Fuori le serie! - #097: Non dire gatto se non ce l'hai in una docuserie
Fuori le serie!
- di Nicola Cupperi -
#097 - Non dire gatto se non ce l'hai in una docuserie
Ciao ,
questa è Fuori le serie!, la newsletter di Film Tv che ti segnala tutte le serie che partono, tornano o ricominciano in streaming ogni settimana.
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È vero che l'attrattiva principale di questa settimana di serie sono Monsters at Work (spinoff di Monsters & Co.) e la quarta e ultima stagione di Atypical, ma c'è anche una docuserie che parla di gatti e di gattari e come dicevano i saggi latini: ubi micio il resto cessat.
NETFLIX
Cat People (Usa, 2021)
dal 07/07/2021
Signorə e signorə, è finalmente successo. Il signore e padrone del nostro tempo libero, il crudele dio veterotestamentario conosciuto come Netflix, ha accolto fra le sue fila i signori e padroni della nostra vita casalinga, i gatti, dando la stura al più pericoloso oggetto d'intrattenimento dai tempi della cartuccia che uccide di Infinite Jest: una docuserie che parla di gattari e gattare, dunque sei puntate da mezz'ora l'una piene di gatti e di persone che parlano di gatti con lo sguardo invasato di chi ha capito che i gatti sono i veri delfini – altro che addio e grazie per tutto il pesce, questi sicuro che restano e ci schiavizzano tutti – e presto conquisteranno l'intero universo senza chiedere il permesso e nel frattempo facendosi le unghie sulla poltrona buona nonostante l'apposito tiragraffi piazzato lì vicino. La cosa buffa di questa bizzarra, divertente e adorabile docuserie è che sembra davvero un pamphlet di propaganda finanziato dalla pro loco del pianeta dei gatti per cercare di vendere agli umani ritrosi le meraviglie della vita da gattarə. In pratica la serie spende tutte le sue risorse e le sue energie per convincerci che lo stereotipo sulle persone ossessionate dai gatti – gente sola, un po' matta, asociale e genericamente fuori di testa – è un'invenzione dei cani tutta un'esagerazione abbastanza ingiusta. Poi, però, finisce con il raccontarci di fenomeni che a colpi di auto-tune compongono canzoni rap dedicate al gatto DJ Ravioli, di balorde che organizzano elaboratissime feste di compleanno per i propri amici felini star dei social, e di califfi che mettono gatti sulla tavola da surf o dietro una batteria, una chitarra e un pianoforte. In mezzo a tutto questo fantastico bailamme, c'è spazio anche per degli estremi buoni e cattivi. Da una parte la bella puntata dedicata a una coppia in pensione che si è trasferita sull'isola greca di Syros per gestire un santuario per gatti randagi; dall'altra lo squanfido episodio sui gatti acrobati circensi, che vorrebbe essere spensierato come gli altri ma finisce per mettere una grande tristezza.
La guerra dei vicini (Messico, 2021)
dal 07/07/2021
Qualcuno che ci ha vissuto da quelle parti – precisamente a Pachuca de Soto, che non c'entra niente ma è un toponimo abbastanza divertente da pronunciare ad alta voce – mi confermava che il Messico può essere, come qualsiasi altro posto del mondo, abbastanza pericoloso per chi ostenta la propria riccanza nei posti sbagliati. Nonostante tutto, la prassi per tanti danarosi messicani non è quella di mantenere un basso profilo, bensì di sbandierare tantissimo l'abbondanza di cash spolverandoci sopra una mezza dozzina di guardie private armate di fucile semi-automatico in bella vista. La premessa serve per inquadrare lo spirito di questa commedia un po' sbracata, in cui la matriarca di una folta famiglia di poveracci riesce per puro caso a impossessarsi del biglietto di una lotteria che premia il vincitore non con denaro contante, ma con una lussuosa villa moderna spiaggiata in un quartiere super esclusivo. Fatalità, la famiglia di poverini (chiaramente di origini indie) vince e si ritrova come vicina di casa l'antipatica figlia di Mazinga (chiaramente ariana) cui originariamente apparteneva il biglietto vincente. I poverih fanno fatica a vivere la loro nuova ricchezza con grazia e senza essere smaccati, destando fin da subito un sacco di dubbi; mentre i ricchis rispondono con la più classica delle spocchie malcelate alla vista dei loro nuovi, sospettosi vicini di casa. Seguiranno matte incomprensioni e faccende buffe e sguaiate.
