Fuori le serie! 🛋️ #122: Dateci il biopic di quando David Hasselhoff ha riunito le due Germanie

Fuori le serie!
- di Nicola Cupperi -
#122 - Dateci il biopic di quando David Hasselhoff ha riunito le due Germanie
Ciao ,
questa è Fuori le serie!, la newsletter di Film Tv che ti segnala tutte le serie che partono, tornano o ricominciano in streaming ogni settimana.
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Scegliete la morte tricologica a cui preferite soccombere: il baffo stropicciato di Will Arnett in Murderville, o il violento mullet di Seth Rogen in Pam & Tommy?
Prime stagioni di livello
NETFLIX
Murderville (Usa, 2022)
dal 03/02/2022

Murderville è uno spasso. Sul serio. È la cosa più stupida (nel senso migliore) e divertente che possiate guardare oggi. E poi consigliare a qualcuno per poterla riguardare insieme. E poi rifarla a casa con quelli che l'hanno guardata insieme a te. E poi farsi prendere dall'entusiasmo e portare l'idea al teatro parrocchiale per fare un esperimento una tantum a una serata di beneficenza. E poi vedere che l'esperimento ha successo e potrebbe diventare un tour nazionale. E poi essere contattati da Amadeus per Sanremo 2023 e insistere per chiamare Will Arnett come ospite e chiudere finalmente il più incredibile cerchio nella storia dello spettacolo. Murderville – e con lei, a maggior ragione, pure la serie inglese intitolata Murder in Successville da cui è tratta – è anche un prodotto di intrattenimento piuttosto sagace, visto che prende una semplice idea da villaggio vacanze e la raffina all'ennesima potenza, purificandola di tutto il trash e rimanendo con il succo fondamentale: chi sta sul palco è alla stessa altezza del pubblico, ergo se chi sta sul palco si diverte allora anche il pubblico si diverte. Il quid della faccenda è che esiste una cornice poliziesca in cui Will Arnett interpreta il baffuto e sfigatissimo detective della omicidi Terry Seattle; in ogni puntata al detective Seattle viene assegnato un nuovo partner, che è sempre una celebrità nei panni di se stessə. Insieme indagheranno sull'omicidio del giorno, tenendo presente che Arnett e tutto il resto del set seguono una sceneggiatura che alla guest star di turno non è stata fornita, lasciandolə in balia dell'improvvisazione; condizione peggiorata dal talento di Arnett nell'entrare in ogni stanza e riuscire a essere sempre e comunque la persona più idiota ma allo stesso tempo con la faccia più convinta. C'è anche del mistero eh! E con esso alcuni enigmi. Niente di trascendentale, ma utile a mantenere la tensione. Ogni puntata ha tre sospetti, e alla fine dell'episodio l'ospite deve svelare il colpevole in base ai dettagli raccolti durante una difficoltosa indagine passata a schivare le idiozie di Terry Seattle.
DISNEY+
Pam & Tommy (Usa, 2022)
dal 02/02/2022

