Fuori le serie! 🛋️ #159- Combattere l'algoritmo dall'interno
È la settimana in cui esce la quarta stagione di Boris, non dovrebbe servire altro. In realtà il mondo funziona altrimenti ed escono anche tante altre serie interessanti, tra cui La stanza delle meraviglie di Guillermo del Toro, Peter Capaldi tutto matto in The Devil's Hour, ginnaste italiane con delitto in Corpo libero e drammi medicali fatti come si deve in This Is Going to Hurt.
Dai, dai, dai
NETFLIX
La stanza delle meraviglie di Guillermo del Toro (Usa, 2022)
dal 25/10/2022
È un'antologia di mediometraggi horror, otto in tutto, di quelle che se vengono fatte da registi scrausi le trovi sui canali tematici a tarda notte e servono più per l'indotto che a scopi d'intrattenimento; se vengono fatte da registi bravi, invece, le trovi come appuntamento speciale barra retrospettiva in qualche festival del cinema che ha bisogno di fare numero e ha appena riempito otto slot parlando con un un'unica persona. Nel mezzo c'è Guillermo del Toro, che essendo artista a sé e resident Totoro può permettersi di fare un po' quello che vuole; anche ideare e produrre una lussuosa antologia di mediometraggi horror chiamando a sé alcuni degli autori più interessanti fra gli appassionati del genere, per poi buttarla su Netflix così, en passant. Come per Masters of Horror, anche il Mobiletto di del Toro ha la saggezza di sfruttare una cornice che tiene uniti gli episodi, ma permette anche agli autori di fare esattamente quello che vogliono. In Masters of Horror la faccenda era ancora più ineffabile da tanto era pretestuosa: se sei un regista famoso per i film dell'orrore, sei dentro e non vogliamo sapere altro. Qui del Toro si impegna un po' di più, e crea la sua versione di Alfred Hitchcock presenta con ogni episodio introdotto da una sua presentazione: set scurissimo, lui vestito da becchino gigante, gli occhiali con le lenti a fondo di bottiglia e un enorme, complicatissimo Mobiletto delle Curiosità – un aggeggio tanto inutile quanto bello, costruito per ospitare segreti e sorprese – che rappresenta quest'antologia qui, dove non sai mai che storia ti capiterà e quale mistero verrà dissotterrato per metterti addosso la paura. La faccenda funziona meglio se non sapete niente di niente delle trame; sappiate solo che parliamo di quel tipo di horror con un senso. Non tanto allegorico, ma comunque con un senso. Quasi con uno scopo. Quell'horror, insomma, che ha sicuramente come priorità quella di sollazzarti con spaventini, spaventoni, creature e atmosfere; ma che poi sotto sotto ha anche qualcosa da dirti. L'ultima cosa importante da segnalare quando c'è un'antologia sono i registi coinvolti, e qua del Toro se l'è proprio spassata, convocando nell'ordine: Guillermo Navarro (direttore della fotografia premio Oscar, ma anche regista di Hannibal), Vincenzo Natali (Cube - Il cubo), Ana Lily Amirpour (The Bad Batch), Catherine Hardwicke (TWILIGHT!), Panos Cosmatos (Mandy) e Jennifer Kent (The Babadook).
