Fuori le serie! 🛋️ #163- Capitano, è mercoledì
Tim Burton prova a prendersi nuovamente la ribalta con Mercoledì, gli americani fanno esplodere le cose in Echo 3, i giapponesi innamorati sono bizzarri in First Love e Criminal Minds non finirà mai. Insomma, ordinaria amministrazione.
1-up
NETFLIX
Mercoledì (Usa, 2022)
dal 23/11/2022
Ucci ucci sento puzza di Nightmare Before Christmas. Sapete cosa si intende per puzza di Nightmare Before Christmas? È quel tanfo che si alza quando un celebrato regista decide di mettersi a fare cose che non sa fare, chiama a sé gente bravissima che quelle cose le sa fare davvero bene e alla fine della faccenda viene fuori – chi l'avrebbe mai detto – che le innumerevoli persone che hanno visto e amato quella cosa di cui sopra, finiscono con l'attribuirla al regista di nome che l'ha firmata e non alla gente bravissima che l'ha effettivamente realizzata. È la storia di Henry Selick, mastro artigiano della stop-motion e regista di Nightmare Before Christmas. E se Mercoledì verrà apprezzato come sembra meritare, sarà anche la storia di Alfred Gough e Miles Millar, mitologica coppia di sceneggiatori che dove li metti stanno (Smallville, Pallottole cinesi, Spider-Man 2, Herbie - Il super maggiolino). Tutti quanti turlupinati da quello scapigliato di Tim Burton, che arriva sul set, dice azione, dice buona, se ne va e si prende il merito. Si scherza eh. Però neanche tanto. Burton ha diretto quattro episodi (su otto) di Mercoledì, senza partecipare a nessun'altra fase della produzione; eppure la gente va in giro a dire che questa è una serie di Tim Burton. Nello specifico, Mercoledì è il più classico dei ricicciamenti di una proprietà intellettuale celeberrima, che viene rispolverata, re-impacchettata, infiocchettata e dichiarata pronta per ammaliare una nuova generazione di consumatori. La famiglia Addams nasce come striscia a fumetti del New Yorker nel 1938, inventata da Charles Addams per prendersi subdolamente gioco di tutto ciò che era normale e dato per scontato; il fumetto è stato adattato per la tv (tra animazione e live action) e per il cinema negli anni '60, negli anni '70, negli anni '90 e negli anni 2010. A vestire i panni dei membri della stramba famiglia si sono alternati John Astin, Raul Julia, Anjelica Huston, Christopher Lloyd, Tim Curry e Daryl Hannah, raggiunti grazie a questa produzione anche da Luis Guzmán, Catherine Zeta-Jones e Fred Armisen. Un bel parterre. Comandato con sicurezza da Christina Ricci, che il ruolo di Mercoledì nell'adattamento cinematografico del '91 se l'è mangiato (alla tenera età di 11 anni) tutto intero, diventando un'icona indimenticabile. In questa versione non di Tim Burton, Mercoledì – chiamata così per via di un verso della filastrocca preferita di mamma Morticia: «Mercoledì è un giorno triste» – è un'adolescente piuttosto problematica, espulsa dalla sua scuola normale per aver sguinzagliato dei piranha nella piscina dei furbi che facevano i bulli con suo fratello e per questo costretta a trasferirsi nel collegio di Nevermore. Lo stesso in cui si sono conosciuti i suoi genitori, nonché istituto isolato sorto apposta per istruire reietti, strambi, mostri ed emarginati. Vien fuori che Mercoledì, la serie, rischia di essere un delizioso romanzo di formazione tra l'horror, il giallo e la commedia. Dai che poteva andare peggio. Poteva andare che quel petardo sfiatato di Tim Burton si metteva in testa anche di scriverla.