Pantano (Polonia, 2018)
seconda stagione dal 07/07/2021
L'ambiguità e il mistero sono belli e affascinanti, per carità. Sono come quei piatti lì un po' strani, che ti stanno piacendo molto mentre li mangi ma di cui non riesci a riconoscere quella spezia che ti friccica il palato – spoiler: è quasi sempre il coriandolo. Ogni tanto, però, vanno benissimo anche quelle cose quadrate e dritte, di quelle che le vedi sul piatto e sei sicuro che avranno il gusto promesso di carne stufata, crauti e cavoli. Questa serie qui per esempio si chiama Pantano, è ambientata nella Polonia degli anni '80 e racconta di due giornalisti che vorrebbero molto risolvere un doppio caso di omicidio – un politico in vista e una prostituta trovati sgozzati in un bosco che mette l'angoscia – e finiscono con l'infangarsi nell'allegorica palude richiamata dal titolo. Non so cos'altro ci si possa aspettare da una serie che si chiama Pantano e che viene da lassù. Una rivisitazione polacca della tragica vita del celebre ciclista cesenate Marco Pantani? Una documentario sulla versione mitteleuropea del Pantone? Una serie di grossi no. Pantano è la serie che risponde a ogni stereotipo americano sugli europei: disperata, pessimista, d'atmosfera, lugubre, fumosa, inquietante, umanista e generalmente piena di gente che fa fatica a sorridere senza farsi venire un crampo alla mascella. Già, perché visto che la struttura seriale allunga tempi e spazi, Pantano è anche quel tipo di thriller che affianca all'investigazione del misterioso crimine di cui sopra anche un desolato approfondimento sulle complicate vite dei due giornalisti protagonisti, il giovane Piotr e il più scafato Witold. La serie non estiva per eccellenza.
Elize Matsunaga: c'era una volta un crimine (Brasile, 2021)
dal 08/07/2021
Finalmente un true crime brasiliano. Perché è un po' da maleducati farsi prendere dalla pigrizia e non approfittarsi di uno dei passatempi nazionali, l'omicidio, e privare Netflix e tutti gli appassionati del sottogenere di materiale così croccante – per la cronaca: annualmente in Brasile ogni 100mila persone ne vengono ammazzate 30, e a fare il calcolo complessivo sui quasi 214 milioni di abitanti del paese viene fuori che poco meno di 65mila persone all'anno muoiono causa omicidio violento. Qui la storia è quella di una sciura che, come potete facilmente intuire, si chiama Elize Matsunaga; la quale, bizzarramente, porta ancora il nome del marito (Marcos Kitano Matsunaga, riposi in pace e gli dèi l'abbiano in gloria quantomeno per il nome ragguardevole) nonostante nel 2012 gli abbia sparato dopo una litigata nel loro appartamento di San Paolo, per poi smembrarlo, infilarne i resti in svariati sacchi della spazzatura (di quelli grandi che compri solo se devi fare una festa esagerata o devi liberarti di un cadavere, tertium non datur) e scagliarli sul ciglio di una strada poco frequentata una manciata di chilometri fuori città. Per questo scherzo qui, Elize se l'è cavata con 9 (NOVE!) anni di carcere e una manciata di soldini Netflix per raccontare a favore di camera (e per la prima volta) la sua versione dei fatti. Quattro episodi da cinquanta minuti per scoprire se l'ex signora Matsunaga riuscirà ad andare oltre a un poco convincente: “Ancora non riesco a spiegarmi quali emozioni mi abbiano spinto a premere quel grilletto”.
