Fuori le serie! - #102: Di Fernando ce n'è uno solo
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Fuori le serie!
- di Nicola Cupperi -
#102 - Di Fernando ce n'è uno solo
Ciao ,
questa è Fuori le serie!, la newsletter di Film Tv che ti segnala tutte le serie che partono, tornano o ricominciano in streaming ogni settimana.
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Settimana doppia, talmente ricca di serie che facciamo prima a dirvi quello che non c'è. Non è vero. Però rende l'idea.
NETFLIX
The Defeated (Francia/Canada/Germania, 2020)
dal 18/08/2021
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Berlino post Seconda Guerra Mondiale. La propaganda dei super amici Alleati dice che gli abitanti della città sono oh così contenti che sia tutto finito e che casa loro sia stata divisa in quattro zone di influenza – solo, si chiedono, cosa c'azzeccano in mezzo a sovietici, americani e inglesi i francesi, che la guerra l'hanno vinta tanto quanto gli italiani cioè zero? Maledetti francesi. Ecco, la realtà però è una cosa diversa dalla propaganda. La Berlino del 1946 è un casino neanche normale, un luogo divelto dai postumi della guerra e governato dal caos. E, come insegna ogni grande avvenimento geopolitico degli ultimi 80 anni, chi chiamerai per portare della sana legge e della sana democrazia in un posto senza legge e senza democrazia? Non i Ghostbusters, quelli servono per gli ectoplasmi, ma quasi. Alzi la cornetta e componi U S e A, chiaramente. Perché è il 1946, gli americani sono i salvatori del mondo, hanno eradicato tutti i fascismi a colpi di bombe nuculari e da adesso in poi, in caso di difficoltà, potremo sempre contare sul loro intervento assennato e giudizioso. Succede che i piedipiatti di Berlino facciano convocare in loco, direttamente da Brooklyn, il poliziotto super più Max McLaughlin: hanno bisogno di una mano per stanare l'Al Capone del Brandeburgo, un tizio di nome Werner Gladow che non solo si fa chiamare Dottore, ma ha anche un soprannome (Creatore di Angeli) che fa intuire le sue preferenze per quanto riguarda il malaffare. McLaughlin è pronto a sceriffare come si deve, e non vede l'ora di smantellare la tratta delle bianche gestita dal Dottore; ma visto che si trova a Berlino, quasi quasi gli viene da rintracciare il fratello scomparso, che si dice vada in giro per la città ad ammazzare nazisti in incognito.
Separati insieme (Messico, 2021)
dal 20/08/2021
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Creata, scritta e diretta da quel bel tipo di Diego Luna – sapete chi è, l'avete visto ovunque (persino in Dirty Dancing 2, yeuch) ma se vogliamo restare in tv: quello di Narcos Messico – questa serie ha la facciata da commedia dentro le righe, ma sotto sotto pare porsi come obiettivo più ambizioso la messa in discussione del matrimonio. Non in quanto istituzione in sé, ma in quanto simbionte dell'amore romantico. L'idea insomma, culturale e non naturale, che l'amore romantico possa esprimersi solo tramite il matrimonio. O, come Luna fa dire a uno dei suoi personaggi nell'episodio pilota: “Il matrimonio ha ucciso l'amore rendendolo istituzionale”. Il quid più specifico riguarda una normalissima coppia, fuori forma e lentamente avvelenata dalla vita e dal lavoro, che sembrerebbe aver appena scollinato la metà dei trenta. Julia è una grafica, in procinto di sapere se otterrà o meno il lavoro più importante della sua carriera; mentre Ruy lavora in una stazione radio. I due sono quasi ex sposati. Nel senso che il loro matrimonio non funziona più, ma si stanno adoperando per rendere la notizia meno traumatica possibile per Andrea, la loro adorabile figlioletta. Julia e Ruy dormono separati nella stessa camera, e quando la piccola fa irruzioni notturne per condividere i suoi incubi assurdi (infestati da un gallo malvagio), l'ex coppia nasconde il materasso da campeggio su cui dorme lui per far finta di essere ancora insieme. C'è da ridere, c'è dell'amarezza e ci sono anche delle risate amare in questo viaggio che sembra destinato alla separazione definitiva, pur con il lieto fine hollywoodiano potenzialmente sempre dietro l'angolo.