First Love (Giappone, 2022)
dal 24/11/2022
Questa cosa non è che succeda tanto spesso. Dice, infatti, che la serie qua sopra si ispira non a un libro, non a un fumetto, né a un film o a un videogioco; neanche a un gioco da tavola o a una raccolta di racconti brevi e/o poesie; non si ispira alla vita di nessuno, non è l'adattamento del bugiardino di un farmaco, non è una storia vera, non è un remake, né un reboot, non un sequel né un prequel o un revival. Niente di tutto ciò. Quella serie giapponese qua, nove puntate da un'ora ciascuna, dice di ispirarsi a due canzoni di Hikaru Utada: First Love, 4 minuti e quattordici secondi di estrema ballatona chitarra pianoforte e archi sostenuti che intervengono a gamba tesa in onore del ritornello;
e Hatsukoi, che musicalmente è la stessa identica cosa ma dura un minuto in più.
Dunque com'è che si fa a trarre una serie di nove ore da due pezzi pop che parlano genericamente di amore un po' triste, ma è triste solo perché c'è stato quindi alla fine non è poi così triste se ci pensi bene? Non si fa di trarre una serie di nove ore da due pezzi pop così; semplicemente si dice “Abbiamo preso ispirazione da, sappiatelo oh voi torme di fans di Hikaru Utada che dovete scegliere la nuova serie Netflix da bingiare”. A tutti gli altri, non particolarmente adusi alle strazianti ballate d'amore della signora Utada da ascoltare RIGOROSAMENTE ad accendino acceso, non rimane che sperare in bene. La faccenda riguarda un uomo, Harumichi Namiki, e una donna, Yae Noguchi, che ormai grandicelli – ma con una qualità della pelle ancora davvero ragguardevole – rivivono insieme il loro lungo primo amore, iniziato negli anni '90 e cresciuto per tutti i 2000, mentre i due maturavano insieme e imparavano ad amarsi e poi succede la vita che si mette in mezzo come al solito. Qua capita che Yae sognasse di fare l'assistente di volo, ma le sue ambizioni vengono frustrate da un incidente che le impedisce di proseguire con la carriera desiderata; Harumichi, invece, riesce a diventare pilota per il finto esercito giapponese, solo che a un certo punto decide che non è più la sua strada e va a fare dell'altro.
DISNEY+
Maggie (Usa, 2022)
dal 23/11/2022
Dice: ma se sei veramente in grado di leggere il futuro, che problemi potrai mai avere a trovarti un ragazzo che ti piace e ti tratta come si deve? È la grande domanda che si pone anche l'eponima Maggie, giovane sensitiva un po' troppo fissata sulla propria vita sentimentale, a cui a un certo punto appare la visione dell'affascinante Ben. Visione che non lascia indifferente la nostra e la porta a credere che il manzo di cui sopra sia inscritto nel fato delle sue ovaie come i comandamenti nelle tavole della legge. Solo che ha anche ragione Maggie, poverina. Non è che conoscere il finale di una storia – tra l'altro dedotto da visioni fumose – ti dia grandi strumenti per navigarla, sempre quella storia. Può succedere che hai una visione di te, fra quarant'anni, sposata con Ben e circondata da nipotini sul tappeto di fronte al caminetto accesso; ma questo vaticinio non ti avvisa che prima di vedere realizzato il tuo destino dovrai, chessò, lavorare per sei anni in una miniera di cobalto, fare il corriere a Singapore per il mercato nero degli organi o altre cose spiacevoli del genere. Dunque Maggie vede Ben nel suo futuro. Quasi contemporaneamente Ben trasloca nell'appartamento di fronte a quello della protagonista insieme alla fidanzata storica, di quelle che ci stai insieme dal liceo e se a trent'anni non vi siete ancora ammazzati ci sono ottime probabilità di finire infelicemente sposati. Cosa succederà ai nostri eroi? Non è dato saperlo fino in fondo, visto che Maggie, la serie, è stata presa a colpi di accetta e cancellata dopo la prima stagione.
