Fuori le serie! - #096: Se la newsletter non arriva, stacca il modem e soffia sulla presa
Fuori le serie!
- di Nicola Cupperi -
#096 - Se la newsletter non arriva, stacca il modem e soffia sulla presa
Ciao ,
questa è Fuori le serie!, la newsletter di Film Tv che ti segnala tutte le serie che partono, tornano o ricominciano in streaming ogni settimana.
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Una settimana di serie all'insegna della nostalgia pre-fibra: guida la fila l'italiana Generazione 56K, seguono a ruota un nuovo cartone su Godzilla (Punto di singolarità), l'ennesimo adattamento Disney di un romanzo young adult (The Mysterious Benedict Society) e una serie ballerina sudafricana che omaggia un film del 2003 (Jiva!).
NETFLIX
Godzilla - Punto di singolarità (Giappone, 2021)
dal 24/06/2021
Ode ai Mostri Grossi, celebre haiku rinvenuto in una tomba risalente al tardo periodo Muromachi: Sono mostri sono grossi per il lungo saltano i fossi/ Tautologia tutte le feste si porta via/ Sono mostri sono grossi di cos'altro hanno bisogno per essere promossi? Vi lascio un momento per interiorizzare la potenza della poesia. Godzilla esiste da sempre nei nostri cuori, ma la prima apparizione su di uno schermo l'ha fatta nel 1954 grazie a babbo Ishirō Honda; e prima che arrivassero gli americani a rovinare tutto – sempre loro, non c'è più suspense ormai – era una faccenda catartica riguardante la paura del nucleare, trasformata in un elemento di intrattenimento spettacolare ma dotato di cervello. Insomma, tutto tranne che un film di Roland Emmerich con in colonna sonora un pezzo di Puff Daddy che campiona i Led Zeppelin. Nei successivi 67 anni, Godzilla ha colonizzato ogni medium disponibile. Eppure, bizzarramente, l'esclusiva sui cartoni dedicati al mostro grosso dei mostri grossi l'hanno sempre avuta gli americani: ad Hanna e Barbera ne hanno commissionato uno a fine anni '70 (bene ma non benissimo) e un altro è stato realizzato come spinoff della summenzionata ciofeca di Emmerich (stendiamo un velo pietoso su tutto). Il 2021 è l'anno in cui i giapponesi imparano da Genny Savastano e si ripigliano tutt chell ch'è loro. Questa serie l'hanno fatta, in tandem, i produttori di My Hero Academia e Beastars (roba buona) e – senza badare troppo al recente canone americano del rivitalizzato MonsterVerse – racconta di due tecnici di una piccola e scalcagnata officina che scoprono alcune misteriose apparecchiature che riproducono una strana melodia. La bilancia tra gli sciocchi umani che si agitano con le loro piccole storie e i momenti spettacolari in cui i mostri grossi arrivano a spaccare tutto è un po' sbilanciata verso la prima categoria. Ma i personaggi sono buffi ed è facile fare il tifo per loro, mentre i momenti più esplosivi da “arrivano i mostri e batto le manine tutto emozionato” sono animati in maniera clamorosa.
Il regista nudo (Giappone, 2019)
seconda stagione dal 24/06/2021
Il Giappone è la patria di molte cose eccentriche. Volendo nominare quelle più divertenti, e ci si potrebbe sbizzarrire, questa volta puntiamo su: il fatto che esista una mascotte pucciosa per ogni cosa/città/evento/occorrenza; il fatto di dare titoli onorifici super pomposi alle eccellenze di qualsiasi ramo dello scibile umano; il culto, praticato con dignitosa e ben nascosta ossessione, della pornografia. Pensate al sogno di una serie che riesca a unire almeno due delle califfate di cui sopra. Ad esempio la storia vera, tratta dal romanzo biografico Zenra Kantoku Muranishi Toru Den pubblicato nel 2016 da Nobuhiro Motohashi, di Toru Muranishi, investito in patria del titolo di “Imperatore del porno” e informalmente conosciuto come “Il nonnino più zozzo del porno” (storia vera). Alla ragguardevole vita dell'innovatore dell'industria pornografica giapponese – tra la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90, la sua Diamond Visual guadagnava 80 milioni di dollari all'anno. Nel '92 ha dichiarato bancarotta, con un buco di 40 milioni – Netflix non solo ha dedicato una serie originale che ha per protagonista Takayuki Yamada, ma ha dedicato una serie originale che ha per protagonista Takayuki Yamada e che prosegue per multiple stagioni.
