Fuori le serie! 🛋️ #157- Giovani di anziane speranze
Settimana ricca di serie, tra cui un sacco di storie vere (Candy, Shantaram, The Playlist, The Watcher) o presunte tali (Le indagini di Belascoarán, Les papillons noirs), e sembrano tutte buone! Tranne Step Up. Step Up non è una serie buona.
Giuro di dire le novità, tutte le novità
NETFLIX
Le indagini di Belascoarán (Messico, 2022)
dal 12/10/2022
È quella serie che i messicani hanno deciso di buttare fuori per dimostrare a tutto il mondo che, quando si tratta di sostanze psicotrope, loro sono ancora i numeri uno. Siamo a Città del Messico, e non era così scontato, ed è il 1970 preciso. Il paese è in discreto subbuglio dal momento che sta ospitando i Mondiali di calcio; senza contare che, da qualche tempo, la capitale è anche scossa per via di una serie di efferati delitti: c'è una buona manciata di donne che sono state brutalmente strangolate, e los sbirros, che quando non sono corrotti sono inetti, son lì che pettinano le bambole e riparano biciclette. Belascoarán Shayne è un tizio dal pizzetto schiscio che rimane totalmente ossessionato da questi delitti. Così molla senza preavviso il suo tristo lavoro e decide di diventare,di botto e senza senso, investigatore privato per dare la caccia al famigerato strangolatore. E fin qui va quasi anche abbastanza bene. Il vero dettaglio è che, per annunciare la propria discesa in campo al Messico e alla sua nemesi, Belascoarán partecipa a un celeberrimo quiz televisivo dove si presenta come ultra esperto di serial killer. Per lui è un modo di rendere consapevole il pubblico del pericolo, e per annunciare urbi et orbi che sta dando la caccia al misterioso assassino. Ecco, questa miniserie in tre episodi lunghi (siamo fra i 70 e gli 80 minuti) si porta appresso quel tipo di stupidera qui. C'è spazio, poi, anche per una bella Irene – femme fatale sulle piste dell'omicida, ma per motivi tutti suoi – la quale si porta appresso tutto il sentimento del caso. Una serie completa. E in quanto ambientata nel Messico degli anni '70, anche molto ricca di baffi.
exception (Giappone, 2022)
dal 13/10/2022
In un futuro lontano lontano, l'umanità si vede costretta a pianificare l'esodo dalla Terra e dunque setaccia con attenzione lo spazio alla ricerca di una nuova galassia contenente un pianeta dalle condizioni abitabili. Non chiedetemi il perché di tutto questo, quasi sicuramente c'entra il fatto che siamo una specie disgustosa ed egocentrica e stiamo facendo cose buzzurre al pianeta che ci ospita. Fatto sta che nel futuro lontano lontano la situazione è quella. Non rosea. Per salvarci dall'estinzione bisogna non solo trovare un nuovo pianeta, ma è anche necessario che il suddetto pezzo di roccia gigante sia disponibile a essere terraformato per poter ricreare le condizioni necessarie alla nostra sopravvivenza. Perché, oltre a tutto il resto, siamo anche una specie esigente e fragilina, noialtri. Al momento è stato individuato un pianeta, nome in codice “Grembo”, che potenzialmente potrebbe essere adatto allo scopo. Noi omini, belli integerrimi fino in fondo, scagliamo in esplorazione nello spazio una missione composta da esseri senzienti e umanoidi – e dai nomi generici: Lewis, Nina, Mack, Patty e Oscar – creati con una stampante biologica 3D. Succede, però, che la stampante faccia cilecca proprio con l'ultimo ordine, quello di Lewis, facendo uscire una roba deforme e incattivita che attacca gli altri membri dell'equipaggio. Arriva una chiamata al telefono intergalattico della loro navicella: ehiii, scusate. Signori umanoidi stampati? Quando avete finito con i vostri battibecchi, ci sarebbe sempre quel lavoro per cui noi umani vi abbiamo pagato. E no, non ci importa che avete un mostro alle calcagna. Fatemi parlare con il vostro responsabile.