Una vita da riavvolgere (Spagna, 2022)
dal 28/10/2022
Chi è il simpaticone che ha ordinato una soap opera con i viaggi nel tempo scritta da una turca per la tv spagnola? Venga immediatamente fuori e si prenda le sue responsabilità. Seriamente però, pensate che affascinante la globalizzazione. Ece Yörenç è un'autrice turca che gode di un discreto successo nel mondo della televisione turca: dal 2004 a oggi ha scritto e creato quattordici serie turche, tutte con un sacco di episodi. Fra queste figura anche Fatmagül'ün Sucu Ne, uscita nel 2010 e una decina di anni più tardi opzionata dal mercato spagnolo, che l'ha rifatta con il nuovo titolo di Alba. Alba ha funzionato abbastanza bene a Madrid e dintorni, tanto da convincere la tv spagnola a chiedere a Ece Yörenç di realizzare una serie tutta per loro, senza per forza dover passare dagli avvocati turchi delle proprietà intellettuali turche. Nasce Una vita da riavvolgere, una serie che ha per protagonista la trentenne Emma, classica manza come dio comanda da serie tv che se la spassa proprio poco insieme al marito Nando, incastrati in un matrimonio routinario e privo di scintille che ormai dura da dieci anni. A un certo punto Emma satura e pensa fortissimo: ma se potessi tornare indietro nel tempo, io con il grandissimo cacchio che questo me lo sposo, tanto vale divorziare. E proprio mentre sta raccogliendo il coraggio per parlarne con gli avvocati, succede una rara eclissi lunare che la rispedisce indietro nel tempo di dieci anni, donna trentenne intrappolata nel suo corpo ventenne. Invece di dare retta a qualsiasi prodotto audiovisivo che parli di viaggi nel tempo, Emma conosce e si innamora immantinente di Rubén, generico spagnolo che la emoziona dentro e fuori. Accidenti che ginepraio.
The Bastard Son & The Devil Himself (Gb, 2022)
dal 28/10/2022
Pensavamo di esserci liberati dello young adult – un modo da fighetti per descrivere la recente narrativa da fighetti per ragazzi fighetti – dopo la fine di Hunger Games (e di tutti quelli che hanno cercato di imitare l'imitazione); ma gli adolescenti continuano a esistere – anche giustamente, poverini – e ad avere bisogno di qualcuno che pensi a loro e li nutra di storie di genere che però parlino anche (meglio se in maniera allegorica) della loro lotta con il tempo che passa e li trascina verso l'età adulta. Cattivo tempo che passa. Brutto. Il fatto che la moda young adult sia scemata, però, consente che oggi come oggi cominci ad approcciarsi al contenitore anche gente di un certo livello che vuole mettersi alla prova, più che sfruttare la tendenza del momento per portarsi a casa il matto cash senza troppo sforzo. Un bentornato, dunque, a Joe Barton, inglese da battaglia che negli ultimi anni si è tenuto ben impegnato come showrunner di serie (Giri/Haji, Progetto Lazarus) che sono proprio interessanti, se non davvero ben fatte. Qui Barton si appropria del romanzo Half Bad pubblicato dall'inglese Sally Green nel 2014 – la storia è sempre quella: primo capitolo di una trilogia che se la serie avrà successo si andrà avanti finché ce n'è –, e racconta la storia di Nathan Byrn, 16enne figlio illegittimo dello strigo del sangue più pericoloso e temuto di tutto il mondo magico. Ecco perché il Concilio delle streghe lo osserva e lo controlla da un sacco di anni, rendendogli la vita particolarmente complicata e fastidiosa. Il conflitto tra fazioni rivali di streghe, però, si fa abbastanza intenso da permettere a Nathan di scappare dal giogo del controllo e tentare di costruirsi una vita per i fatti suoi, insieme agli amici e alleati Annalise e Gabriel. Chiaramente non sarà una serie in cui Nathan esplora il mondo dell'immobiliare per cercare la soluzione abitativa più adatta a un giovane strigo in fuga da tutti, né sarà il racconto di come il ragazzo tenterà di navigare attraverso le varie opzioni di fondi pensionistici privati per assicurarsi una vecchiaia di tranquillità. Eh no. Sarà invece una serie con i misteri, i segreti, le avventure e nessuno che fa la persona matura e si cerca un lavoro come si deve. Niente contratti a tempo indeterminato per le streghe.
