Fuori le serie! - #108: Cose migliori
Fuori le serie!
- di Nicola Cupperi -
#108 - Cose migliori
Ciao ,
questa è Fuori le serie!, la newsletter di Film Tv che ti segnala tutte le serie che partono, tornano o ricominciano in streaming ogni settimana.
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È la settimana in cui arriva in Italia, finalmente, Better Things. Quindi sapete cosa fare. Nel caso c'è anche la nuova stagione di On My Block, che fa sempre la sua ottima figura.
NETFLIX
Gatte per magia (Usa, 2021)
dal 01/10/2021
La gente ride e scherza e fa finta di niente parlando di pannolini o di dubbi pedagogici, di educazione o di ore di sonno perdute e mai più ritrovate, di pazienza o di scomparsa della sfera privata. Ma non serve mica essere la Montessori per sapere che la cosa più difficile di quando si diventa genitori è quella di trovare il Sacro Graal: il prodotto audiovisivo che ipnotizza i tuoi bambini senza educarli a Satana o farli morire di convulsioni, e allo stesso tempo è in grado di non farti pentire di essere natoaə e/o di aver deciso di figliare. Il Sacro Graal dell'intrattenimento per grandi e piccini non è ancora stato trovato, coerentemente con il nome che gli è stato assegnato. C'è andato abbastanza vicino Dora l'esploratrice, ma si è poi scoperto che (a sorpresa) ci sono alcuni genitori che hanno un livello di inglese più alto della terza elementare. Anche I Goonies ci sono andati pericolosamente vicini, ma non può essere solo una faccenda mono-generazionale: se fai vedere quel film qui adesso, rischi di triggerare tutti i pre-adolescenti woke del mondo. Nemmeno Gatte per magia è il Sacro Graal dell'intrattenimento per grandi e piccini, nonostante delle piccole protagoniste 12enni non eccessivamente fastidiose, e nonostante un discreto uso dei (non clamorosi) mezzi a disposizione. La storia è quella di Willa Ward, che il giorno del suo dodicesimo compleanno riceve dal babbo – che, per inciso, è il proprietario del negozio di dolci della città. Ingiusto. – l'amuleto che apparteneva alla madre scomparsa. Il pendaglio a forma di testa di gatto sembra nascondere un mistero, un mistero abbastanza misterioso da coinvolgere un ratto parlante e delle scope volanti. Ebbene sì: la mamma di Willa era una strega, e due delle sue ex colleghe vorrebbero mettere le loro manacce presumibilmente artritiche sull'amuleto. Succedono cose, le bambine continuano a emettere urletti, gli adulti sono rimbambiti e la magia esiste solo se ci credi veramente.
On My Block (Usa, 2018)
quarta stagione dal 04/10/2021
Ogni grande civilizzazione si è portata appresso un culto da imporre per cementare la propria leadership. I romani hanno prima rubato ai greci, poi hanno perfezionato il cristianesimo. La complessità tribale araba ha portato l'Islam. I cinesi si aggrappano a Confucio da più di duemila anni – e Confucio sono 1500 anni che chiede di avere un po' più di spazio. Gli americani, invece e da par loro, hanno inventato la televisione. E l'ostia avvelenata del loro culto è sempre stata incarnata dalle serie per adolescenti. Mefitico pattume tutto uguale, tanto rassicurante quanto sdentato, tanto prevedibile quanto reazionario: il cliché seriale del liceale americano è diventato pervasivo e stucchevole, tanto da far gridare giustamente al miracolo quando appare qualcosa di diverso (Friday Night Lights). Ecco perché è così super complicato trovare una serie come On My Block, a cui andrebbe data una possibilità per svariati motivi. Primo perché affronta senza stupidera inutile né troppa retorica quell'età e tratta quell'ambiente, il liceo pubblico americano, come parte di un microcosmo più complesso (il quartiere del titolo) e di situazioni più sfaccettate. Secondo, perché sceglie i suoi protagonisti fra le minoranze e così facendo racconta indirettamente una cosa vera: il segregazionismo – specialmente nelle scuole ma, più in grande, si parla anche di intere zone di grandi città (qui siamo a Los Angeles) – in America (e non solo) esiste ancora, anche se non è più sancito dalla legge ma solo da una prassi di ghettizzazione economica che, quella sì, tende ancora a essere apertamente razzista. A popolare la storia di On My Block è il gruppo di regaz formato da Monse, leader maschiaccia di origini afro-latine e cresciuta da un padre single; il suo migliore amico poi amante tradente Cesar, costretto dal fratello ex galeotto a intraprendere la vita da gangster; il genietto messicano Ruby, coscienza ossessivo compulsiva del gruppo; e infine il nerd Jamal, istrionico e nevrotico complottista paranoico. Terzo e ultimo: perché ogni stagione sembra finire con il più maledetto dei cliffhanger, dal momento che questi quattro scappati di casa continuano a trovarsi invischiati in faccende da gang che evidentemente non riescono a gestire.