The Playlist (Svezia, 2022)
dal 13/10/2022
Pensa che bello essere un giovane svedese dallo spiccato spirito imprenditoriale – e dall'attaccatura di capelli alla Zuckerberg, ma non Zuckerberg versione Jesse Eisenberg, bensì Zuckerberg vero e attuale, versione androide protocollare – che si inventa uno strumento rivoluzionario e poi non può nemmeno vantarsene con gli amici, ché nei paesi scandinavi la tracotanza da sboroni è una delle cose più socialmente malviste di sempre. In Svezia bisogna stare umili. E l'unica soddisfazione per essere diventati ricchi e famosi è quella di pagare più tasse, con la consapevolezza che verranno utilizzate in maniera funzionale e trasparente per il bene della comunità. Quello, e la speranza che Netflix faccia una serie su di te. A cui devi comunque stare attento, perché se viene fuori una cosa troppo trionfale e gli amici del dopolavoro di Stoccolma lo vengono a sapere, poi sono schicchere dietro le orecchie e sguardi di sottecchi. Gli spietati sguardi di sottecchi scandinavi. The Playlist è la storia di come lo sprintoso Daniel Ek si sia trovato al posto giusto, al momento giusto, con l'idea giusta e con le conoscenze, l'entusiasmo e le risorse necessarie per realizzarla. All'apice dell'epoca della pirateria musicale, quella inaugurata da Napster e proseguita da Pirate Bay, Ek e il socio in affari Martin Lorentzon – che dice di essere di un villaggio vicino Jönköping, ma dal cognome in realtà si capisce che è di Bassano del Grappa – se ne vengono fuori con l'idea di un servizio di streaming musicale gratuito e legale. Nasce Spotify. E la serie vi dirà che quello è stato l'avvento del messia che ha salvato l'industria musicale dalle razzie dei bucanieri – che all'epoca di Napster facevano piangere i Metallica e Britney Spears – e oggi è tutto risolto e va per il meglio. Altri vi diranno altre cose. Fatto sta che se l'industria musicale è al punto in cui devo spendere 104 euro con prevendita per vedere la reunion dei Blink 182 a Bologna, allora forse è meglio tornare ai pirati e ai megamiliardari che piangono lacrime da coccodrillo.
The Watcher (Usa, 2022)
dal 13/10/2022
Amici! Ma quanto tempo era che non vedevamo una serie true crime ideata, scritta e prodotta per Netflix da Ryan Murphy. Che meraviglia! Come dite? È passato meno di un mese? La serie su Jeffrey Dahmer è uscita il 21 settembre? Giusto. Ryan Murphy: saturatore di mercati since 2003. E vabbè, Murphy l'ha fatto di nuovo. Stavolta prendendo a prestito una storia vera molto più recente e molto meno famigerata rispetto a quella di Dahmer, ma compensando la mancanza di star power su quel fronte chiamando a sé tre protagonisti del calibro di Naomi Watts, Bobby Cannavale e Mia Farrow. La storia si basa sul reportage intitolato The Haunting of a Dream House, pubblicato sul New York Magazine nel 2018. L'articolo racconta in maniera dettagliata la pessima avventura della famiglia Broaddus (che nella serie diventano i Brannock), cominciata subito dopo l'acquisto della casa dei loro sogni al 657 Boulevard di Westfield, nel New Jersey. Ancora prima di essersi ufficialmente trasferiti nel loro nuovo domicilio suburbano, i Broaddus/Brannock vengono presi di mira da un misterioso stalker che manda loro lettere minatorie ricche di dettagli inquietanti – sui loro figli, sul lavoro del capofamiglia, sul resto della famiglia della moglie che abita nella stessa cittadina – e si firma come The Watcher. La cosa ancora più inquietante è che in anni e anni di investigazioni, ufficiali e non (ovvero pagate di tasca propria dai Broaddus), non si è neanche mai lontanamente riusciti ad arrivare a individuare non dico un colpevole, ma nemmeno un sospetto. Io l'ho sempre detto, era più semplice fare i criminali quando c'erano carta e penna.