PARAMOUNT+
Corpo libero (Italia, 2022)
dal 26/10/2022
Va' che questi di Paramount son bravi scaltri eh. Sono appena arrivati qua da noi in Italia con il loro servizio di streaming (si intuisce che è tale dal + piazzato dopo il nome) tutto pieno del loro catalogo di film degni di una major vecchia cento e otto anni, e del loro palinsesto di contenuti originali seriali fatti come si deve (tutte le nuove serie di Star Trek le trovate là per esempio). Eppure si prendono la briga di far realizzare una serie inedita italiana pensata solo per noi, e co-prodotta (fra gli altri) da Indigo Film (La grande bellezza, Il ragazzo invisibile, Una mamma imperfetta) e Rai Fiction. Corpo libero si ispira all'omonimo romanzo Mondadori pubblicato nel 2011 da Ilaria Bernardini (anche co-autrice delle sceneggiature della serie), e ricicciato oggi in una nuova edizione che urla fin dalla copertina la sinergia con la serie Paramount+. È il marketing, bellezza. La storia del libro e della serie (che l'anno prossimo verrà anche trasmessa su Rai 2) è quella della 15enne Martina, promettente ginnasta a livelli agonistici che si riprende appena in tempo da un infortunio per potersi unire alla sua squadra (la Vis Invicta, di stanza a Napoli) e rappresentare l'Italia a un torneo internazionale che si tiene in Abruzzo. Ci sono tutte le dinamiche del gruppo, quelle da adolescenti sotto pressione, quelle degli adulti che le accompagnano, e pure il mistero misterioso di una ragazza trovata morta – che è un po' il motivo per cui ci stanno raccontando questa storia, ripercorrendo a ritroso i sette giorni di torneo.
PRIMEVIDEO
The Devil's Hour (Gb, 2022)
dal 28/10/2022
Non si sa molto di questa serie inglese qui; e dal poco che si sa, si deduce abbia senso che non se ne sappia di più. Non so se mi spiego. In pratica è quel tipo di serie supervisionata da gente importante (Steve Moffat) che scommette sulla buona intuizione di uno showrunner semi-esordiente (Tom Moran) fornendogli del budget tra l'ok e il notevole, oltre a un cast con almeno un nome di peso (Peter Capaldi) per bravura e notorietà, il tutto per potersi portare a casa una serie con twist misterioso, di quelle alla True Detective. L'ora del diavolo del titolo è, in inglese, quella fra le tre e le quattro del mattino. Da qualche tempo a questa parte, nel bel mezzo di ogni notte che le simpatiche divinità scagliano sulla Terra, precisamente alle 3 e 33, la povera mamma single Lucy si sveglia a causa di incubi e visioni terrificanti. Non una bella routine, a maggior ragione se pensate che, oltretutto, la povera Lucy è madre di un ottenne super inquietante, che se ne sta fermo negli angoli in silenzio e senza sbattere le palpebre, che saluta al rallentatore, e che in generale sembra non riuscire a esprimersi né a provare emozioni. E non ce lo volete mettere il carico di briscola, visto che ci siamo? Lucy, infatti, è anche figlia di una signora anziana che pare non starci più con la testa, almeno a giudicare dalle lunghe conversazioni che intrattiene con una sedia vuota. Visto che non c'è limite alla sfiga, il nome di Lucy salta fuori in connessione a una serie di omicidi (rigorosamente brutali) che stanno avvenendo nella sua zona. Non è la principale sospettata dalla polizia, quello sarebbe stato davvero troppo. Il principale sospettato dalla polizia è Gideon, un eremita nomade con la faccia da matto di Peter Capaldi che durante gli interrogatori sembra voler depistare le indagini con i suoi atteggiamenti tutti mistici e intensi. Cosa nasconde Gideon? Che tipo di stranezza horror si porta appresso il figlioletto di Lucy? Riuscirà quest'ultima a fare una nottata di sonno come Morfeo comanda? Per Morfeo si intende il dio della mitologia greca o Domenico, ex fantasista in forza ad Atalanta, Fiorentina e Parma? Tutte domande legittime, a cui la serie probabilmente darà una risposta.