Il codice da un miliardo di dollari (Germania, 2021)
dal 07/10/2021
Siete pronti? State per sperimentare uno di quegli emozionanti momenti di svelamento, quando interviene una nuova informazione a correggerne una precedente ridando nuova vita a un concetto. Tipo quando a Newton è cascata in testa la mela e ha cominciato a pensare alla gravità, solo più stupido e inutile. Più sul livello di quando avete scoperto che il “donato” del proverbio non era il nome proprio del cavallo; o come quando avete saputo che le patatine fritte non sono francesi come pensano gli americani, bensì belghe. Tenetevi forte. Google Earth non se l'è inventato Google, ma è un software basato su un codice creato da due giovani programmatori tedeschi ben 11 anni prima del lancio della versione che conosciamo e utilizziamo. Phew. La rivelazione è andata. Che passione. La storia vera riguarda gli inventori di Terra Vision (che i tedeschi non pronunziano all'inglese, ma come se fossero di Rovigo: terravisiòn), un programma che già nel 1994 permetteva di fare quello che Google Earth avrebbe reso accessibile a tutti solo nel 2005: cercare la più recente foto satellitare della casa del tuo ex sperando che, una volta per tutte, un fulmine se la sia portata via. Poi, dopo un sacco di anni, sono arrivati un paio di filmmaker di Germania che hanno deciso fosse cosa buona e giusta trarre da questa storia una miniserie, la quale immagino parli di amicizia, lealtà, di ingiustizia, del selvaggio periodo di far west digitale in cui i nerd hanno conquistato l'umanità tramite l'internet e via discorrendo. Il tutto dovrebbe concludersi – o aprirsi per poi tornare indietro con flashback spiegoni. O entrambe – con il processo che si è tenuto nel 2014, quando i due turlupinati si sono decisi a tentare la strada del tribunale per rivalersi di quello che, tuttora, considerano un furto intellettuale vero e proprio. Spoiler: la causa l'hanno persa male e forse qualche responsabilità ce l'hanno anche loro, visto che The Social Network era uscito nel 2010 e finiva esattamente allo stesso modo.
Pretty Smart (Usa, 2021)
dal 08/10/2021
Se le serie adolescenziali sono l'ostia avvelenata della religione televisiva statunitense, le sitcom con le risate registrate sono il suo clero. Quello che tocca i bambini per intenderci. Non fraintendete: le sitcom vanno benissimo e a volte (vedi The Office) sono tanto esilaranti quanto profondamente innovative. Non questa. Dalla necessità di pagare il mutuo di alcune delle penne meno ispirate provenienti dai team di produzione/sceneggiatura di How I Met Your Mother e Crazy Ex-Girlfriend, ecco la nuova sitcom allegorica sullo stato di un paese in cui la metà della popolazione ha una basilare comprensione del testo della realtà e va in giro a sbandierarla con fare detestabile, mentre l'altra metà non ha nessuna idea di quello che sta succedendo ma pensa comunque di avere ragione. Gli studiati con il loro senso di superiorità mal riposto vs. i decerebrati pronti a bersi la varechina per curare il Covid. Evviva. La storia è quella di Chelsea – Emily Osment, la sorella minore del bambino del Sesto senso. L'attore, non il personaggio –, laureata ad Harvard e aspirante scrittrice/intellettuale che viene scaricata senza troppa grazia dal fidanzato, trovandosi costretta a chiedere rifugio alla sorella. Che sarà anche una babba un po' tarda, ma quantomeno ha uno splendido tetto sopra la testa e tre coinquilini, che oltre a essere i suoi migliori amici sono anche scemi tanto quanto lei: c'è il manzo Grant, personal trainer che passa le giornate a fare addominali e a mostrarli in giro; c'è l'ex avvocatessa Solana, che a un'esistenza di duro lavoro ha preferito spillare soldi a ricchi rimbambiti spacciandosi per guaritrice sciamanica, o cose del genere; e c'è il vacuo Jayden, che nella vita fa l'influencer e tanto basta a descriverlo. Chelsea si inserisce in questa routine non propriamente accademica e certamente le due metà del mondo impareranno, tra mille buffi fraintendimenti, a dialogare l'una con l'altra e ad apprezzarsi e a insegnarsi qualcosa a vicenda. Ma ci facciateci il piacere.