Mamma mia quanto ci piacciono queste cose agli americani. Attori bravi che imitano con metodo e senza scimmiottamenti gente famosa realmente esistita (meglio ancora se tuttora esistente) alle prese con famigerati fattacci e/o storie di cronaca e/o faccende giudiziarie di alto profilo. Che in pratica sarebbe la versione appena appena meno scansafatiche di remake e sequel: abbiamo bisogno di una serie tv, invece di provare un'idea nuova facciamo che mandiamo gli stagisti su Google a scovare qualcosa di succoso successo più di vent'anni fa e poi ci pensano i professionisti a ri-raccontarlo in maniera interessante. Et voilà, abbiamo in canna un prodotto che ha già creato dell'interesse prima ancora di essere pronto. Questa volta tocca a Pamela Anderson e Tommy Lee, che nella seconda metà degli anni 90 hanno messo a ferro e fuoco Hollywood con un matrimonio di quelli che i vicini di casa si ricordano a vita. Di quelli che se sei stato invitato alla prima cerimonia attenzione, che quasi sicuramente verrai invitato anche tutte le volte che si ri-sposano dopo aver litigato lanciandosi i gatti ed è meglio se valuti bene il tuo budget regali. Se non avevate internet nel 1997 – o se l'avevate ma a mancare era, giustamente, la pazienza per star dietro a un modem 56k – ripassiamo insieme: Pamela Anderson era una giovane donna canadese divenuta celebre per le corse sulla spiaggia in Baywatch e per essere stata il vero apice dello spirito anni 90 e quindi dell'oggettificazione sessuale. Tommy Lee era uno spaventapasseri con una cassa di Ouzo al posto del cervello, rockstar dura e pura dalla radice dei brutti capelli fino alla punta di un notevole pisello, fondatore dei Mötley Crüe e persona genericamente antipatica. È d'accordo con la descrizione anche Rand Gauthier, falegname pusillanime anch'egli realmente esistito, che nel '97 non viene pagato per il suo lavoro in casa dei neo-piccioncini Pam & Tommy, e quindi decide di auto-proclamarsi karma prendendosi il dovuto compenso sotto forma di una cassaforte sgraffignata nottetempo in casa Anderson-Lee. La refurtiva comprende anche una videocassetta con il filmino del recente viaggio di nozze della coppia fumantina; mediometraggio celebre in tutto il mondo per essere diventato il primo sex tape nella giovane storia dell'internet commerciale. La serie scavalca più di qualche riga – c'è il pene di Tommy Lee che parla con la voce di Jason Mantzoukas. E c'è Seth Rogen falegname ex pornoattore con il mullet e i pinocchietti in jeans. E Nick Offerman hippie scaduto magnate del porno – per raccontare coerentemente la storia esagerata di una coppia esagerata che è scoppiata in maniera esagerata.
PRIME VIDEO
Reacher (Usa, 2022)
dal 04/02/2022

Cioè. Fateci capire. Stiamo parlando dello stesso Jack Reacher? Quello già interpretato da Tom Cruise nel 2012 (e poi in un sequel del 2016 che non interessa a nessuno) in un film scritto e diretto dal premio Oscar Christopher McQuarrie? Quello stesso film in cui c'erano anche Robert Duvall e Richard Jenkins? Quel thriller in cui il cattivo era interpretato da, rigorosamente tutto maiuscolo, WERNER HERZOG? Scusate, ma la domanda è seria: se devi realizzare un thriller action, sulla carta cosa puoi fare più di A) avere Tom Cruise come protagonista (esperienza, professionalità e contatti con un ottimo catering) B) convincere uno sceneggiatore premio Oscar (per I soliti sospetti eh, non ciufoli) e soprattutto C) scritturare inspiegabilmente WERNER HERZOG nei panni di un cattivo ovviamente con accento tedesco (la faccenda si spiega da sola)? Vuoi il sangue per caso? Non è mica la Garelli. Eppure lo scontento Lee Child, prolifico scrittore britannico che ha firmato i (sinora) 27 romanzi della serie di Jack Reacher (una sorta di miscuglio tra La signora in giallo e Rambo), non ci ha pensato un secondo a mollare la neonata saga cinematografica al primo rinnovo contrattuale disponibile e a firmare con Paramount Television e Prime Video per un reboot televisivo del personaggio. E tutto questo a causa della medesima ragione che costringe Tom Cruise a cercare moglie tramite i ricatti di Scientology: non la sua vita segreta nell'armadio, bensì la sua altezza. Registrato ufficialmente come 1 metro e settantamidàtanto io allora sono due metri e alquanto, Cruise si è imposto nel ruolo di Reacher con la stessa forza di volontà e lo stesso spregio per la realtà fenomenica che, per anni, lo ha spinto a non rinunciare a dare il bacio della buonanotte a Nicole Kidman, in punta di piedi e su un podietto agilmente posizionato dal suo assistente personale. Il protagonista dei libri di Child, però, si caratterizza per un fisico imponente e un'altezza da sacripante (1 metro e 96), rendendo le sue avventure da signora Fletcher degli ex militari diventati vagabondi ancora più divertenti e improbabili. Quindi Cruise è stato liquidato da Child in persona – «Mi è piaciuto molto lavorare con lui. È una gran brava persona e ci siamo divertiti molto. Ma alla fine hanno ragione i lettori. La stazza di Reacher è una componente molto, molto importante del suo essere...» – ed è stato sostituito con un inutile manzo biondo americano che si chiama Alan Ritchson e che ha interpretato: Aquaman in Smallville e Raffaello in Tartarughe Ninja e relativo sequel. Scusate, ma non posso proprio guardare con occhi neutrali una serie che mi fa fare il tifo per Tom Cruise.
APPLE TV+
Suspicion (Gb, 2022)
dal 04/02/2022