Clickbait (Usa/Australia, 2021)
dal 25/08/2021
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Ostia che paura l'internet. Questo thrillerone da otto puntate agilmente bingiabili – più per scarsa densità, che per vero e proprio interesse – inizia con la misteriosa scomparsa del fisioterapista Nick Brewer, presentato come impeccabile padre di famiglia. E guarda caso il bomber mi scompare proprio il giorno dopo aver litigato con la sorella Pia, è già c'è un infittimento sospetto. Fatto sta che del destino di Nick non si sa niente, almeno fin quando non compare online un video in cui l'uomo, insanguinato e pestato, è costretto a tenere un cartellone a favore di camera che recita: “Violento le donne”. Non contenti, i rapitori gli fanno anche fare quella cosa di Love Actually con più di una scritta, giusto? Solo che il secondo messaggio dice: “Raggiunti i 5 milioni di visualizzazioni, muoro”. Non particolarmente eccellente. La sorella Pia e pure la moglie Sophie non ci stanno, e oltre a rompere le scatole agli investigatori incompetenti che si occupano del caso, si impegnano anche per difendere la reputazione di Nick. Svolta la premessa, ogni puntata prende il punto di vista di un personaggio diverso fra quelli toccati dalla vicenda di Nick e sfiora ogni possibile argomento controverso contemporaneo legato a internet – il catfishing, la cancel culture, i nuovi sistemi di sorveglianza a riconoscimento facciale, l'identità in rete e via discorrendo. Una serie che più meh non si può, sia sulla carta sia a sfogliarla. Ma certe volte una serie meh è proprio quello che ci vuole. In sottofondo. Stirando. Con in cuffia un podcast di Barbero.
Open Your Eyes (Polonia, 2021)
dal 25/08/2021
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Quanto ci era mancata quell'allegria tutta polacca che hanno i polacchi, per l'appunto, quando fanno le serie tv. Netflix ne ospita abbastanza di serie tv polacche, tutta roba tra l'ok e il più che valido come 1983 (non da un'idea di Stefano Accorsi), Estate di morte, Pantano o Keep Calm. Ma è anche tutta roba che riguarda o un misterioso omicidio, o gli strascichi del comunismo sul paese, o un misterioso omicidio che ha a che fare con gli strascichi del comunismo sul paese. Non che in questa Open Your Eyes, adattamento di un romanzo (Druga szansa) di Katarzyna Berenika Miszczuk inedito in Italia, le atmosfere siano particolarmente più gioiose. Ma a una prima occhiata sembra che i misteri non riguardino né un omicidio, né gli strascichi del comunismo sul paese. La storia è quella di un'adolescente di nome Julia, sopravvissuta a un orrendo incidente che ha ucciso tutto il resto della sua famiglia. La giovane si ritrova parcheggiata in una clinica – so che ve lo stavate chiedendo ed ebbene sì: essa, la clinica, è molto misteriosa – in cui cercano di curare l'amnesia che l'ha colpita dopo la tragedia. Julia fa presto amicizia con il coetaneo Adam, un ragazzo neanche a dirlo misterioso che le farà da Caronte nella sua nuova realtà. Poi inizia la locura, a Julia partono certi sogni strani e il confine tra realtà e spazio onirico comincia a farsi confuso. Cosa nasconde la clinica? Sarà mica un'allegoria degli strascichi del comunismo sul paese? Chissà.