Sagrada familia (Spagna, 2022)
dal 14/10/2022
Quassù, a fianco del titolo, dice Spagna come paese di provenienza, e la miniserie è senza dubbio ambientata fra il centro di Madrid e Melilla. Però gli otto episodi di Sagrada familia li ha creati e li ha scritti il buon Manolo Caro, messicano di Guadalajara e già ideatore, per i tipi di Netflix, di faccende come La casa de las flores e Qualcuno deve morire. Questa volta il caro Manolo ci tiene a raccontare la storia di Gloria, madre single che si trasferisce nel centralissimo quartiere madrileno di Fuente del Berro insieme alla figlioletta e ad Aitana, la ragazza alla pari che si occupa della bambina. Un po' sperduta per essere stata catapultata in una nuova realtà sconosciuta – e nettamente in possesso del più classico dei passati oscuri e misteriosi che la tormenta (livello: multipli passaporti bruciati di nascosto) – Gloria fatica ad adattarsi alla sua nuova, letargica situazione in questa zona sonnacchiosa e perbene della città. Fortunatamente, fa presto amicizia con altre tre donne del quartiere, tutte accomunate dal fatto di essere madri e di dover affrontare ogni giorno quel tipo di missione lì. Le cose sembrano andare finalmente per il meglio per Gloria, almeno finché il suo passato non torna a bussare alla porta, mettendo anche a rischio le sue nuove conoscenze. C'è del mistero, c'è del thriller! E c'è la possibilità di rendere il tutto ridicolo guardando la serie a velocità 1,25X e ascoltando i castigliani parlare a velocità supersonica.
Les papillons noirs (Francia, 2022)
dal 14/10/2022
Questo thriller barra polar, invece, è una co-produzione tra Netflix e il distributore franco-tedesco arte.tv, è già stato programmato in Francia a fine settembre ed è stato visto più di un milione e mezzo di volte nel giro dei primi 15 giorni dall'uscita. Davvero niente male. Altra cosa non male? Il 7 settembre, per lanciare la serie, è uscito in patria un romanzo che si chiama anch'esso Les papillons noirs (Le farfalle nere) è che non è mica il libro da cui è stata tratta la serie, bensì il romanzo che, dentro alla serie, viene scritto da uno dei protagonisti. Niente niente male. La mise en abyme, d'altronde, è una cosa così francese che se non la fanno i francesi al massimo la possono fare gli alsaziani, che tecnicamente sono comunque francesi anche se i tedeschi han sempre avuto da ridire. Ma una mise en abyme alsaziana suona meno preziosa di una parigina, ça va? Quella di Les papillons noirs è, in teoria, la storia dell'anziano Albert Desiderio, un nonnino che prima di tirare le cuoia decide di convocare il giovane scrittore Adrien Winckler – un 40enne tormentato, che in attesa dell'ispirazione sbarca il lunario romanzando su commissione le vite di illustri sconosciuti – per raccontargli la sua storia, con la promessa che verrà scritta e ricordata. Il racconto di Albert è ambientato fra gli anni '70 e '80, e ha per protagonista una coppia di serial killer che all'epoca imperversava impunita. Ci vuol poco, però, a capire che il signor Desiderio in realtà sta raccontando la sua grande storia d'amore, quella che l'ha legato, con passione criminale, all'anima gemella Solange. Ma davvero questi due ammazzavano la gente negli anni '70? E inoltre: cosa avete fatto a Solange? Lo so che l'ultima domanda non torna tanto, ma era anche l'unica occasione della vita per linkare su queste pagine il trailer
di uno dei film più mitologici del giallo/horror italiano anni '70.