Non si può nemmen dire che sia l'esordio seriale di Uma Thurman. Anche se, nel caso in cui anche questo Suspicion si rivelasse del sano pattume fumante, potrebbe rivelarsi una buona occasione per rivalutare le capacità di giudizio dell'agente di Uma Thurman per quanto riguarda i copioni televisivi – Smash: ok, ma in realtà anche no e poi Thurman è apparsa troppo poco; The Slap: boh, forse è la cosa meno peggio che è riuscita a fare; Imposters: maccosa?; e infine Chambers: cassato dopo una sola stagione, da Netflix, fate voi. Quindi la cosa più interessante che rimane da segnalare di Suspicion è che si tratta della centordicesima serie israeliana che viene adattata all'acqua di rose da una produzione anglofona. False Flag era un thriller politico tutto pieno d'ansia in cui cinque, all'apparenza normalissimi, cittadini d'Israele venivano accusati di aver rapito il ministro della difesa iraniano in visita informale a Mosca. Come passare da zero a un milione di miliardi nel giro di un secondo. Cioè, una mattina stai facendo colazione e tra le cispe degli occhi riesci a intravedere un telegiornale in cui ti dicono che hai contribuito a rapire, torturare e uccidere il ministro di uno stato canaglia, in visita nel paese meno accogliente e più pericoloso dai tempi del Giappone feudale. Che poi, non per dire, ma rimane comunque, in media, un lunedì mattina migliore rispetto a quelli di tanti palestinesi. Fatto sta che dalle premesse di questo remake britannico (ma ambiento a New York) con Uma Thurman protagonista (ma nel ruolo un po' defilato della potentissima magnate delle telecomunicazioni mamma del rapito) sembra sia stato mondato tutto quel discorso geo-politico che a noi spettatori occidentali alla fine non interessa più di tanto, abbiamo smesso di imparare cose guardando la televisione da almeno dieci anni, lasciateci in pace e intratteneteci senza rompere ulteriormente le palle per cortesia. Grazie. Toh, c'è anche Kunal Nayyar nei panni di uno dei sospettati. È l'attore che faceva Koothrappali in The Big Bang Theory, ma si è fatto crescere la barba quindi adesso è serio. Al momento sembra la cosa più interessante della serie.
STARZPLAY
Power Book IV: Force (Usa, 2022)
dal 06/02/2022

C'era una volta Power. Nel senso che esiste ancora, solo che è finita due anni fa con la sua sesta e ultima stagione. Power è stata prodotta e creata da Curtis James Jackson III – l'artista precedentemente noto come 50 Cent – e ha raccontato la convoluta storia di Ghost: un trafficante di droga (con l'animo dell'imprenditore) un po' stufo della sua vita da gangster, tanto da progettare di sfruttare come ponte il suo nightclub, aperto come attività lecita attraverso cui riciclare il denaro sporco, e passare gradualmente da una vita illegale e rischiosa a una fatta di tasse pagate in anticipo e comunque un sacco di donnine nude. Attorno a lui, nei 63 episodi della serie, si alternavano uno sproposito di personaggi secondari impossibili da approfondire, fra cui spiccavano l'amico di infanzia e socio in affari Tommy, che spinge per non rinunciare ai bei soldi facili della droga, la moglie (poi ex) Tasha, e l'amica d'infanzia barra amante barra procuratore federale incaricata delle indagini su Ghost, Angela. Il fatto è che Power voleva un sacco essere un'epica gangster profonda e adulta a proposito del potere e di quanto averlo o non averlo influisca sui comportamenti umani; ma poi è finita per essere talmente tanto l'ennesima versione superficiale di alcuni dei cliché più abusati nel genere gangster (per carità, ben conciati in una confezione di pregevole fattura), che una volta terminata ha pensato bene di prendere tutti gli archetipi che mancavano all'appello e ci ha costruito sopra altrettanti spin-off. Prima, in Power Book II: Ghost, era toccato al figliolo del boss, Tariq; uno che all'inizio non era mica tanto d'accordo con gli affari loschi del babbo ma poi ha capito che, per il bene della famiglia, doveva accettare l'eredità paterna. Poi è stata la volta di Power Book III: Raising Kanan, spin-off prequel che raccontava l'infanzia del mentore di Ghost, poi inaciditosi in temibile rivale. Oggi è l'inevitabile turno di Power Book IV: Force, incentrata sul personaggio di Tommy, sulla sua fuga da New York dopo la fine della serie principale, e sulla sua nuova vita a Chicago, ironicamente alle prese con vecchi fantasmi. Vagamente indispensabile per gli amanti di Power, anche se immagino che la moltiplicazione dei pani e dei pesci cominci a stufare anche loro; un po' meno per tutti gli altri.