Post Mortem: Nessuno muore a Skarnes (Norvegia, 2021)
dal 25/08/2021
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Skarnes è un villaggio di 2.500 anime scarse in mezzo alla Norvegia. La famiglia Hallangen è la titolare della locale impresa di onoranze funebri (sono conosciuti come i Taffo di Skarnes) e il loro motto, come ci ricorda il titolo, è che nessuno muore in sto postaccio lontano da tutto e da tutti. Dimostra Live, che è la primogenita di casa Hallangen, nonché la protagonista della serie. Ella – ovvero Live, che ha sul serio quel nome di battesimo qui – infatti, la sua prima apparizione la fa da morta stecchita, ritrovata per caso in un campo dagli unici due poliziotti di Skarnes. I quali portano il cadavere di Live (in effetti, alla terza volta, il gioco di parole comincia a suonare buffo) in obitorio, dove il medico legale si appresta a inciderle una bella Y sul torace per estrarle e pesarle gli organi. Ma al primo tocco di bisturi, Live rende finalmente onore al significato inglese del suo nome e resuscita urlando fortissimo, lasciando inizialmente basiti i presenti che però, subito dopo, riguadagnano il loro aplomb scandinavo concludendo serenamente che hanno appena assistito a un caso di morte apparente. La donna torna a vivere una vita un po' spaesata, ma abbastanza normale. Trova persino lavoro come infermiera in una casa di riposo. Qui scopre la sua passione post-resurrezione per il sangue. Subito dopo scopre anche che i beni della famiglia stanno per essere pignorati perché, ricordiamolo ancora una volta, a Skarnes sono talmente in pochi che agli occhi (e alle tasche) di un becchino sembra che non muoia mai nessuno. Solo che adesso i suddetti becchini hanno dalla loro parte una vampira che dovrà pur nutrirsi in qualche modo. Cinismo e humor nero assicurati.
D.P. (Corea del Sud, 2021)
dal 27/08/2021
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Chiunque abbia approvato un titolo del genere meriterebbe un'estrazione coatta dallo sfarfallante mondo delle fiabe e degli unicorni in cui vive. E subito dopo essere uscito dal Matrix con le Winx, costui o costei dovrebbe essere costretto a un ripasso in stile cura Ludovico su cosa significhi abitare nel mondo reale. Quello in cui l'internet è semplicemente un sottoinsieme sussidiario dell'industria pornografica, e mettere insieme le lettere D e P significa dare la stura ad alcuni acronimi altamente pruriginosi. Nel mondo fatato dei produttori e realizzatori di questa serie, D.P. è l'abbreviazione di Deserter Pursuit, ovvero di quella gente militare che come missione ha quella di andare a stanare eventuali disertori. Il protagonista è il giovane An Joon-ho, soldato di poche parole ma dalla giusta marzialità. Per questo viene promosso nella squadra dei Deserter Pursuit, dove si trova a lavorare con il caciarone caporale Han Ho-yeol. Comincia l'avventura di Joon-ho, tra inseguimenti buffi, scazzottate e riflessioni su quanto possa fare schifo la leva obbligatoria per chi non ha quel tipo di vocazione. Il tutto è tratto dal quasi omonimo webcomic (che in più ha un sottotitolo, Gaeui Nal, perché evidentemente è fatto da gente che sa come funziona l'internet) che si è concluso dopo 57 capitoli, fornendo la giusta (non troppa, non troppo poca) ciccia da cuocere per realizzare una serie divertente, ma che non abusi dell'ospitalità degli spettatori.
King of Boys: Il ritorno (Nigeria, 2021)
dal 27/08/2021
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Ecco una cosa che non avevo mai capito. Le prime serie tv originali Netflix prodotte nel continente africano (Queen of Sono e Blood & Water) sono arrivate dal Sudafrica. Che non c'è niente di male, sia chiaro. Solo che, storicamente, il paese africano con la più alta affinità per il cinema è sempre stato la Nigeria. Sia per motivi contingenti (il paese offre un bacino di più di 210 milioni di potenziali spettatori) sia per ragioni culturali, che hanno a che fare con le antiche tradizioni nigeriane nelle arti performative. Tanto da meritarsi, come l'India, un nomignolo simil-Hollywood: Nollywood. Addirittura, e sono dati risalenti ancora al 2006, l'istituto di statistica dell'UNESCO aveva stimato che l'industria cinematografica nigeriana avrebbe sorpassato, come volume di produzioni, quella statunitense, piazzandosi al secondo posto a livello mondiale dietro l'inarrivabile catena di montaggio indiana. Scrivo “aveva stimato” perché è complicato avere dati precisi in un panorama in cui spadroneggiano l'home video e la pirateria. Nonostante tutto, la Nigeria ha dovuto aspettare fino a oggi per avere una sua serie su Netflix. E beccami gallina se non l'hanno fatta fuori dal vaso, i cari amici della grande N rossa. Tra tutte le serie che potevano scegliere, infatti, hanno pigliato quella che è il sequel diretto di un film (King of Boys senza sottotitoli) del 2018. Un thriller politico con elementi soprannaturali che ha proporzioni bibliche: 169 minuti di lotte per il potere senza esclusione di colpi, con al centro delle vicende la temibile matrona Ahlaja Eniola Salami. Ella, nel film, inizia come spietata donna d'affari membro di un ristretto circolo di sciacalli che non si fa scrupoli a saccheggiare il saccheggiabile, e piano piano si convince a entrare in politica per oliare ancora meglio i suoi loschi affari. Colta sul fatto, alla fine del film riusciva a scappare rocambolescamente dalle patrie galere, fuggendo all'estero, evitando così la pena di morte e lasciando spazio per un sequel che arriva oggi sotto forma di miniserie in sette puntate. E adesso Salami, la king of boys, is back bitches, e sono fatti vostri.
