de Il ciclone. Non fosse per Paolo Genovese, uno che la commedia cinematografica la mastica con grosso agio, il concept di Tutta colpa di Freud poteva ben risparmiarsi la puntata sul grande schermo per adagiarsi direttamente sui ritmi televisivi - tanto che già esisteva una versione estesa (150 minuti) montata sotto forma di miniserie in due puntate. I quali, i ritmi televisivi, si confanno decisamente meglio al turbinio di personaggi, situazioni, scambi, equivoci, rotaie multiple e incrociate, segreti e sottotesti pretestuosi che compongono la narrazione. In questa nuova serie Prime Video - a cui Genovese ha partecipato solo come sceneggiatore, lasciando la regia a Rolando Ravello - cambiano gli interpreti, si aggiungono alcuni personaggi, se ne modificano altri, ma la solfa rimane sempre quella. Uno psicanalista separato (Claudio Bisio al posto di Marco Giallini) in perenne crisi e padre di tre figlie adulte, si ritrova con la prole al completo in casa e, di conseguenza, con la miracolosa moltiplicazione dei problemi e dei drammi. Specialmente sentimentali, dal momento che (proprio come nel film) anche il fine ultimo della serie è quello di far copulare, felici contenti e soddisfatti, tutti i protagonisti.
- questa rubrica settimanale esce il venerdì per consigliarti come distruggerti di binge watching intensivo durante il fine settimana -
Non c'è nulla che ti convince, tra le serie di questa settimana? Prova una S01! Una prima stagione da recuperare nel weekend. Questa settimana...
[Now TV]
Tra guardare e vedere c’è uno scarto. Guardare, lo fanno tutti: e balzare a conclusioni affrettate, appiccicare etichette. Soprattutto - ma non solo - a Monterey, California, Eden rilucente di privilegio, comunità di super ricchi con ville affacciate sull’oceano e scuole pubbliche migliori della migliore privata: qui, tutti guardano tutti, tutti hanno un’opinione. Qui le donne - abiti e abitazioni impeccabili, alla guida di SUV enormi, sempre gentili «fino alla morte» - sono «campionesse olimpiche del portare rancore». Madeline (Reese Witherspoon), mamma alfa, è «la peggiore». Celeste (Nicole Kidman), ex avvocato, è troppo perfetta, ha un marito «troppo giovane», figlioletti troppo belli. Renata (Laura Dern), CEO, «passa più tempo ai tavoli d’amministrazione che a fare il genitore». La neoarrivata Jane (Shailene Woodley), madre single e working class, «è fuori posto, sembra una vecchia Prius parcheggiata davanti a una tavola calda». E Big Little Lies, successo HBO di pubblico e critica Usa, adattamento firmato David E. Kelley (alla sceneggiatura) e Jean-Marc Vallée (alla regia) di un bestseller di Liane Moriarty, si presenta come una versione prestigiosa di Desperate o Real Housewives: un cast di interpreti straordinari impegnato a vivificare cliché esausti, battute esplicative e uno script dispersivo, un piano di lavorazione tale e quale a quello di un film di sette ore, una colonna sonora di hit scelte con cura tra indie presente e rock passato, tagli di montaggio furiosamente evocativi, sinestetici e frustranti, inquadrature eleganti di onde e ostentato gusto per il lusso di splendide magioni e panorami mozzafiato. Ma, una puntata dopo l’altra, mentre ci apprestiamo ad assaporare l’ennesima cattiveria ben assestata da una Witherspoon in gran spolvero, o ad alzare gli occhi al cielo davanti a tanto sperpero da 1% del mondo, qualcosa inizia a spiazzarci, disturbando il campo dello scontato. Cominciamo a vedere cose che non ci aspettiamo: una genuina amicizia femminile, per esempio; una verosimile relazione d’abuso domestico, con conseguente e realistico approccio terapeutico (gli esperti, interpellati, confermano); gli effetti a lungo termine di una violenza, che sia quotidiana o un trauma sepolto, o rimosso. C’è stato un omicidio, scopriamo all’inizio della prima puntata, ma fino alla fine non sapremo chi o come (il quando, invece, sì, e non a caso è una festa in maschera); solo che c’entrano cinque donne - le quattro precedentemente elencate, più Bonnie (Zoë Kravitz), sexy maestra di yoga insopportabilmente zen - e le loro famiglie, le uniche escluse dal coro greco di interrogati dalla polizia che sputa sentenze con petulanza snervante durante ogni episodio. Incessantemente guardate e raramente viste, ossessionate dall’apparenza («La mia autostima dipende da come mi vedono gli altri» è l’epifania di una stellare Nicole Kidman, la giustificazione ai continui maltrattamenti del marito), imprigionate (anche da se stesse) in una dorata gabbia di stereotipi, improvvisamente liberate da una catarsi di piccoli grandi segreti. Guardare, noi spettatori lo sappiamo, lo fanno tutti. Vedere, è un’altra storia.
Alice Cucchetti
[pubblicata su Film Tv n° 15/2017 e nella nostra raccolta cartacea I Quaderni di Film Tv n° 01: S01]
Ci vediamo la prossima settimana! Se ci vuoi segnalare qualcosa, un errore, una svista, oppure semplicemente lasciare un messaggio relativo a questa newsletter, puoi scriverci all'indirizzo info@filmtv.press. Ciao!