Seconde stagioni che invece non si capisce come mai siano state prodotte, ma proprio non se ne viene a capo. Non è che qualcuno ha in mano delle foto compromettenti di qualche dirigente Netflix?
NETFLIX
Dion (Usa, 2019)
seconda stagione dal 02/02/2022
Nell'universo parallelo di cinema e tv, quando sei un bimbino e tuo padre o tua madre sono astronauti e/o scienziati di caratura mondiale alle prese con misteriosi progetti top secret, sai già in partenza che nella tua vita non potrà capitarti niente di buono. Il piccolo Dion, ottenne con tutti i crismi capricciosi del caso, non fa eccezione. Apparentemente il suo babbo scienziato anche se non astronauta Michael B. Jordan (produttore della serie e presenza fantasmatica), è finito tragicamente morto ammazzato in circostanze che puzzano quantomeno di losco. Cosa ci faceva a New Orleans uno che vive e lavora ad Atlanta? Chi era la donna che ha salvato a sprezzo della vita? Il piccoletto cresce, con tutte le difficoltà del caso, insieme alla mamma Nicole, ex ballerina che si sta ancora abituando al mestiere di mamma e, perché no, alla vedovanza. E nonostante qualche sfiga di troppo e alcuni inciampi, tutto sembra proseguire a un livello accettabile di serenità; almeno fino a quando Dion non comincia a manifestare un variegato portfolio di superpoteri: teletrasporto telecinesi controllo dei fulmini e tutte quelle altre cose che si fanno agitando le mani e aspettando che la computer grafica in post-produzione faccia il suo corso. Al governo degli Stati Uniti d'America sale immantinente la fregola e parte la rincorsa ai talenti del bimbo. Poi di mezzo c'è anche una dubbia multinazionale che si chiama BIONA, tutto in maiuscolo, e la situazione cattivi mi sembra abbastanza chiara qua.
Oscuro desiderio (Messico, 2020)
seconda stagione dal 02/02/2022
Oscuro desiderio è stata torbidamente concepita e partorita in tempi di quarantena, oh tremenda quarantena. Ed è quello che succede a una serie quando quelle persone che si imbarazzano anche solo a sentire la parola masturbazione sono costrette alla noia definitiva da questa nuova realtà semi-post-apocalittica, che non sai mai quando ti regalerà un nuovo isolamento e allora per comodità facciamo che mi porto avanti e non esco direttamente più. Per sfogare gli istinti repressi, aggirando le regole imposte dalle sacre scritture e dalla pudicizia, le persone che si imbarazzano di cui sopra hanno deciso tutte insieme di sfogarsi su Netflix, con l'ausilio di titoli maleodoranti come il thriller erotico polacco 365 giorni. Al livello di 50 sfumature di grigio, solo un po' tanto peggio. Ma le visualizzazioni, con la stessa arroganza della lira ai tempi di Carcarlo Pravettoni, si impennano; e il mercato è rapido a soddisfare la domanda del pubblico. Quanto è rapido il mercato? Tanto quanto Darío è abile a soddisfare la domanda di Alma; e la domanda di Alma è sempre “Darío, vuoi farmi all'amore?”