Tutto chiede salvezza (Italia, 2022)
dal 14/10/2022
Prima di dire cose sulla serie, c'è una faccenda che non mi è troppo chiara. Tutto chiede salvezza è tratta dall'omonimo romanzo di Daniele Mencarelli, scrittore e poeta romano classe 1974. Tutto chiede salvezza si è fatto notare – da chi non l'ha letto, per carità – per essere stato finalista al Premio Strega del 2020; dove non ha ottenuto il premio principale, ma è stato insignito dell'ottima coccarda Premio Strega Giovani. Ora, secondo la calcolatrice sul mio smartphone e previa conferma da parte della mia ex professoressa di matematica del liceo (contattata perché qui si fa giornalismo d'inchiesta serio, con le fonti credibili), 2020 meno 1974 fa 46; e secondo altri calcoli molto scientifici che non sto qui a spiegarvi, 46 anni non è l'età di un giovane. Dunque immagino, spero, voglio convincermi che la dicitura Premio Strega Giovani sia riferita al fatto che in Tutto chiede salvezza si parli di ragazzi. Solo che, insomma, in ogni caso, consegnare a un uomo di 50 anni un premio che ha “Giovani” nella sua dicitura sembra proprio coerente con un paese dove sei un ragazzə di belle speranze almeno fino a 38 anni. Che meraviglia. Torniamo alla serie, che è stata prodotta da Netflix e consegnata nelle sapienti mani di Francesco Bruni, un super professionista che ha fatto lo sceneggiatore per vent'anni (Ferie d'agosto, Ovosodo, Caterina va in città, La felicità non costa niente, I Viceré, Il capitale umano) per poi debuttare alla regia con il valido Scialla! (Stai sereno). Tutto chiede salvezza ha anche un cast di quelli che ti fanno scorrere compiaciuto la pagina di IMDb dicendo Ehi, ma questo lo conosco! Il ruolo del protagonista se l'è preso il bravo ragazzo Federico Cesari (I Cesaroni e SKAM Italia), ma gli danno man forte (tra gli altri) anche Andrea Pennacchi, Carolina Crescentini, Filippo Nigro e Ricky Memphis nei panni di Pino l'infermiere (di gran lunga e a priori già il mio personaggio preferito). La storia è quella di Daniele, ventenne di grande sensibilità che una sera, dopo essere uscito con gli amici, ha una crisi nervosa così tremenda da fargli perdere coscienza e memoria della nottata. Si risveglia in un reparto psichiatrico, dove è stato portato dalla famiglia per essere sottoposto a Tso. Insieme a compagni di corsia, medici, infermieri, amici e famiglia, Daniele tenterà di navigare tra i marosi dei propri demoni, cercando di ri-scoprirsi e di affrontare il disagio di una post-adolescenza non particolarmente agile di questi tempi.
DISNEY+
Candy: Morte in Texas (Usa, 2022)
dal 12/10/2022
È arrivato il momento anche per Jessica Biel! Dopo essere sopravvissuta al culto di Settimo cielo (e alle brutte tendenze del suo babbo di finzione), dopo aver creato delle aspettative interessanti partecipando a Le regole dell'attrazione, dopo essere stata fregata da Hollywood facendosi scritturare per quell'imbarazzante es(c)empio di cinema che è stato Blade: Trinity e dopo essere finita in un mezzo dimenticatoio in cui sì, ogni tanto lavora, ma nessuno se la calcola particolarmente – respirone per riprendere fiato – finalmente è arrivato il suo turno per cambiarsi quasi del tutto i connotati (non Charlize Theron in Monster ma siamo su quella falsariga) e dimostrare ai suoi amici di Tinsel Town che anche lei sa recitare come si deve e si merita i premi e il riconoscimento. E non posso negare il fatto che adesso vi piaccio, come diceva Sally Fields ritirando il suo Oscar per Le stagioni del cuore. Non solo! In questa miniserie tratta da un fatto di cronaca, Biel si circonda di attori bravi – non famosi: bravi – come Melanie Lynskey (la mejo attrice della Nuova Zelanda), Timothy Simons (più celebre per il