La direttrice (Usa, 2021)
dal 27/08/2021
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Uh, ma sai che La direttrice suona divertente? Non tanto per il titolo italiano inevitabilmente ambiguo, e nemmeno per le premesse in sé di questa serie di cui si parla molto bene e che certamente sarà brillante come tutti dicono. Quanto per l'idea che qualcuno – nello specifico l'ottima Amanda Peet, attrice che ha aggiunto al curriculum anche la voce showrunner – abbia ritenuto buffo creare una commedia, un po' amara e un po' riflessiva e un po' che racconta i nostri tempi senza per forza essere didascalica, che si svolge nel mondo accademico anglosassone. Dovessero un giorno costringermi a scegliere l'ambiente che mi sembra meno divertente al mondo, credo che punterei il dito sulle stanze dei bottoni di qualsiasi college esclusivo. Vecchi sepolcri imbiancati che si sputazzano in faccia a vicenda con i loro tromboni pieni di nozioni impolverate, e che ridono solo se fai una battuta che riguarda la loro ultra specializzazione. Non puoi raccontare una barzelletta su Chaucer a uno che studia Shakespeare, perdiana. Qui la sempre notevole Sandra Oh interpreta la professoressa Kim Ji-yoon, la prima donna a essere nominata direttrice del dipartimento di anglistica della fittizia Pembroke University. La professoressa Kim non solo si trova a dover combattere con il resto dei responsabili di dipartimento (una manica di cariatidi mummificate) per migliorare l'inclusività del corpo docenti; ma deve pure tenere a bada la figlia adottiva Ju Ju, un piccolo uragano perennemente incazzato, e destreggiarsi nel suo complicato rapporto con l'ex collega (dopo la promozione diventato sottoposto) Bill, con cui ha una torrida, complicata e clandestina storia d'amore.
PRIME VIDEO
Nove perfetti sconosciuti (Usa, 2021)
dal 20/08/2021
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Nicole Kidman sembra aver imparato sulla sua pelle – dodici anni insieme a Tom Cruise devono esserle rimasti impressi tanto quanto una cicatrice da Fuoco di Sant'Antonio – una regola abbastanza universale: se una cosa non funziona, non insistere (vedi Scientology); se una cosa invece funziona, vai e mungila come se non ci fosse un domani. L'ultimo grande successo su scala globale che ha visto per protagonista la diva australiana è stato Big Little Lies, corretto? E allora perché, dice Kidman, andare a cercarsi qualcosa di avventuroso e diverso se A) c'è un altro romanzo (Nove perfetti sconosciuti) della stessa scrittrice (Liane Moriarty) autrice del libro da cui è stato tratto Big Little Lies B) il suddetto romanzo ha simili atmosfere misteriose e violente e C) come è successo per Big Little Lies (con Jean-Marc Vallée e Andrea Arnold) posso coinvolgere un buon regista cinematografico (questa volta Jonathan Levine) che mi apparecchi tutto per bene? Daje Nicole Kidman, saccheggia la bibliografia di Moriarty e continua a regalarci belle serie tv. In Nove perfetti sconosciuti, una manciata di perfetti sconosciuti (sono nove in tutto, meglio dirlo, non si sa mai) si ritrovano tutti insieme ospiti della Tranquillum House, una lussuosa Spa che organizza ritiri spirituali per gente che c'ha il buon tempo e soldi da scagliare nel bidone dell'umido. I nuovi arrivati (tra cui troviamo gente del calibro di Melissa McCarthy, Regina Hall, Bobby Cannavale, Samara Weaving, Michael Shannon e Luke Evans) vengono accolti dalla proprietaria, l'eterea e inquietante Masha Dmitrichenko (Kidman). Ecco, ci vuole abbastanza poco a capire che c'è qualquadra che non cosa, e che tutti dovrebbero prepararsi a scoprire cose che non volevano scoprire.