. Ma nel frattempo la migliore amica di Alma è morta, forse di omicidio (¡Dios mío!), e sul misterioso trapasso ci sta indagando su Esteban, il cui fratello Leonardo è ossessionato dal desiderio, rigorosamente turgido e bruciante, di conoscere biblicamente Alma, la quale invece vorrebbe ripassare il Pentateuco solo con quel malandrino di Darío. Sono altri quindici episodi, dopo i diciotto oscuri desideri della prima stagione, di copulazioni laccate, depilate e sdentate, fotografate come uno spot di Dolce & Gabbana, inframezzate ogni tanto da gente vestita che porta avanti la trama di una soap opera thriller scritta con i piedi. Più che imperdibile: necessario.
Il colore delle magnolie (Usa, 2020)
seconda stagione dal 04/02/2022
Qua non siamo tanto dalle parti delle magnolie in cui piovono rane del cielo e Tom Cruise tutto intenso che fa discorsi motivazionali fasciato in un panciotto di pelle. Siamo più dalle parti delle magnolie di Fiori d'acciaio, donne del sud tratte da un dramma teatrale che si sostengono e spettegolano, non necessariamente in quest'ordine. A quanto pare, gli ultimi anni sono stati buoni per le magnolie, che si sono addolcite nel titolo originale di questo telefilm (Sweet Magnolias) che è la tazza da tè perfetta per tutt* quell* che trovano rassicurante e stimolante quella combinazione lì di storie tutte al femminile, accenti del Sud degli Stati Uniti e in generale un'atmosfera di cordiale ospitalità, canottiere sudate e grandi guerre civili per mantenere viva la tradizione della schiavitù. Il colore delle magnolie è ambientata nella Carolina del Sud ed è una serie tratta da un ciclo di libri rosa firmati da Sherryl Woods – gran sultana: autrice di più di 110 romanzi, di cui un decimo appartengono al ciclo da cui è tratto questo fotoromanzo a pedali. Si deduceva che la serie tv fosse tratta da una lunga sequela di libri dal fatto che il primo episodio introduceva qualcosa come quindici storie diverse, tutte da seguire nel corso della stagione. Le vicende ruotano attorno a tre donne che, oltrepassati i trenta, continuano a tenere fede alla promessa liceale di essere migliori amiche del cuore forever and ever. Al momento stanno affrontando una scocciatura notevole: il marito di una delle tre ha tradito la moglie con la sorella minore di Britney Spears e ci è scappato anche l'ingravidamento accidentale! Son cose. Un consiglio per una visione lisergica di gruppo: provate a guardare solo il primo e l'ultimo episodio di ogni stagione, sbizzarritevi a riempire i vuoti (avete lasciato Jamie Lynn Spears infermiera amante incinta e la ritrovate partigiana ucraina al confine con la Russia: cos'è successo in mezzo?) e poi controllate chi è andato più vicino alla vera trama.
- questa rubrica settimanale esce il venerdì per consigliarti come distruggerti di binge watching intensivo durante il fine settimana -