Resident Evil: Infinite Darkness (Giappone, 2021)
dal 08/07/2021
Niente a che vedere con la saga cinematografica (teoricamente conclusa) guidata verso gloriose vette di arroganza ignorante dal migliore degli Anderson, Paul W. S., che ha curato la regia di quattro dei sei film che la compongono, ha scritto la sceneggiatura degli altri due, e per non farsi mancare nulla si è pure sposato la protagonista Milla Jovovich. Questa serie animata, invece, è tutta giapponese ed è prodotta da Capcom, celebre azienda sviluppatrice di videogiochi e realizzatrice del titolo horror survival da cui tutto l'ambaradan, cinematografico e televisivo, è stato tratto. Infinite Darkness, dunque, si adagia sulla timeline dettata dai videogiochi e non su quella dei film. La storia riprende alcuni dei personaggi di Resident Evil 4 – ambientato nel 2004, quando l'eroico agente speciale Leon S. Kennedy viaggiava nella Spagna rurale affollata di zombie, terroristi e gente che parla a voce troppo alta per salvare la figlia del Presidente degli Stati Uniti – e li trasporta nel 2006, alle prese con quello che inizialmente sembra l'attacco terroristico di un hacker ai sistemi della Casa Bianca, ma poi si trasforma nella classica invasione di morti viventi cattivi e agguerriti. Nel frattempo, al fianco di Leon Kennedy spunta anche Claire Redfield, sorella del più celebre Chris (che è stato protagonista di diversi titoli della saga videoludica) e confusa dal disegno premonitore realizzato da una bambina rifugiata, il quale sembra collegato all'attacco zombie ai danni della capitale. Misteri, inganni, complotti e gente morta che cerca a tutti i costi di mangiarti le cervella: anche in questo caso, il cocktail ideale da portare in spiaggia.
Atypical (Usa, 2017)
quarta stagione dal 09/07/2021
Ultima stagione delle ragguardevoli, normalissime avventure di un giovane personaggio di nome Sam Gardner, che abbiamo conosciuto dapprima mentre si districava lungo il suo ultimo anno di scuole superiori e i suoi primi amori, per poi vederlo veleggiare verso il college al contempo assistendo alle acrobazie della sua normalmente disastrata famiglia, composta da una madre iperprotettiva (Jennifer Jason Leigh), da un padre presente ma con svariati asterischi (Michael Rapaport) e da un'atletica sorellina che deve a sua svolta smistare come può le varie problematiche portate in dono dall'adolescenza. Perché questa serie così normale è arrivata alla quarta stagione facendo così tanto parlare di sé? Perché Sam è un ragazzo con la sindrome di Asperger, ossessionato dall'Antartide e dai pinguini – e come dargli torto: l'avete mai visto un pinguino? Avete presente quanto sia PAZZESCO un pinguino? Di più: Atypical è una serie che ha per protagonista un giovane con un disturbo dello spettro autistico ed è – era, in realtà: dopo le polemiche in seguito alla prima stagione la produzione ha rimediato – scritta e realizzata da un sacco di gente che con lo spettro autistico non c'entra nulla. Risolti i problemi di rappresentazione – che in questo specifico caso erano anche problemi di verosimiglianza, volendo raccontare il punto di vista di una persona con l'Asperger (che non sembra tanto una cosa di cui puoi scrivere per sentito dire) – la serie è proseguita ottimamente, unendo un'ambientazione tipica delle sitcom a un progresso narrativo che ricalca serie più orientate orizzontalmente. Il giovane e bravo protagonista, il tenero pupattolo imberbe Keir Gilchrist, l'avete forse già apprezzato nella valida United States of Tara nei panni del figlio dell'eponima protagonista; oppure l'avete sentito cantare a un concerto della sua band death metal, i PHALANX. Come scusa?