DISNEY+
Star Wars: Tales of the Jedi (Usa, 2022) - dal 26/10/2022
Amici, amiche, amicə. Non so come dirvelo, quindi sarò diretto e privo di grazia. Io non c'ho più tutta questa voglia di parlare di serie tv inutili spruzzate fuori dall'universo Star Wars. Perché lo sanno loro (Disney) che stanno esagerando, e secondo me cominciate a sentirlo anche voi, che un po' vi stanno pigliando per quel posto là. Perché finché si tratta di serie come si deve, possiamo anche starci. The Mandalorian, quella cosa su Boba Fett che non restituisce il libro in biblioteca, il prequel di Rogue One incentrato su quel tizio simpatico interpretato da Diego Luna, persino quella ciofeca di serie su Obi-Wan: va tutto bene. Certo, escono anche loro a un ritmo forsennato, perdendosi fisiologicamente per strada uno degli elementi più importanti di questi prodotti legati a franchise iconici: l'aspettativa, la sensazione di momento speciale che deriva dalla natura di evento atteso con fomento. E fino a qualche tempo fa, quando le serie animate ambientate nell'universo di Star Wars uscivano una volta ogni tre anni, quel senso mistico di impazienza nell'attendere qualcosa di speciale (pure in tv) rendeva tutto un po' più importante, anche se non si trattava dell'evento principale (ovvero l'uscita in sala di uno dei film della saga). Oggi esce una serie di Star Wars una volta ogni tre settimane. Andor deve ancora concludersi (l'ultima puntata sarà disponibile il 23 novembre) e già Disney+ caccia fuori un'altra serie Star Wars, stavolta animata, curata dal boss dei cartoni targati Guerre Stellari – quel Dave Filoni già autore (regista e/o sceneggiatore) di Star Wars: The Clone Wars, Star Wars Rebels e Star Wars Resistance. Un'antologia in sei episodi incentrata su storie autoconclusive di jedi, metà dedicate ai jedi buoni e raccontate dal punto di vista di Ashoka Tano; metà dedicate ai jedi meno buoni e raccontate dal punto di vista del Conte Dooku. Una antologia che se da una parte serve a preparare il terreno alla miniserie che verrà dedicata, l'anno prossimo, al personaggio di Ashoka Tano, dall'altra è solo l'ennesima scusa per far uscire una nuova linea di gadget, pupazzi e giochini visto che ci si avvicina pericolosamente (nonostante il clima) alla stagione dei regali.
Il club di sumo! (Giappone, 2022) - dal 26/10/2022
Ti arriva fra capo e collo, così a sorpresa, una serie Disney giapponese che parla di sumo, e non è così peregrino che la prima cosa che ti venga in mente sia di prendertene giuoco con fanciullesco sollazzo. Alla fine non capita tutti i giorni di vedere una serie Disney giapponese che parla di sumo, e (conoscendo i giapponesi) sulla carta sembra facile si tratti di una serie tutta scema con i ciccioni che fanno le facce buffe e, se siamo fortunati, anche le flatulenze. E invece. Innanzitutto bisogna fare molta attenzione con il sumo, che è un'arte (più che) millenaria, profondamente radicata sia nelle radici culturali (sin dalla sua nascita come danza rituale per favorire il raccolto), sia nei miti fondanti giapponesi – si dice che le due divinità Takemikazuchi e Takeminakata si siano giocate il possesso delle varie isole dell'arcipelago in una sfida di sumo. Poi bisogna assicurarsi di sapere per bene se questa serie è un originale oppure no, e la risposta è: oppure no. Il club di sumo! è l'adattamento seriale di una commedia drammatico-sportiva del 1992 (Sumo Do, Sumo Don't) che si è accaparrata l'Oscar giapponese, che rimane