DISNEY+
Better Things (Usa, 2016)
dal 06/10/2021
All'inizio di questa newsletter c'è una presentazione che non è mai stata letta da queste parti. Il fatto è che c'era il bisogno di sottolineare, con quell'inutile vis polemica che non ha mai portato a nulla se non al fastidio degli interlocutori, l'imbarazzante ritardo con cui Better Things è arrivata in Italia. Ci sono tre livelli di lettura. Quelli che ancora credono nelle fate ribattono: ma dai, vengono prodotte così tante serie in tutto il mondo, capita di perdersene una anche se è fra le migliori nel suo genere a essere state prodotte negli ultimi dieci anni. Quelli che sono leggermente più scafati e leggono le news in inglese e vanno al cineforum solo per il dibattito invece ti dicono: ma dai, se Better Things non è mai arrivata in Italia non è colpa dell'insipienza del nostro mercato, è che si tratta di una serie semi-autobiografica creata e interpretata da un'attrice, Pamela Adlon, che per anni ha strettamente collaborato con Louis C.K., e adesso Louis C.K. è un paria assolutamente inavvicinabile nel mondo dello spettacolo, e ha trascinato nel suo gorgo anche tutti quelli che gli stavano vicino. Fuochino. Perché poi ci sono i cinici turbo extra che, come al solito, pensano male vedendoci giusto e risolvono l'enigma: il mondo, e men che meno l'Italia, non è ancora del tutto pronto a seguire con la giusta passione un racconto che se ne sbatte altamente di tutti gli stereotipi da focus group e va dritto per la sua strada. Specialmente se quella strada prevede un'idea di femminilità meno rassicurante rispetto a quanto la rappresentazione mal consigliata da secoli di patriarcato ci abbia abituati. Il 99% dei produttori e distributori in giro per il globo vi direbbe la stessa cosa, asserendo che non c'è mercato per una serie che prende una ultra quarantenne dal carattere poco conciliatorio, dalla bellezza poco da copertina e dalla vita vagamente sottosopra, innalzandola al ruolo di protagonista assoluta, di voce narrante, di filtro attraverso il quale esperire un mondo diverso rispetto alla versione che ci coccola. Ma questo mercato non c'è semplicemente perché al pubblico è sempre stato proposto più o meno la stessa pastura, pur se abbellita da coloranti di volta in volta differenti. Invece Better Things è diverso e si porta dietro una tonnellata di personalità in più rispetto a qualsiasi altra serie che guarderete questa settimana. La storia – semplice, diretta, dal sapore quasi improvvisato e istantaneo – è quella di Sam, avatar nascosto in piena vista della showrunner e protagonista, attrice sin da quando era ragazzina e oggi quasi 50enne che deve barcamenarsi, da madre single, tra un lavoro che dà poche soddisfazioni e tre figlie, tanto incredibili quanto intollerabili, rispettivamente di sedici, dodici e otto anni.
APPLE TV+
Acapulco (Usa, 2021)
dal 08/10/2021
Aiutatemi a navigare in questa confusione. Apple Tv+ va giustamente alla caccia degli spettatori ispanofoni statunitensi (le stime parlano di 50 milioni di persone) e oltre – tíos e tías, lo spagnolo rimane pur sempre la seconda lingua più parlata al mondo – e quindi se ne esce con questa commedia non sitcom che si svolge in flashback e che loro stessi presentano così: “La serie racconta la storia del ventenne Máximo Gallardo, il cui sogno si realizza quando ottiene un lavoro come tuttofare nel più lussuoso resort di Acapulco. Capisce presto, però, che il lavoro è molto più complicato di quanto imaginasse, e che per avere successo sarà costretto a imparare a navigare tra una clientela esigente, un mentore scostante e una situazione famigliare complicata, senza farsi indurre in tentazione da sotterfugi o scorciatoie. La serie, recitata sia in spagnolo sia in inglese, è ambientata nel 1984, con il protagonista invecchiato (interpretato dal divo Re Mida messicano Eugenio Derbez ndr) che nel presente narra la sua storia al nipote”. Tutto molto bello, tutto molto comunicato stampa. Poi però è la stessa Apple a volerci ricordare che Acapulco, a quanto pare, si ispira a un film del 2017 che partiva effettivamente dallo stesso presupposto produttivo: soldi americani per una produzione bilingue che possa attirare un nuovo, folto pubblico di ispanofoni. Il film era How to Be a Latin Lover. Io me lo ricordo How to Be a Latin Lover. Era una commedia in cui Eugenio Derbez e Rob Lowe facevano i gigolò in giro per la città a cercare vecchie abbastanza ricche da essere sposate, e abbastanza sul punto di morte da sperare in una pronta dipartita e in un rapido incasso dell'eredità. Cosa c'entra questa roba qua con Acapulco, la serie ma anche la città, io non lo so e non mi ci raccapezzo. So solo che il personaggio di Derbez si chiama Máximo anche in How to Be a Latin Lover. Adesso è il caso di capire come un tenero tuttofare ventenne di un resort di lusso ad Acapulco si sia potuto trasformare in un cacciatore di cariatidi. Interessante.