Virgin River (Usa, 2019)
terza stagione dal 09/07/2021
Una serie tratta da un lungo ciclo di romanzi rosa, che a sua volta germoglia da una storia di vita vissuta che sembra troppo uno stereotipo da romanzo rosa per essere vero – è talmente un archetipo che è stato preso in giro anche in una puntata dei Simpson. In pratica una donna di nome Robyn Carr, di professione infermiera, all'inizio degli anni '70 sposa il suo fidanzatino del liceo ed è tutta felice. Purtroppo per lei, e per il fidanzatino che di mestiere guida gli elicotteri, quelli sono gli ultimi anni della Guerra del Vietnam. Il giovane viene coscritto, e la coppia di neo-sposini viene sballottata da una base militare all'altra, impedendo a Robyn di poter esercitare come si deve il suo mestiere. Oltretutto, in quegli anni la giovane viene allettata da una gravidanza difficile. Così comincia a scrivere romanzi rosa, e trasferisce sulla carta tutti i suoi sogni da infermiera mancata. 40 anni dopo, Robyn Carr ha pubblicato più di 50 romanzi bestseller negli Stati Uniti. La sua saga di maggior successo è quella di Virgin River – 22 romanzi, e ancora non si vede la fine – che racconta della giovane ostetrica e infermiera Mel, trasferitasi nello sperduto paesello californiano di Virgin River per fuggire da misteriosi sensi di colpa che le fanno abbandonare la sua vita precedente. Una volta arrivata in mezzo ai monti, trova il classico armamentario di vecchi barbogi ostili, provinciali scombiccherati ma sotto sotto simpatici e, certamente, FILF sale e pepe dal sorriso affascinante e dal passato tumultuoso che si innamorano istantaneamente di lei ma prima ci sono le difficoltà da affrontare.
DISNEY+
Monsters & Co. La serie - Lavori in corso! (Usa, 2021)
dal 07/07/2021
Se non avete ancora visto Monsters & Co., non è il caso vi roviniate la visione leggendo qua sotto. D'altronde, se non avete ancora visto Monsters & Co. vuol dire che presumibilmente non avrete bisogno di guardare questo cartone. Quindi niente, come non detto. Si diceva: sono consapevole che su queste pagine l'atteggiamento è sempre stato quello di incentivare i piccioni a sganciare più deiezioni possibile sui quartier generali Disney in segno di innocua protesta nei confronti di Topolino e delle sue velleità monopolistiche, unite a certe ipocrisie di fondo che manderebbero ai matti per prima gente a posto come Sully e Mike. Ma Monsters & Co. è proprio un'altra cosa, dai. È una delle storie più tenere ed equilibrate ed emozionanti senza esagerazioni patetiche che siano mai uscite dai laboratori alchemici Disney, quelli in cui un sacco di gente in camice bianco cerca da decenni la formula per l'intrattenimento perfetto e nessuno ha detto loro che l'internet e i video con i gattini e le docuserie sui gattari sono già stati inventati da un po'. Monsters & Co. era la storia di come gli abitanti di Mostropoli, universo parallelo abitato da esseri tutti strambi e pelosi e con un bizzarro numero di arti e/o occhi, arrivavano a capire che non c'è bisogno di terrorizzare i bimbini del nostro mondo per ricavare l'elettricità necessaria a far camminare il loro di mondo: le risate dei piccini sono una fonte di energia rinnovabile molto più potente rispetto alle urla di paura. Poi c'era spazio anche per un epilogo strappalacrime, in cui il gigante Sully riusciva finalmente a tornare a trovare la sua amica Boo. E piangeroni a non finire. Ebbene, questa serie qui si piazza in quel periodo a cavallo tra la scoperta che le risate sono superiori alla paura e il momento della riunione fra i due strani amici. Sully è il nuovo presidente dell'ENEL di Mostropoli e al suo fianco c'è l'immancabile Mike (entrambi nell'originale ritrovano i loro doppiatori storici, rispettivamente John Goodman e Billy Crystal). La voce sulle loro imprese si è sparsa molto in fretta, e l'ammirazione di alcuni meccanici comincia a sfociare in idolatria. Il più lanciato di tutti è il giovane ed entusiasta Tylor Tuskmon, che insieme alla migliore amica Val Little sogna, un giorno, di poter lavorare fianco a fianco con i mitologici Sully e Mike.