suo lato comico, vedi Veep), Pablo Schreiber (cresciuto alla scuola naturalistica di The Wire, seconda stagione) e Raúl Esparza (da circa vent'anni pilastro della scena di Broadway) per far vedere a tutti che anche lei è molto capace come interprete; e si mette al servizio di due giovini showrunner e sceneggiatori di belle speranze come Nick Antosca (già co-creatore di Al nuovo gusto di ciliegia) e Robin Veith (uno che si è fatto le ossa con Mad Men, mica The Lady). Dunque siamo nel Texas del 1980, grandi spazi e danaro che scorre ancora come se non ci dovessero essere mai più bolle speculative; c'è abbastanza benessere, insomma, per permettere alle vicine di casa Candy (Biel) e Betty (Lynskey) di passare la vita a fare le casalinghe disperate mentre i mariti portano a casa la pagnotta. Ma se Candy sembra il perfetto prototipo della timorata di dio entusiasta di ciò che il signore le ha regalato – un marito buono e simpatico e due bravi figlioletti – Betty invece soffre di un generico horror vacui (peggiorato dalla nascita del secondogenito) che non riesce bene a inquadrare, e quindi non può sistemare. C'è della tensione sotterranea fra le due; una tensione di quelle borghesi e benpensanti, di cui non si parla mai perché guai a confrontarsi e a risolvere le cose mettendo in piazza le proprie insicurezze e le proprie debolezze. Siamo americani. Siamo ricchi. Siamo i prescelti dall'unico vero dio. Non le facciamo certe cose. E niente, il tedio di una vita monotona e infelice finisce con il diventare troppo per entrambe. Solo che, da quello che ci racconta la cronaca, è Candy la prima a scoppiare: dà il via a una relazione clandestina con il marito di Betty e, non contenta, completa l'opera ammazzando la vicina a colpi di accetta. Son cose.
APPLE TV+
Shantaram (Usa, 2022)
dal 14/10/2022
Altro che Principi di Bel-Air che finiscono a dare gli schiaffoni agli Oscar, questa è la vera maxi-storia definitiva. Quella di un tizio australiano di nome Gregory David Roberts, classe 1952, artista rinascimentale d'altri tempi che prima dei trent'anni è stato in grado di spuntare le seguenti caselle di ragguardevolezza: fare tutta la trafila da vita borghese normotipo, laurearsi, sposarsi, figliare, divorziare, litigare con l'ex moglie, allontanarsi dalla figlia, deprimersi, diventare tossicodipendente, diventare infermiere da campo improvvisato per imparare ad aiutare i colleghi tossicodipendenti nei momenti di difficoltà, diventare rapinatore per finanziare la tossicodipendenza, essere arrestato in quanto rapinatore, essere condannato a dieci anni di carcere, evadere in pieno giorno, scappare trovandosi per caso (dice lui) a Mumbai, rimanerci per otto anni come gestore di una clinica medica in una baraccopoli, scriverci sopra un libro di 1200 pagine le cui due prime stesure sono andate perse chissà dove, ripetere. L'ultima voce dell'elenco potrebbe non essere vera; ma c'è da dire che Roberts, oltre all'autobiograficamente fantasioso Shantaram (pubblicato nel 2003) da cui è tratta questa serie, ha anche firmato un altro romanzo (L'ombra della montagna, 2015) che funziona da sequel ideale dell'esordio. In cui certamente non ripete le mattate di Shantaram, ma non penso nemmeno sia un libro in cui racconta di quando ha studiato per il concorso al catasto, ecco. Shantaram, la serie, promette bene non solo perché poggia sulle solide spalle dei gran soldoni di Apple Tv+, ma anche perché è scritta da gente che sa il fatto suo – il co-candidato all'Oscar per American Hustle Eric Warren Singer e l'esperto di serie (Hannibal, Narcos, The Punisher) Steve Lightfoot – ed è interpretata da uno come Charlie Hunnam, che ritorna in tv dopo le sette, intense stagioni di Sons of Anarchy.