Da (meno) 5 scatolette di pelati a (più) 5 avocado, un voto a settimana per una serie presentata in questa newsletter (in questo numero o in passato).

Mr. Mayor (NOW)
Tre avocado a Mr. Mayor. Perché quando scrivono qualcosa Tina Fey e Robert Carlock (30 Rock e Unbreakable Kimmy Schmidt) non vedo validi motivi per non prestare attenzione. Poi c'è Ted Danson che pare divertirsi come se gli avessero appena regalato l'abbonamento all you can smoke a vita in un negozio di cannabis. L'inghippo sulla via di una sitcom di vero culto, però, sta nella premessa, che recita più o meno: “E se Donald Trump fosse stato uno dei nostri? Nel senso: e se un fessacchiotto inetto prestato per tutti i motivi sbagliati alla politica ed eletto a una carica fondamentale fosse un liberale democratico progressista, ovvero dalla parte giusta e delle forze del bene?”. Ed è una delle premesse più ombelicali mai sfornate da Hollywood. E per quanto l'ombelico di Hollywood sia bello, depilato, profumato perfettamente pulito e appena tirato a lucido da un ritocchino, rimane pur sempre un cacchio di ombelico.

Non c'è nulla che ti convince, tra le serie di questa settimana? Prova una S01! Una prima stagione da recuperare nel weekend. Questa settimana...

[NOW]
A qualche minuto dall’inizio di ogni episodio di I Hate Suzie, durante la brevissima comparsa dei titoli di testa, sui nomi delle creatrici Lucy Prebble e Billie Piper, si sente un suono inconfondibile: quello di qualcosa che rumorosamente va in frantumi. È facile: è ciò che succede alla protagonista Suzie Pickles - ex popstar adolescente post vittoria di un talent, ex stella dell’universo nerd grazie alla parte in un celebre show sci-fi, ora, a 36 anni, attrice televisiva di media fama, star di uno show su nazisti zombie, sul punto di svoltare nuovamente grazie all’offerta dalla Disney del ruolo di “principessa in via d’invecchiamento” - quando qualcuno “hackera” il suo telefono e distribuisce al mondo foto in cui fa sesso con un uomo che indubbiamente non è suo marito accanto a un comodino ricoperto di inconfondibile polvere bianca. Va in pezzi, Suzie, ma bastano poche scene del primo iper claustrofobico episodio per accorgerci che le crepe c’erano già tutte ben prima dell’evento detonante: nella sua vita privata - apparentemente serena e “normale”, in un casolare della campagna inglese, con il marito professore paternalista e l’amato figlioletto sordo - e in quella pubblica - un livello di celebrità che non ha mai ri-sfiorato le vette dei primi tempi, un narcisismo mascherato da una patologica volontà di farsi amare da chiunque, un corpo che per gli standard dello showbiz è già condannato all’invisibilità. L’hanno costruita insieme, I Hate Suzie, l’attrice Piper e la sceneggiatrice Prebble (Succession), grandi amiche fin dall’incontro sul set di Diario di una squillo perbene: rimando con l’autobiografia (a 15 anni Piper è stata la più giovane cantante britannica a piazzare una hit al n. 1; a 21 ha ottenuto l’ambito ruolo della companion Rose nella nuova iterazione di Doctor Who) e cogliendo l’universale, scompongono la crisi di Suzie in otto schegge narrative che hanno i nomi di otto presunte fasi del lutto (“shock”, “negazione”, “paura”, “vergogna”, “contrattazione”, “colpa”, “rabbia”, “accettazione”) e il sapore di altrettanti generi e/o stili, come fossero ognuno un piccolo corto indipendente, se non autoconcluso. Dall’horror al dramma familiare, dalla commedia grottesca alla satira sociale (come BoJack Horseman il ritratto implacabile del mondo dell’intrattenimento è uno specchio scuro in cui riflettere una contemporaneità ossessionata dalla performance), tra intuizioni visive efficaci (la foto fatale ricostruita ed esaminata come una scena del crimine) e sperimentazioni a tratti di un’audacia sorprendente (il quarto episodio, tutto incentrato su una lunga seduta di masturbazione, e che è infatti fondamentale per interpretare il collegamento irrisolto tra identità e desiderio di Suzie). A dispetto del titolo, del pessimo carattere, dell’infallibile abilità d’impilare scelte sbagliate, è impossibile odiare Suzie; e allo stesso modo, a dispetto della molteplicità di idee, prospettive e linguaggi, della profondità prismatica con cui le autrici (con noi) la osservano, è impossibile dire di conoscerla davvero. Lei stessa ha ancora un’infinità di frammenti da esplorare.
ALICE CUCCHETTI
[pubblicata su Film Tv n° 29/2021]
EXTRA
Pilota è un podcast sulle serie tv realizzato da Alice Alessandri, Alice Cucchetti e Andrea Di Lecce grazie alla piattaforma Querty. Abbiamo pensato di riascoltarlo dall'inizio insieme ai lettori di questa newsletter, proponendone un episodio ogni settimana.
Pilota 5X06 - Proprio mentre sta per uscire la serie di Shonda Rhimes che racconta la vicenda di Anna Sorokin, Inventing Anna, con Julia Garner, ripeschiamo quest'episodio di Pilota tutto incentrato su Shonda e la sua Shondaland. - CLICCA QUI E ASCOLTA L'EPISODIO.
Qualche notizia dal mondo delle serie.
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