APPLE TV+
Echo 3 (Usa, 2022)
dal 23/11/2022
È per caso Echo 3 la classica serie muscolare con due americani cazzuti che vanno in giro per il mondo a fare allegoricamente l'elicottero in faccia a della povera gente che voleva solamente continuare a pascolare le proprie pecore? Snì. Nel senso che c'è anche quell'elemento di testosterone – la serie ci mette meno di venti minuti a scagliarti in faccia la scena di guerriglia in Afghanistan dove gli indigeni sono generici barbari rompipalle – ma è anche vero che gli americani cazzuti di cui sopra sono interpretati da due ottimi attori non statunitensi, quindi in grado di andare oltre al manicheismo che ruoli del genere potrebbero sussurrare. C'è l'olandese Michiel Huisman che fa un tizio di nome Prince, super agente speciale in arrivo da una famiglia di Mazinga e con di fronte a sé un posto già assegnato in senato; e poi c'è il gallese Luke Evans che fa un tizio di nome Bambi, collega/cognato di Prince e americano sudista purosangue che le cose non le manda a dire e i proiettili non li manda a sparare. Prince e Bambi vengono sballottati per mezzo mondo, mentre la loro missione finale monta sullo sfondo: bisogna salvare degli ostaggi molto importanti e incastrati in Colombia, un posto in cui non sarebbe consigliabile incastrarsi. La serie l'ha scritta, creata e anche un po' diretta Mark Boal, già premio Oscar per la sceneggiatura di The Hurt Locker. Boal ha ricavato Echo 3 dalla serie tv israeliana When Heroes Fly (la trovate su Netflix volendo), che a sua volta si era ispirata al romanzo bestseller scritto da Amir Gutfreund.
PARAMOUNT+
Criminal Minds: Evolution (Usa, 2022)
dal 24/11/2022
Una delle serie procedurali per eccellenza della tv generalista degli anni 2000, Criminal Minds è andata avanti per 15 stagioni e 324 episodi facendo la gioia degli autori dei palinsesti di Rai2, che dal 2005 al 2020 sapevano di avere lo slot bloccato da quella serie qui e potevano dormire sonni tranquilli. CSI aveva la scientifica, NCIS e Law & Order gli avvocati, ma Criminal Minds le batteva tutte: aveva i serial killer, e fin qui vabbè, ma soprattutto aveva gli psicocriminologi del FBI che gestiscono la squadra speciale di unità di analisi comportamentale. Esattamente quella la cui concezione e nascita viene raccontata magistralmente in Mindhunter, ma che era anche protagonista di Il silenzio degli innocenti. Così, giusto per fare namedropping. Criminal Minds, per dire, ha avuto la sua versione coreana molto prima di La casa di carta. La serie, ideata da quel satrapo fabbrica soldi di Jeff Davis (che ha al suo attivo anche Teen Wolf), è riuscita a restarsene tranquilla per due anni prima di essere riesumata con un revival che (come già successo con Bosch: Legacy) è fondamentalmente un prosieguo del vecchio corso: stesso cast, stesso concept (solo che in questo caso c'è la complicazione ulteriore del Covid 19), stesse atmosfere, titolo a cui è stata aggiunta una parola solo perché così almeno se ne parla un po' di più.
MUBI
The Kingdom Exodus (Danimarca, 2022)
dal 27/11/2022
Un saluto e un benvenuto a MUBI, che cala dalle vertiginose altezze del cinema d'autore raffinato e indipendente per sporcarsi insieme a noi nel promiscuo fango delle serie tv. Si fa per celiare, ma neanche tanto. MUBI è un servizio di streaming che fa le cose che sa fare e le fa più che bene. Tra le cose che sa fare MUBI – o molto meglio: tra le cose che vuole fare MUBI – non c'è né quella serialità da vecchia televisione che impacca i palinsesti di Netflix e compagnia, né la versione elevata e d'autore che dovrebbe essere il marchio caratteristico di quest'epoca di serie tv. MUBI fa film, non fa serie. È per quello che, per farla apparire su queste pagine plebee, c'era bisogno di un anticristo del calibro di Lars von Trier; il quale riprende e allarga un suo progetto del 1994 – The Kingdom - Il regno, otto ore di ospedali da incubo distribuite sia in versione miniserie, sia in versione cinematografica – nettamente influenzato dalla discesa nel mondo fenomenico dell'oggetto alieno Twin Peaks. In pratica all'inizio degli anni '90 von Trier ha visto cos'aveva combinato Lynch per la tv e ha detto Anch'io anch'io! Fortuna che von Trier, oltre a essere matto come un cavallo che guida una roulotte perché ha paura degli aerei, è anche un autore geniale; nel senso specifico che è uno di quelli che, anche volendo, non sarebbe in grado di copiare in maniera calligrafica un'idea altrui. Si percepisce l'influenza seminale di Lynch, ma The Kingdom è sempre stata (e continua a essere) farina del sacco artistico del regista danese. Questa terza installazione – cinque puntate da un'ora ciascuna – riprende le istanze delle altre due, raccontando l'eterna lotta fra bene e male nel misterioso reparto di neurochirurgia dell'altrettanto misterioso Rigshospitalet di Copenaghen, al cui interno infuriano lotte intestine, faccende soprannaturali e accadimenti impossibili. Per la terza stagione, però, von Trier si addentra nel meta-testo. La sua protagonista è la sonnambula Karen, donna ossessionata dalla vecchia serie tv The Kingdom e che sogna di poter rispondere a tutti i questi lasciati irrisolti da quella storia, ma anche di riuscire a salvare l'ospedale dal destino malefico che sembra circondarlo. Una notte, Karen vaga sonnambula per la città finché non si ritrova davanti all'ospedale, le cui porte si spalancano per farla entrare.