Fernando (Spagna, 2020)
seconda stagione dal 27/08/2021
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È una docuserie che racconta il dietro le quinte del rientro in Formula 1 del campione Fernando Alonso. Non solo. È la SECONDA stagione di una docuserie che racconta il dietro le quinte del rientro in Formula 1 del campione Fernando Alonso. Una roba talmente di nicchia e così tanto tautologica che, come già ampiamente notato, si spiega brevemente da sola – è una docuserie che racconta il dietro le quinte del rientro in Formula 1 del campione Fernando Alonso – e non c'è molto altro da dire, a meno che non vogliate leggere pagine e pagine di sfogo su quanto sia inutile l'esistenza della Formula 1. L'unico Fernando che conta da queste parti, per quel che mi riguarda, è quello degli ABBA. Dunque:
There was something in the air that night
The stars were bright, Fernando
They were shining there for you and me
For liberty, Fernando
Though I never thought that we could lose
There's no regret
If I had to do the same again
I would, my friend, Fernando
If I had to do the same again
I would, my friend, Fernando
Kevin Can F**k Himself (Usa, 2021)
dal 27/08/2021
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Annie Murphy è quell'attrice che prima di sfangare il ruolo da co-protagonista in Schitt's Creek – ottima sitcom canadese che ci ha messo un po' a decollare e ora è di culto negli States – stava valutando di mollare il mestiere e darsi a qualcosa di un po' più sicuro, meno stressante e che non prevedesse audizioni. Buon per lei che è riuscita ad aspettare l'occasione giusta, una sorta di momento Sliding Doors senza il quale non ci sarebbe nemmeno questo Kevin Can Fuck Himself (eddai), serie che segna il debutto come showrunner di Valerie Armstrong. Una che i suoi compiti in teoria e tecnica della televisione deve averli fatti tutti e bene, se è vero che la sua serie d'esordio parte da presupposti vagamente meta-testuali. In pratica: cosa capiterebbe se il classico stereotipo da sitcom americana della donna di casa (pensate a una Marge Simpson, o alla Cheryl di La vita secondo Jim) riuscisse ad andare oltre alle risate registrate di un pubblico di subumani imbeccato da un assistente di studio e si accorgesse che, in realtà, la sua vita non è così divertente, ma bensì una serie di vessazioni perpetrate da un uomo insipiente, volgare, stupido e pure brutto? Capiterebbe che Kevin, il buzzurro in questione, se ne andrebbe a fanculo senza nemmeno passare dal via, e con lui anche Homer e Jim. La serie di Armstrong fa proprio questo, separando anche stilisticamente la finzione pastello (e fintamente ridarola) della sitcom che ha per protagonista Kevin, con l'inedità realtà, meno smarmellata e decisamente più liberatoria, che deriva dalla nuova consapevolezza della protagonista.