uno dei pochi film della storia incentrato sul sumo, e che è stato diretto da Masayuki Suo, il quale torna come showrunner e supervisore della serie. Infine, se proprio rimane ancora qualche dubbio sulla bontà e sulla serietà della faccenda, basta ascoltare l'ode al sumo che accompagna la sigla: “I lottatori di sumo sono dei giganti giovani e rosei, che sembrano usciti dall'affresco sulla volta della Cappella Sistina. A causa dei metodi tradizionali di allenamento hanno pance enormi e grossi petti. Ci sono vari lottatori di sumo, ma tutti hanno l'acconciatura tradizionale e dei volti femminili. Si stabilisce un equilibrio inamovibile, le loro gambe si intrecciano, le dita scivolano tra il mawashi e la pelle, il sagari si capovolge, i loro piedi scavano nella sabbia e le loro vene si gonfiano tingendo il cerchio di rosa chiaro”. Acciderboli, quanta evocazione. Qui la storia è quella di Ryota Moriyama, giovinastro all'ultimo anno di università che non ha la minima idea di cosa vorrà fare nella vita. Si accontenta di ciondolare e di giocare ai videogiochi, senza mostrare particolare progettualità o ambizione. Che è forse il motivo principale per cui viene piantato in asso dalla sua (più o meno, molto meno che più) ragazza Saki, fatalità proprio nel giorno in cui è riuscito finalmente a trovare un lavoro che comunque non gli interessa. Adesso non gli rimane altro che liberarsi dell'università il più in fretta possibile. Un suo professore particolarmente simpatico gli dice va bene, ti faccio laureare nonostante tu sia una suola, ma in cambio dovrai unirti al dissestato club di sumo dell'università e partecipare ad almeno una gara ufficiale. Disperato, Ryota accetta. E il destino del club di sumo è improvvisamente nelle mani di un pirla da competizione; che però sa fare di necessità virtù, e pian piano si appassiona alla disciplina e alla missione che gli è stata assegnata.
This Is Going to Hurt (Gb, 2022) - dal 26/10/2022
È stato avvistato un Dramma medicale selvatico, un raro esemplare di serie ambientata in corsia d'ospedale da non buttare nel cesto dell'umido prima ancora che sia finita la sigla di apertura del primo episodio. Signorə, questa è un'evenienza talmente bizzarra, un avvento talmente particolare che ne avevamo miracolosamente già parlato prima ancora che uscisse. Per amor di sintesi, il succo del discorso è questo: c'è un più che ottimo Ben Wishaw nei panni di un mediamente giovane ginecologo al servizio della sanità pubblica inglese, un girone infernale che sembra uscito dalle fantasie malate dei produttori di Boris ma in realtà è il resoconto autobiografico di un autore che, nel guano della sanità pubblica inglese, ci ha sguazzato per davvero per una decina di anni prima di decidere che sarebbe stato molto più sereno e tranquillo fare il comico, lo scrittore e lo sceneggiatore. Sì perché Adam Kay, showrunner di questa miniserie e anche autore dell'omonimo romanzo da cui si è auto-tratto This Is Going to Hurt, è stato davvero chirurgo-ginecologo per una decade scarsa, prima di guardarsi bene allo specchio e decidere che era il caso di inseguire le proprie passioni prima di impazzire del tutto in reparto. Viene fuori, dunque, che l'unico Dramma medicale buono è quello scritto da uno sceneggiatore di talento, che è anche stato medico e ha pure un passato da comico. Questo significa che non vedremo mai più un Dramma medicale come si deve, a meno che Kay non decida di scrivere This Is Going to Hurt 2.