Jiva! (Sudafrica, 2021)
dal 24/06/2021
Non sono un grande appassionato della semplificazione dei concetti – e prima che qualcuno protesti: renderli facili da capire non significa semplificarli. Nessuno dovrebbe rispondere alla domanda “Perché c'è stata la Seconda Guerra Mondiale?” con un semplice “Perché Hitler era cattivo :(“. Non si fa. Però cara la mia Jiva! – che non è la prima, né l'ultima, serie originale Netflix proveniente dal Sudafrica – se tu decidi di raccontare una storia che è esattamente quella di un brutto film del 2003 con Jessica Alba, mettiti nei miei panni: faccio fatica a non semplificare. Certo, Durban (nel bene e nel male) non è New York City, ed è certamente l'elemento che distingue maggiormente Jiva! da Honey (un grosso cinque alto a chi ha indovinato il filmaccio solo a partire da anno di produzione e protagonista). Ma è anche vero quanto segue: la storia di una giovane ragazza (Ntombi) che balla per le strade dei quartieri popolari di Durban e cerca di raccogliere il coraggio per, nell'ordine, abbandonare il suo lavoro senza sbocchi a fare la scema in un parco divertimenti, non farsi impastoiare nelle sabbie mobili di una situazione famigliare spiacevole e infine inseguire il proprio sogno danzerino partecipando al contest che dà il titolo alla serie; ecco, tutto questo somiglia in maniera inquietante alla parabola intrapresa dall'eponima protagonista di Honey. Per gli amanti del genere, da Step Up a Happy Feet (George Miller sei il nostro spirito guida): è tutto vostro, sarà una pacchia. Per tutti quelli costretti dal proprio compagnə a vedere Jiva!: sempre meglio di Amici di Maria De Filippi. E comunque ciao eroə, ci rivedremo nel Valhalla per provare le coreografie della serie.
Ray (India, 2021)
dal 25/06/2021
Sempre a proposito di semplicità, quella nell'accezione buona di quando una persona talentuosa riesce a comunicare idee complesse in una forma potabile: salutate Satyajit Ray, il padre del cinema indiano moderno, colui che ha interiorizzato il linguaggio artistico cinematografico dei maestri occidentali e lo ha riadagiato con precisione sartoriale sulle millenarie spalle delle sue culture natie. Ecco, il buon Ray è stato anche – forse soprattutto, vista la fondamentale (quasi maniacale) importanza che il cineasta dava alla stesura delle sue sceneggiature – un popolare e influente scrittore, autore di svariati racconti e romanzi con una predilezione per la letteratura per ragazzi. Da questo folto corpus di storie pubblicate (ma non filmate) da Ray, lo showrunner esordiente Sayantan Mukherjee ha ricavato una miniserie in quattro puntate (adattamenti di altrettanti racconti) che è complicata da giudicare. È un bell'omaggio, realizzato con il giusto formato e senza l'ingordigia di voler ricavare un lungometraggio senza avere materiale narrativo sufficiente. Ma è anche una trasposizione piuttosto libera e poco filologica – a detta dei critici indiani che hanno familiarità con le storie brevi originali. Rimangono comunque quattro storie semplici, molto umane, senza effetti speciali né acrobazie (letterali o allegoriche) e in questo fedeli, a livelli di minimo sindacale, allo spirito di Ray.