- questa rubrica settimanale esce il venerdì per consigliarti come distruggerti di binge watching intensivo durante il fine settimana -
Non c'è nulla che ti convince, tra le serie di questa settimana? Prova una S01! Una prima stagione da recuperare nel weekend. Questa settimana...
[Netflix]
All that Chaz. La musica che gira intorno ai film di Damien Chazelle, a partire fin dal suo esordio con Guy and Madeline on a Park Bench, agita un mondo di figure deliberatamente ossessionate dal bisogno di scandire le azioni, i desideri, le illusioni, i turbamenti, insomma la propria vita attraverso i codici inquieti di uno spartito; linguaggio autonomo che non supporta quindi una narrazione classica di fatti e comportamenti, ma diventa esso stesso racconto, voce libera e parallela, che viaggia tra le ardite, sanguinose simbologie di Whiplash e i friabili romanticismi di La La Land, fino a identificarsi in The Eddy come ruolo inusuale di io narrante, di sorprendente coro greco che spinga la propria funzione a radicale percorso alternativo, plasmando con i contrasti della jam session, i riverberi di esistenze aspre e problematiche. È come se la musica (e quale, se non il jazz?) irrompesse nella trama, scardinandone gli appigli consueti per impossessarsi della scena, sia per evidenti ingranaggi di montaggio, sia per dualità congenita, più vicina, per esempio, all’alternanza sincopata di Cotton Club o all’enclave di La donna fantasma, che non alle articolazioni tambureggianti di Birdman. La serie tv The Eddy parte da un progetto del 2013 e sdoganato da Netflix nel 2017, con al timone lo sceneggiatore Jack Thorne, dove Damien Chazelle firma la regia dei primi due episodi, i più tellurici e ansiogeni. Vi si narra di un jazz club, il The Eddy, collocato in una zona anonima e multietnica di Parigi, che si manifesta nella sua immagine turistica soltanto con rarissime icone in lontananza. Proprietari del locale sono Farid (Tahar Rahim) e Elliot (André Holland). Il primo, coinvolto in loschi traffici di denaro falso, viene ucciso brutalmente già nel primo episodio; il secondo, di sconsolata rassegnazione, percorre un suo intero calvario: ha lasciato New York dopo la morte del figlio, separandosi dalla moglie e non volendo più esibirsi dal vivo; è raggiunto in Francia dall’altra figlia Julie (Amandla Stenberg), un’adolescente problematica, indisciplinata e irruente; e adesso cerca di dare una fisionomia e un futuro alla band (tutti musicisti nella realtà) che suona nel locale, avendo una storia disarticolata con la cantante Maja (Joanna Kulig, direttamente da Cold War). Diviso in otto episodi, ognuno intitolato ai vari personaggi, a parte l’ultimo dedicato al club, The Eddy è la rincorsa a un doppio sogno (il successo del locale e della band), scalfito dalle turbolenze esistenziali (Elliot non trova pace con nessuno, nemmeno con la polizia) e delinquenziali, nei crocevia esiziali della malavita, dove gli uomini rischiano di morire e il locale di essere dato alle fiamme. La trama poliziesca è il volano della narrazione, anche se a tratti perde forza; i contrasti umani danno empatia; e la musica segna l’iperbole del destino. Non sempre le varie tracce si saldano agevolmente, ma l’insieme in qualche modo appassiona e un’imprevista stretta di mano finale sembra portarci a una possibile seconda stagione.
Adriano De Grandis
[pubblicata su Film Tv n° 21/2020]
EXTRA
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