Mi è semblato di vedele una selie (già vista)
NOW
Babylon Berlin (Germania, 2017) - quarta stagione dal 11/10/2022
Se i creativi e i produttori spagnoli hanno interpretato la recente esplosione globale del mercato televisivo come uno scatto, inondando il mercato dello streaming di più serie possibili e ribadendo il messaggio con una stagione nuova ogni sei mesi, i colleghi tedeschi hanno deciso di puntare sulla qualità piuttosto che sulla quantità. Babylon Berlin, la miglior serie finora uscita dalle (fertili, vedi Dark) fucine teutoniche, con la sua quarta stagione a due anni di distanza dalla terza e a ben cinque dalle prime due – o dalla prima divisa in due parti, se preferite. La cosa più affascinante della serie, noir scuro scuro ambientato a partire dal 1929 nella Berlino della Repubblica di Weimar, è la Storia, quella con l'iniziale maiuscola. Di lì a quattro anni, infatti, le sorti della futura Germania prenderanno l'infausta piega che conosciamo. Nel frattempo, però, seguiamo le vicende del poliziotto Gereon Rath, trasferito da Colonia a cercare informazioni per salvare la reputazione del sindaco della sua città, ricattato con un filmato compromettente. Scavando nei meandri del mistero, Rath scopre una cospirazione fra trotzkisti in fuga da Stalin e nostalgici del Kaiser che progettano di ribellarsi alle umiliazioni subite con il Trattato di Versailles alla fine della Prima guerra mondiale. Dice, qualcuno di più preparato, che dal finale di questa serie non è il caso di aspettarsi un E vissero felici e contenti.
DISNEY+
Cambio di direzione (Usa, 2021) - seconda stagione dal 12/10/2022
Un po' Ted Lasso e un po’ Gene Hackman in Colpo vincente, con un allenatore di faccende sportive che si trova sradicato dalla sua comfort zone e trapiantato in un ambiente che non conosce e non sa come gestire. Un po' l'archetipo da manga giapponese per ragazzi, quello della testa calda fuori controllo che trova (nei modi e nei luoghi più inaspettati) la condizione ideale per trasformarsi da figura distruttiva a personaggio costruttivo. La nuova serie sportiva per ragazzi di Disney+ prende ispirazione da un po' tutto il meglio del genere – compresa la grande tradizione presente nel suo stesso catalogo – e ci spolvera sopra un gran quantitativo di John Stamos, veterano della sitcom sin dai gloriosi tempi (a cavallo fra anni '80 e '90) di Gli amici di papà. Qua la struttura narrativa seriale è molto più costruita e meno situazionale, ingegnerizzata in laboratorio da due super professionisti come David E. Kelley (già creatore di cose come Ally McBeal e Big Little Lies) e Dean Lorey (già sceneggiatore di cose buffe come Arrested Development e Tutto in famiglia); il tutto a partire da un soggetto del simpatico lungagnone Brad Garrett, quel comico dalla voce profonda che faceva il migliore amico del protagonista in Tutti amano Raymond. La storia è quella di un John Stamos nei panni di Marvyn, coach che nel mondo del basket collegiale è tanto leggendario per i suoi talenti tecnici, quanto famigerato per un temperamento giudicato incontrollabile. Rimasto per l'ennesima volta senza panchina, coach Marvyn viene chiamato ad allenare la squadra femminile di un liceo californiano d'élite. Ci saranno incomprensioni, scontri generazionali, malintesi, litigi, pianti, corbellerie, buoni sentimenti, lacrime di gioia e, se fate i bravi e mangiate le verdure, forse anche il gelato.