Sex/Life (Usa, 2021)
dal 25/06/2021
“Il sesso non è solo questione di sesso: cosa rappresenta per te il sesso?” dice uno psicoterapeuta alla protagonista di questa serie qui, rivelando inconsapevolmente il vulnus della faccenda: come qualsiasi altro concetto, se io decido di parlare di sesso perché il sesso è provocatorio e importante, il sesso è ancora un tabù ed è ancora scioccante, però voglio parlarne (di sesso) esplicitando costantemente e con fare ostensivo che parlo di sesso, senza nascondere niente del sesso ma raccontando tutto a voce altissima, continuando a sbattere il sesso in faccia al sesso con il sesso che dice sesso, allora forse a un certo punto quella parola lì e quel concetto lì smettono di avere un senso (e un sesso) e le stesse premesse della serie (sesso) perdono di importanza, sessuale e non. Eppoi la storia, libero adattamento del romanzo autobiografico di BB Easton 44 Chapters About 4 Men, è davvero sempre quella: donna bellissima è sposata con uomo bellissimo, hanno i figli bellissimi e vivono in una bellissima villa con piscina e giardino che, stranamente, sono solo belli. Non è vero. Anche la piscina e il giardino sono bellissimi. La donna è serena, ma non felice. Alla sua vita manca un po' di quell'umidore, di quel romanticismo che fa friccicare le gonadi. Insomma le manca il sesso. Quello appassionato e tutto sudato che, prima di accasarsi, faceva nei bagni delle discoteche con un manzo random dalla chimica compatibile. Attenzione però. Il manzo random – bellissimo, sia chiaro, fondamentalmente un modello scandinavo di giacche di pelle – si ripresenta nella vita della donna, mettendola in difficoltà perché sesso. La donna si mette in mente che è il momento di creare il maschio perfetto: farà prima a insegnare al manzo la stabilità e la responsabilità, o riuscirà più facilmente a imparare l'arte del sesso come si deve a quel branzino del marito? Ai posteri la turgida sentenza.
Somos: storia di un massacro dei narcos (Messico, 2021)
dal 30/06/2021
Tratto da una storia vera. Significa che, a meno di grossi colpi di fantasia da parte di chi realizza l'adattamento, il finale lo conosciamo già. E in questo preciso caso fa accapponare la pelle. Nel 2011, infatti, la DEA (l'agenzia federale antidroga statunitense) toppa clamorosamente un'operazione nel villaggio montano di Allende, a meno di 60 chilometri dal confine con il Texas. L'idea era quella di interrompere i traffici del cartello conosciuto come Los Zetas, che effettivamente aveva messo su bottega nel paese con gran disdoro dei cittadini. Di fatto, però, i tipi della DEA hanno solo raggiunto il poco ragguardevole obiettivo di allarmare i trafficanti, che poi si sono vendicati sugli incolpevoli abitanti del villaggio, massacrandoli (300 le persone scomparse, ma i numeri non sono né chiari né definitivi) e bruciando più di trenta abitazioni. Si diceva, dunque, che il finale di una serie tratta da una storia vera già si sa. Quindi, per una volta, non si suona troppo scemi a dire che la cosa importante è il viaggio, ovvero come si arriva a quel finale. La scelta di Somos. è rispettosa e si allontana dalla spettacolarità fine a se stessa, decidendo di raccontare la cronaca dal punto di vista dei dimenticati, immaginando e mettendo in scena tutte le piccole storie comunicanti che hanno per protagonisti gli abitanti di Allende nei mesi che hanno preceduto quell'insensato massacro.