APPLE TV+
Truth Be Told (Usa, 2019)
seconda stagione dal 20/08/2021
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Tratta dal romanzo Are You Sleeping di Kathleen Barber, creata da Nichelle Tramble Spellman (che già aveva collaborato a The Good Wife) e prodotta, tra gli altri, da Reese Witherspoon e da Octavia Spencer (che interpreta anche la protagonista), Truth Be Told continua a essere una di quelle serie che chiedono allo spettatore un grosso sforzo emotivo. Infatti c'è una giornalista, Poppy Parnell, che scrive e conduce un celebre podcast sul crimine, abbastanza famoso da permetterle di mettere il naso nelle indagini per un omicidio e farla contribuire all'arresto del supposto serial killer, Warren Cave. Succede, però, che a Parnell venga chiesto di riaprire il caso, essendo emerso il dubbio che forse il Cave potrebbe essere innocente, o comunque non così colpevole. Noi che guardiamo, dunque, ci troviamo nella posizione di essere dalla parte di una personaggio (Poppy) che ha sbagliato alla grande, spinta dall'ambizione e dal furor sacro che il suo ruolo (auto-assegnato) di paladina della giustizia richiede, rovinando la vita a più persone senza mai dimostrarsi pentita, e che adesso ritorna pure sul luogo (figurato) del delitto per raddrizzare i torti che lei stessa ha causato, pretendendo anche di essere trattata da eroina. Converrete che è una bella fatica.
See (Usa, 2019)
seconda stagione dal 27/08/2021
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La vista di Jason Momoa abbastanza nudo, vestito di poche pelli, sudato e un po' lercio mentre cavalca in un mondo fantasy puzzava molto di Khal Drogo e di “inganniamo questi stolti spettatori e mungiamo un altro poco Il trono di spade”. Fortunatamente See è qualcosa più di un richiamo d'amore per i fanatici di Game of Thrones ancora in fregola. È la versione del fantasy post-apocalittico di Steven Knight, uno che per il piccolo schermo ha creato Peaky Blinders e Taboo, diretta dal Francis Lawrence che ha regalato al mondo, senza che nessuno gliele chiedesse, le regie della maggior parte degli Hunger Games. Nel futuro distopico di See, il genere umano ha perso del tutto il senso della vista. La società si è adattata tornando a concentrarsi sulla caccia e sulla raccolta, abbandonandosi a spiegazioni mistiche e superstiziose sulle cause che hanno portato alla cecità collettiva. All'improvviso Jason Momoa diventa babbo di due splendidi gemelli non ciechi. Seguono grosse tensioni con tutta quella gente convinta che la maledizione della cecità sia un messaggio divino da difendere. La prima stagione ha, oggettivamente, ciurlato un po' troppo nel manico, prendendosi terribilmente troppo sul serio. Le speranze di vedere qualcosa di epico, comunque, rimangono abbastanza vive.
- questa rubrica settimanale esce il venerdì per consigliarti come distruggerti di binge watching intensivo durante il fine settimana -
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Da (meno) 5 scatolette di pelati a (più) 5 avocado, un voto a settimana per una serie presentata in questa newsletter (in questo numero o in passato).
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Al nuovo gusto di ciliegia (Netflix)
Tre avocadi e mezzo a Al nuovo gusto di ciliegia (Brand New Cherry Flavor). E partiamo con il dire che c'è bisogno di un po' di stomaco per affrontare questa serie qui, ma il bello dell'horror slasher e del gore (anche laddove sono trattati con ironia o con altri attrezzi post-moderni) è che non gliene frega tanto di essere una tazza di tè adatta a un pubblico di nicchia. Basata sull'omonimo romanzo di Todd Grimson pubblicato nel '96, racconta della giovane cineasta di provincia Lisa (una pazzeschissima Rosa Salazar) che arriva a Los Angeles con le tasche piene di sogni e di un corto (Lucy's Eye) da lei diretto, talmente fico che certamente le aprirà le porte di Hollywood. Un produttore untuoso, però, le sottrae il film e Lisa, per riottenerlo, decide di rivolgersi a una tatuatrice/strega. Perdinci Lisa, hai visto anche tu un sacco di film! Sai che non si fanno patti paranormali con persone losche! E invece. Da qui in avanti è tutta una serie di missioni sanguinolente e squisitamente orrorifiche, messe in scena con gusto, furbizia e intelligenza. Una di quelle serie che ti guardi tutta d'un fiato.
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Non c'è nulla che ti convince, tra le serie di questa settimana? Prova una S01! Una prima stagione da recuperare nel weekend. Questa settimana...