Serie confermate dal numero 5 di Medusa
DISNEY+
Boris (Italia, 2007) - quarta stagione dal 26/10/2022
Sono passati gli anni che sono passati. Stanis e Corinna sono felicemente sposati, e si sono anche un po' meno felicemente lanciati nella carriera di produttori fondando la SNIP (So Not Italian Productions). Il presente delle serie tv non è più La Rete, bensì La Piattaforma. Un blob multinazionale che basa i propri successi facendo valutare le sceneggiature all'infallibile Algoritmo. E chi può essere il responsabile italiano della Piattaforma se non Alessandro, l'ex stagista schiavo di regia che ha fatto carriera? La SNIP ha in cantiere una nuova serie, moderna e al passo con i tempi: Vita di Gesù. Serve soprattutto a recuperare i soldi che Stanis e Corinna hanno perso producendo Gengis Khan, ma è anche un nuovo traguardo per la tv italiana. I due richiamano all'ordine la vecchia squadra – meno Itala (Roberta Fiorentini) che ci ha lasciati, e Sergio che è ancora in prigione – e li riportano al lavoro sul set. Il problema è che La Piattaforma non ha ancora dato l'ok definitivo al progetto, che è ancora in fase di scrittura quando iniziano le riprese. Cosa potrà mai andare storto? Signorə, che vi debbo dire. È la quarta stagione di Boris, l'unica serie tv veramente originale mai prodotta in Italia. Si potrebbe dire che è cosa nostra, se solo la locuzione non fosse già impegnata altrove. Ed è fatta con i soldi di Disney, che aumenta leggermente la goduria preventiva. Sinteticamente? Ne vale la pena.
NETFLIX
Big Mouth (Usa, 2017) - sesta stagione dal 28/10/2022
ne abbiamo parlato all’uscita della quinta stagione qui
NOW
Gangs of London (Gb, 2020) - seconda stagione dal 26/10/2022
Breve contestualizzazione per i non iniziati. Gangs of London è la serie creata da Gareth Evans. Gareth Evans è un tenero mozzarellone gallese che ha trovato fortuna in Indonesia quando ha scoperto che nel sud-est asiatico le controfigure non hanno ancora un sindacato. In Indonesia ha scritto e diretto due film action (The Raid e il suo sequel) che hanno plasticamente ridefinito il genere e sono diventati, dal giorno alla notte, il nuovo standard aureo per la messa in scena di coreografie di combattimento. Gareth Edwards è tornato in Gran Bretagna dopo aver vinto la più strana partita di Risiko cinematografico di sempre partendo dall'impero indonesiano. E una volta a casa, ha deciso di portare il suo amore per gli stunt marziali e per le sparatorie sul piccolo schermo, architettando un'epica gangster contemporanea che racconta un sacco della Londra multietnica e sensazionale che fa da cornice. La premessa è svelta e trasporta ex abrupto nell'azione: qualcuno ha fatto uccidere Finn Wallace, il boss irlandese che per decenni ha controllato con mano ecumenica il sottobosco criminale londinese, il beneamato – per quanto possa essere beneamato uno che gestisce il traffico di eroina inglese – padrino della mafia internazionale britannica. Sean (Joe Cole: Skins e Peaky Blinders) è il primogenito di Finn e non prende bene l'assassinio del padre, scatenando una caccia all'uomo che mette a ferro e fuoco i ranghi delle Gangs of London.
Da (meno) 5 scatolette di pelati a (più) 5 avocado, un voto a settimana per una serie presentata in questa newsletter (in questo numero o in passato).
Boris (Disney+) 🥑🥑🥑🥑
Quattro avocado turgidi a Boris nel suo complesso. Il monumento all'italianità più realista, umoristico e affettuoso che sia stato realizzato negli ultimi 50 di cinema e tv nostrani. Non è perfetta, fa casino, è caciarona, taglia gli angoli, esagera, moltiplica, rumoreggia, scorreggia, è acuta ma fa finta di niente, è intelligente ma non si applica, frusta fischiettando, bestemmia ma con nonchalance; e anche con l'addenda della quarta stagione – che riesce ad aggiornare il discorso senza perderne la quadra essenziale – continua a essere una serie essenziale, per quel che ne possano dire tutti quelli che sono stufi di sentirla citare.
Extra
Qualche notizia dal mondo delle serie. (a cura di Giulia Ciappa)
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