Generazione 56K (Italia, 2021)
dal 01/07/2021
TUUU. NI NO NO NA NA NA NA. IIICRRƏƏƏDIDONGDIDONGIIIƏƏƏ STATICA STATICA STATICA. Erano anni che la letteratura pretendeva una trascrizione fonetica dei rumorini fatti dal modem a 56K , che per tante persone ormai tecnicamente anziane sono stati la colonna sonora dei primissimi approcci all'internet commerciale. Ci abbiamo pensato noi sfruttando l'occasione dell'uscita di Generazione 56K, la prima serie - con tutti i crismi, senza il web- appiccicato prima che in Italia funziona come prefisso peggiorativo - realizzata dal collettivo di creativi napoletani The Jackal (scrive e dirige Francesco Ebbasta, partecipano come deuteragonisti Fru e Fabio). Non c'è di che, ragazzi degli anni '90. Ora andatevela a tatuare. Fossi in voi la farei fare sotto all'altra scritta, quella in comic sans che recita SONO NATO NEL 1989 E NON ANDRÒ MAI IN PENSIONE. Generazione 56K è un prodotto molto ben confezionato, altrettanto estivo e pettinato con la giusta quantità di brillantina. E soprattutto non fa mai finta di essere quello che non è. Si porta orgogliosamente sulle spalle le stellette da commedia romantica con un tocco di nostalgia. La storia è quella di Daniel, trentaequalcosaenne irrisolto specialmente dal punto di vista sentimentale. Tramite un'app di incontri, e grazie a un deciso intervento del fato, il protagonista incontra dopo vent'anni Matilde, ragazza per cui aveva una cotta alle medie. Matilde è una trentaequalcosaenne irrisolta specialmente dal punto di vista sentimentale, visto che sta per sposarsi ma non è per niente convinta. Come va a finire lo saprebbe pure uno che naviga ancora con un modem a 56K, ma è un viaggio relativamente breve (8 puntate da mezz'ora l'una) e ampiamente rinfrescante.
Young Royals (Svezia, 2021)
dal 01/07/2021
Sono stato ingenuo. Prima di sapere dell'esistenza di Young Royals non avevo abbastanza fantasia per immaginare lo scenario peggiore: e se tutti i paesi che hanno ancora la monarchia, anche solo quelli europei, si mettessero a fare serie tv (più o meno di finzione) sulle loro famiglie reali perché a quanto pare nel 2021 la ruota ha rifatto il giro e le teste coronate non le spicchiamo più con la ghigliottina ma le vogliamo ammirare e invidiare su Netflix? Devo dire che darei volentieri una possibilità alle serie sulle famiglie reali di Andorra e del Liechtenstein, solo per poter scrivere che ci sono amministratori di condominio a Manila che regnano su molte più persone rispetto a quei Principi. Ma in generale sarebbe una prospettiva davvero grama. Ci divertiamo con The Crown, e va bene. Le ragioni per guardare gli inglesi fare le loro cose anacronistiche e scuotere la testa sconsolati non saranno mai abbastanza. Ma adesso smettiamola di celebrare i nobili, per favore. È semplicemente gente molto fortunata. Quanto può essere interessante o stimabile (a priori) una persona il cui talento principale è quello di avere avuto davvero tanto culo? Fortuna che gli svedesi sono gente sveglia, e loro la famiglia reale la sfruttano nella maniera meno nobile possibile: infilando un ipotetico giovane delfino (il 18enne principe Wilhelm) in un teen drama di quelli da battaglia, che spunta tutto l'elenco degli archetipi di genere. In pratica Wilhelm è l'adolescente irrequieto e privilegiato di turno che se la spassa fin troppo, ma fa l'errore di finire sui giornali per una bravata e la famiglia (l'ufficio stampa della famiglia) lo costringe a fare pubblica ammenda e a svernare lontano da Stoccolma, iscrivendolo a un collegio tanto esclusivo quanto remoto. Wilhelm viene istruito a socializzare solo con i suoi pari, i rampolli della nobiltà svedese; ma chiaramente il ragazzo non si trova bene con loro, e fa istantaneamente amicizia con un poveroh. Si tratta di Simon, plebeo a cui quella sozzeria del processo democratico ha dato l'opportunità di iscriversi (con borsa di studio, maledetti poverih) a una scuola tanto chic. Ah, Simon è anche gay. Perché la nobiltà è talmente bella e al passo con i tempi che fa notizia avere una serie in cui un giovane reale ha una storia omosessuale. La ghigliottina.