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[StarzPlay]
Okay: top five delle ragioni per cui High Fidelity è un’ottima cover, di quelle che si elevano accanto all’originale e diventano quasi ugualmente irrinunciabili. Numero cinque: il formato. La dramedy dall’estetica indie, perfezionata negli ultimi anni dieci da autori talentuosi e differenti, incentrata su personaggi realisticamente sgradevoli alla difficoltosa ricerca di sé, sullo sfondo di una New York vivace e un filo malinconica, sembra nata apposta per il romanzo cult di Nick Hornby. Anzi, per essere precisi, la serie creata per la piattaforma Hulu da West e Kucserka (fin qui, tanta esperienza nella tv generalista da Ugly Betty a Chicago Fire) è un remake tanto del libro Alta fedeltà quanto del film con John Cusack diretto da Stephen Frears nel 2000 e diventato altrettanto cult: l’espediente della rottura della quarta parete viene da lì, insieme a una moltitudine di citazioni e strizzate d’occhio, e - come ci ha illustrato mirabilmente Fleabag - è perfetto per rappresentare interiorità fratturate e rovinose altalene sentimentali. Numero quattro: il cast, che in uno show di questo tipo, tutto sulla scrittura di caratteri e relazioni, è più che metà dell’opera. Quello di High Fidelity è azzeccato. Sì, anche Zoë Kravitz, che a prima vista potrebbe sembrare troppo cool per impersonare credibilmente un’antieroina insicura e impacciata, ma che in realtà rivela presto la vulnerabilità e, insieme, la disfunzionalità del personaggio, la sua ossessione per la percezione altrui, l’attenta costruzione di una fragilissima proiezione di sé. Impeccabili anche i comprimari, i migliori amici e impiegati di Rob al negozio di dischi, Da’Vine Joy Randolph e David H. Holmes: come dimostra l’ottavo episodio, dedicato a quest’ultimo, meriterebbero facilmente uno spinoff. Numero tre: la colonna sonora, strepitosa, ma è quasi superfluo dirlo. Numero due: il gender swap (lo scambio di genere sessuale di alcuni personaggi rispetto all’originale), che qui è efficace, sensato, incisivo. Proprio perché, e non nonostante, libro e film si presentano come narrazioni profondamente “maschili”: attraverso Rob (ma anche Cherise e Simon), High Fidelity esplora e si riappropria di un contesto - quello del fandom e della critica musicale, con la sua particolare predilezione per giudizi, playlist e top five - tradizionalmente dominato dagli uomini, e nello stesso tempo sottolinea, con le sue variazioni, le discriminazioni più o meno palesi che ancora permeano un ambiente formalmente progressista. Infine, diretta conseguenza del punto precedente, numero uno: l’universalità delle esperienze che racconta. Le montagne russe emotive degli amori irrisolti, il terrore della solitudine che ci scruta dalla finestra di fronte, l’egocentrismo che ci acceca quando il cuore è infranto, il dolore sordo che piomba sulla nuca, dal passato, nei momenti peggiori, la gelosia furente, la spiazzante rivelazione d’essere, talvolta, il villain e non l’eroe della storia, gli errori che si (ci) rincorrono come un disco rotto sono proprio come la musica, quella che ci culla e quella che ci salva: valgono per chiunque.
Alice Cucchetti
[pubblicata su Film Tv n° 37/2020]
EXTRA
Pilota è un podcast sulle serie tv realizzato da Alice Alessandri, Alice Cucchetti e Andrea Di Lecce grazie alla piattaforma Querty. Abbiamo pensato di riascoltarlo dall'inizio insieme ai lettori di questa newsletter, proponendone un episodio ogni settimana.
Pilota 3X08 - Come parlano di morte le serie tv? Prima parte di uno speciale dedicato a questo argomento, in una settimana che registrava la morte di Luke Perry - CLICCA QUI e ASCOLTA su SPOTIFY
In attesa della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, che verrà presentata nel prossimo numero, in edicola martedì 31 agosto, raccogliamo qualche notizia di questi ultimi giorni dal mondo delle serie tv.
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