Second Life
DISNEY+
Good Trouble (Usa, 2019) - quarta stagione dal 23/11/2022
È lo spinoff sconosciuto in Italia di una serie che è altrettanto sconosciuta in Italia, The Fosters. Sconosciuta almeno finché non è arrivata Disney+, faccenda che ha permesso a Topolino di mettere nello stesso contenitore distributivo tutti prodotti che aveva sparsi in giro per il mondo. The Fosters, per esempio, andava in onda sullo stesso canale che ha trasmesso anche Good Trouble: si chiama Freeform – ex Fox Family ribattezzato in maniera meno paradossale dopo l'acquisto da parte di Disney – ed è un canale via cavo (a pagamento) associato alla generalista ABC (non a pagamento). Lo so che è complottismo, ma per quanto mi riguarda The Fosters è stata una serie costruita a tavolino per battere cassa fra gli spettatori più progressisti. È la storia, ambientata a San Diego, di una famiglia così moderna che se mandi l'albero genealogico ad Adinolfi gli piglia il coccolone all'istante. La poliziotta Stef Foster e la moglie Lena, vice-preside di un liceo, decidono che è ora di allargare la famiglia: oltre al figlio biologico di Stef, Brandon, e i gemelli Jesus e Mariana adottati quand'erano infanti, all'inizio della serie genitrice uno e genitrice due prendono in affido anche i fratelli Callie e Jude, che più in là nel corso della serie verranno formalmente adottati. Dopo cinque stagioni e più di 100 episodi, gli attori bambini erano cresciuti abbastanza da poter consegnare nelle loro mani uno spinoff. Sono stati scelti i personaggi di Callie e Mariana, che due anni dopo la fine di The Fosters si sono trasferite insieme a Los Angeles per costruirsi la loro nuova vita da adulte.
Da (meno) 5 scatolette di pelati a (più) 5 avocado, un voto a settimana per una serie presentata in questa newsletter (in questo numero o in passato).
Nuovo Santa Clause cercasi (Disney+) 🥫🥫🥫🥫
Quattro lattine ammaccate di pelati inaciditi – da rovinare un altro po' tirandole forte ma non fortissimo in testa a Tim Allen – per Nuovo Santa Clause cercasi. Ascoltate: guardatela molto volentieri nel caso in cui aveste nostalgia della tripletta di film anni '90/primi anni 2000 di cui questa miniserie è sequel. Non è che Nuovo Santa Clause cercasi sia particolarmente più brutto dei film originali (specialmente il primo, che non è da scagliare nell'umido) o degli altri film natalizi. È che è proprio fuori tempo massimo. Non tanto per le tematiche. Ma proprio perché di serie e di film di Natale adesso ne trovate a bizzeffe e tutti uguali, dunque cogliete al volo l'occasione di lasciare perdere questo qui che non ha niente di diverso da tutti gli altri se non per la presenza del faccia di tolla Tim Allen, uno che proprio non è mai riuscito a farmi ridere neanche una volta. Quell'uragano di papà ha fatto quasi gli stessi danni di Settimo cielo, senza essere altrettanto divertente.
Extra
Qualche notizia dal mondo delle serie. (a cura di Giulia Ciappa)
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