Mortale (Francia, 2019)
seconda stagione dal 02/07/2021
Pare insensato lambiccarsi con la questione, dal momento che la linea editoriale di Netflix è sempre stata TUTTO E TANTO; ma, a quanto pare, c'era ancora qualcosa che mancava all'offerta della piattaforma streaming: il vudù. E poteva capitare una serie filologica che rinfrescasse all'occidente la vera natura, antichissima e spirituale, del vuduismo, religione basata su elementi dell'animismo ancestrale africano e praticata da più di sessanta milioni di persone nel mondo, con il primato di fede più diffusa in paesi come Haiti e Benin. E invece non abbiamo rinunciato al solito paternalismo colonialista da musi bianchi e abbiamo ancora una volta scelto la versione del vudù che meglio si adatta a una baracconata di regime di facile consumo, tra magia nera, superpoteri e abuso del regno dei morti. Che non c'è niente di male. Poi, però, quando qualcuno (ciao Mel Gibson) fa la stessa cosa con il cristianesimo ci inalberiamo. Mortale parte come un teen drama con tutti i crismi: c'è un ragazzo problematico e sensibile di nome Sofiane che vive, con un misto di ammirazione e difficoltà, nell'ombra del brillante fratello maggiore. Quando glielo ammazzano, il protagonista giustamente si impunta e convince l'amico depresso Victor a fare un patto con l'ingannevole e scostante divinità vudù Obé, che garantisce ai due ragazzi poteri soprannaturali: Sofiane può controllare i corpi altrui, mentre Victor può leggere nel pensiero. Ci pensa la compagna di scuola Luisa, nipote di una sacerdotessa vudù e più famigliare con certa magia nera, a istruirli sulla pratica dei nuovi poteri.
PRIME VIDEO
September Mornings (Brasile, 2021)
dal 25/06/2021
Se ne era già parlato da queste parti. Il Brasile, dicono alcuni numeri sugli omicidi annuali, è il posto più pericoloso al mondo per le persone transgender. Però la stessa fonte ci dice anche che, nel 2016, 80 persone trans si sono candidatə alle elezioni per i consigli municipali, e otto di loro sono statə elettə. Il Brasile toglie e il Brasile dà. Uccide per strada i trans, elegge un -fobo (aggiungere qualsivoglia prefisso, e si aggiunga anche misogino) come Bolsonaro, ma è anche una delle poche realtà produttive a realizzare una serie che ha per protagonista una donna trans e la sua vita quotidiana. Che non è per forza fatta di prostituzione e di spaccio. In questo caso, per esempio, si parla di Cassandra, una trentenne la cui vita sta finalmente prendendo la forma che voleva: canta in un night (mentre di giorno, tra una difficoltà e l'altra, lavora come corriere), ha un fidanzato che le vuole un sacco di bene, e per la prima volta nella sua vita ha una casa tutta sua e l'indipendenza che ha sempre inseguito. Finché una mattina suona alla sua porta Leide, ragazza con cui Cassandra ha avuto un'avventura di una notte dieci anni or sono, prima della transizione. Insieme a lei c'è il decenne Gersinho, frutto della loro scappatella giovanile. Mamma e figlio vivono per strada, in macchina, e chiedono aiuto a Cassandra, la quale abbozza per un paio di motivi: Leide si rivolge a lei utilizzando ancora pronomi maschili, e il prezioso equilibrio così faticosamente raggiunto rischia di crollare di fronte allo stress di un figlio mai conosciuto. La serie l'ha prodotta Fernando Meirelles (City of God) ed è splendidamente interpretata da Liniker, cantante soul celeberrima in patria.