- questa rubrica settimanale esce il venerdì per consigliarti come distruggerti di binge watching intensivo durante il fine settimana -
Da (meno) 5 scatolette di pelati a (più) 5 avocado, un voto a settimana per una serie presentata in questa newsletter (in questo numero o in passato).
Clickbait (Netflix)
Tre avocado e mezzo, molto succosi, a Clickbait. Clickbait è quella serie che aveva mandato in tilt i server di Netflix prima dell'arrivo di Squid Game. Un sacco di gente si è fatta fomentare da Clickbait, e a ragione. La storia è quella di un uomo, all'apparenza perfetto, che viene rapito e filmato dai suoi aguzzini mentre, pesto e legato, regge un cartello con su scritto “Sono un violentatore, ho ucciso una donna, se questo video arriva a 5 milioni di visualizzazioni muoio”. Bomba. Da qui in poi Clickbait fa il thriller che, puntata dopo puntata, prende il punto di vista di uno dei personaggi collegati all'uomo rapito e lo sviluppa, facendo contestualmente proseguire l'indagine per individuare i colpevoli e i moventi. Uno scheletro solido come un romanzo di Thomas Harris e avvincente come la prima stagione di Twin Peaks, quando gli spettatori andavano fuori di testa cercando di intuire chi fosse l'assassino di Laura Palmer. Una gran prova, architettata sapientemente e con twist finale che, pur rimanendo plausibile e dolorosamente sul pezzo, anche il più sgamato dei puntigliosi non si sarebbe potuto aspettare.
Non c'è nulla che ti convince, tra le serie di questa settimana? Prova una S01! Una prima stagione da recuperare nel weekend. Questa settimana...
[StarzPlay]
«Le cose non sono sempre come appaiono» dichiarava sibillino il 16 giugno 2015 lo sceriffo alla comunità di Springfield, Missouri, sconvolta dal brutale omicidio di Dee Dee Blanchard, madre coraggio spuntata fuori qualche anno prima dalle macerie dell’uragano Katrina e divenuta in breve vanto del quartiere, star di associazioni benefiche totalmente devota alla figlioletta Gypsy Rose, paraplegica e portatrice di svariate patologie, che Dee Dee tira su a pane e principesse Disney. Ma, più che le favorite Cenerentola e Ariel, è Raperonzolo l’alter ego fiabesco di Gypsy, che, segregata in casa, osserva il mondo dalla finestra e nasconde, in accordo con la mammina cara, un segreto: la sua perfetta salute. Almeno fino a quando, come la Jean Grey che fantastica d’emulare, risorgerà da fenice nera attraverso il matricidio perpetrato da un problematico principe azzurro (Calum Worthy, una rivelazione). La serie antologica true crime si tramuta così da grottesco family drama che richiama la suburbia acida di Solondz e il claustrofobico gioco al massacro fra consanguinee di Che fine ha fatto Baby Jane? in una (meno affilata) gangster story tra due miserabili che nemmeno lo sanno quale destino ha accolto Bonnie e Clyde. Ma The Act è anche una gara di bravura fra la giovanissima Joey King, già nel fenomeno Netflix The Kissing Booth, e Patricia Arquette, fresca d’Emmy e, dopo Escape at Dannemora, ormai corpo e volto ideale di repulsive donne figlie del marcio d’America, qui brillantemente raccolto e messo in scena dai creatori Nick Antosca, sceneggiatore dell’indimenticato Hannibal, e Michelle Dean, giornalista canadese in polemica con la vera Gypsy, che l’accusa di non aver «raccontato la verità». Quale?
Fiaba Di Martino
[pubblicata su Film Tv n° 42/2019]
EXTRA
Pilota è un podcast sulle serie tv realizzato da Alice Alessandri, Alice Cucchetti e Andrea Di Lecce grazie alla piattaforma Querty. Abbiamo pensato di riascoltarlo dall'inizio insieme ai lettori di questa newsletter, proponendone un episodio ogni settimana.
Pilota 4X02 - Momento dell'anno cruciale per gli appassionati di serie (siamo a novembre 2019 con questo episodio): arrivano i pilot da divorare, commentare, su cui fare ipotesi, illazioni e previsioni. Quante di queste serie poi saranno davvero arrivate sui nostri schermi? - CLICCA QUI e ASCOLTA su SPOTIFY
Qualche notizia dal mondo delle serie.
Dalla serie al film
Steve Carell in una serie dagli autori di The Americans
La Smart TV di Sky
A proposito di Uber
E alla fine lo cambiarono
La fine di Lost in Space
La smetteranno di rifare le britcom?
Appena uscita e già cancellata
E noi ce lo auguriamo!
Il gioco del Dottore
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