LIONSGATE+ (ex STARZPLAY)
Step Up (Usa, 2018) - terza stagione dal 16/10/2022
Qua non si guarda nessuno dall'alto al basso, sia ben chiaro. Anzi. A essere sinceri sono stato uno dei primi e pochi pistola a credere che anche in Italia le webserie avrebbero fatto il loro mestiere e sarebbero diventate parte integrante del panorama neo-televisivo. È stato in parte vero, ma solo se metti in rubrica come webserie tutte le cose prodotte da Netflix, PrimeVideo, Apple Tv+ e via discorrendo. Che non è la stessa cosa di immaginare l'ambito delle webserie come un laboratorio democratico e meritocratico che permette di emergere dal basso alla faccia dei grandi produttori/distributori. Quindi, si diceva, qua non si osserva nessuno con condiscendenza. Abbiamo, per esempio, voluto un sacco di bene alla saga autoprodotta The Benza, una delle cose più fuori di testa e irricevibili (da tanto è matta) realizzate negli ultimi anni. Eppure devo ammettere che se una serie la produce e la distribuisce YouTube Red, con la certezza che rimarrà fondamentalmente non vista, qualche dubbio di pregiudizio sul prodotto in questione me lo pongo – anche se esistono delle eccezioni: le prime due stagioni di Cobra Kai (prima di essere promossa su Netflix) hanno avuto la medesima produzione/distribuzione e sono state eccellenti. Oltretutto la serie che si basa sui film Step Up – quella saga di ballerini rappusi che andava forte a metà degli anni 2000, che ha lanciato nella stratosfera la carriera (e il collo taurino) di Channing Tatum e che in Francia è stata intitolata Sexy Dance perché i francesi sono sempre i soliti idioti – prima di essere riesumata (per iniziativa di Lionsgate/StarzPlay) dagli archivi di YouTube Red (e quindi Premium) è rimasta tre anni in ibernazione (la seconda stagione risale al 2019), che se ci pensi non è un grande affare per una serie ambientata in un’accademia di danza con giovani protagonisti che ormai, a questo punto, avranno anche i loro bei problemi di sciatica. Vabbè che siamo abituati a Beverly Hills 90210 e Dawson's Creek, dove scritturavano sistematicamente 35enni con la ricrescita ispida per interpretare adolescenti piagnucolosi. Però. In ogni caso torna la serie ispirata alla saga danzerina hip-hop Step Up – a sua volta imbastardimento di Saranno famosi – che continua a raccontare le mirabolanti avventure (sul palco e non) di una manica di ballerini di belle speranze (capitanati dalle gemelle diverse Janelle e Tal, forestiere che vengono dalla provincia) sopra e sotto quel palco che dà tante soddisfazioni, ma fa anche tanto penare. Ah, signora mia, se fa penare quel palco.
Da (meno) 5 scatolette di pelati a (più) 5 avocado, un voto a settimana per una serie presentata in questa newsletter (in questo numero o in passato).
Cyberpunk: Edgerunners (Netflix) 🥑
Un avocado non troppo striminzito a Cyberpunk: Edgerunners. Che ho un amico il quale tendenzialmente guarda solo anime – non so perché, non gliel'ho mai chiesto, suppongo sia perché 20 anni fa ha visto Evangelion, come tutti non ci ha capito nulla e da allora gli è rimasta la fissa – e mi conferma che Cyberpunk: Edgerunners è ok. Tratto da un videogioco che aveva dentro Keanu Reeves (Cyberpunk 2077), a sua volta adattamento di un gioco di ruolo da tavola americano creato alla fine degli anni '80, Edgerunners trasporta il cyberpunk (inteso come genere, quello di Gibson) sullo scheletro di un videogioco di ruolo (tutorial, punti esperienza che alzano il potere di combattimento, migliorie nell'equipaggiamento, missioni secondarie, boss finale) che calza alla perfezione con lo spirito originale dell'universo narrativo a cui si lega. Il tutto immerso in un'atmosfera semi-nichilista e disumanizzante che rimanda ad Akira (e non a Ghost in the Shell, strano) senza avere il coraggio di lasciare il buco nero aperto, preferendo una risoluzione più consolatoria. Va bene così. Ci si diverte abbastanza, e i dieci episodi filano via con un certo garbo.
Extra
Qualche notizia dal mondo delle serie.
Il pilota VPN: Sherwood
Il primo di diciassette libri
Accanto a Sheila
Era Cristopher Lee
Sorelle cattive dopo i 50 anni
Le serie a Berlino
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L’animazione è diversa