Solos (Usa, 2021)
dal 25/06/2021
Di Solos si sanno giusto due cose. Che è stata scritta e creata da David Weil, lo stesso di Hunters, quella serie già confermata per una seconda stagione in cui Al Pacino fa il capo degli ebrei (e non) che vanno in giro a trucidare tutti i nazisti a cui non è arrivato il telegramma di Hitler “Abbiamo perso STOP Mi ero sbagliato STOP Portate pazienza, troppe anfetamine STOP XOXOXO”. E che si tratta di una serie antologica drammatica in sette puntate – di cui due dirette da Sam Taylor-Johnson (Nowhere Boy) e una da Zach Braff – che sfoggia un cast nemmeno normale. Nell'ordine e rigorosamente prendendo fiato: Morgan Freeman (che recita e non fa solo la voce fuori campo), Anne Hathaway, Helen Mirren, Anthony Mackie, Dan Stevens, Constance Wu, Uzo Aduba (vincitrice dell'Emmy per Mrs. America e Orange Is the New Black) e Nicole Beharie (recentemente in Tanti piccoli fuochi). Per il resto possiamo contare solo sull'archetipico Comunicato stampa generico®: “Solos è una serie antologica drammatica in sette parti che fa riflettere esplorando i significati profondi delle connessioni umane, esperite attraverso il filtro dell'individuo. Solos narrerà storie uniche e incentrate sui personaggi, ognuna raccontata da prospettive e momenti diversi, tutte a sottolineare come anche nei momenti apparentemente più solitari, anche nelle più disparate circostanze, siamo tutti connessi tra di noi attraverso l'esperienza umana”. La prossima serie di David Weil dovrebbe raccontare, come Hunters, un'altra storia di tremenda vendetta ispirata fatti realmente accaduti: di quella volta che un gruppo di spettatori appassionati di serie tv si è organizzato per scovare tutti gli uffici stampa che avallano l'esistenza di certi comunicati e rovinare loro la vita con piccole azioni passivo-aggressive. Tipo scrivere “LAVAMI” sul lunotto posteriore impolverato della loro Tesla. #AncheleTeslaprendonopolvere.
DISNEY+
La misteriosa accademia dei giovani geni (Usa, 2021)
dal 25/06/2021
Reynie è un leader empatico, Sticky ha una memoria eidetica, Kate è brava con gli attrezzi e gli aggeggi, Constance sembra quasi saper leggere nel pensiero. Sono i quattro preadolescenti super talentuosi protagonisti di La misteriosa accademia dei giovani geni, primo di un ciclo di quattro romanzi per ragazzi (pubblicati a partire dal 2005 da Trenton Lee Stewart) che per decreto Disney è stato adattato in serie tv da Matt Manfredi e Phil Hay, i due idoli che una manciata di anni fa avevano scritto quella cafonata di Æon Flux. I libri si concentrano molto, specialmente nella fase introduttiva, sul fatto che i protagonisti sono bimbi orfani e/o non voluti dai loro genitori. Il bel messaggio è che tante volte la famiglia naturale fa semplicemente schifo e non c'è niente di male a crescere in una nuova famiglia che ti sei sceltoa e che è in grado di apprezzare te e i tuoi talenti. Anche se la nuova famiglia è una bizzarra accademia (la Boatwright) gestita da personaggi strambi e finanziata dal re dei mattoidi, un tizio buffo che risponde al nome di Signor Benedict e che ha in serbo per i quattro protagonisti una pericolosa missione salvamondo che solo dei bambini svegli come loro possono portare a termine. Come si può evincere dalle premesse famigliari, la maggiore influenza stilistica e tematica sui primi episodi di La misteriosa accademia dei giovani geni arriva da Wes Anderson, uno che in 25 anni di carriera e in nove lungometraggi non ha mai messo in scena una famiglia normale che fosse una. L'altra bella notizia è che a interpretare il Signor Benedict hanno chiamato Tony Hale (con i capelli e con la barba), ovvero il mitologico uomobambino Buster di Arrested Development.
- questa rubrica settimanale esce il venerdì per consigliarti come distruggerti di binge watching intensivo durante il fine settimana -
Non c'è nulla che ti convince, tra le serie di questa settimana? Prova una S01! Una prima stagione da recuperare nel weekend. Questa settimana...
[RaiPlay]
Chi scrive, da tempi non sospetti, sostiene che i The Jackal rappresentino il meglio della generazione di youtuber. Lo dimostrano perle inarrivabili come Gli effetti di Gomorra sulla gente, ma anche la flessibilità con cui riescono a realizzare product placement senza snaturarsi, e il loro folle film Addio fottuti musi verdi. E questo perché i The Jackal sanno scrivere, e molto bene, hanno senso del ritmo, del gag, della citazione e del pastiche. Ma soprattutto della storia. Il problema è che in questo Tanto non uscivo lo stesso, di storie non ce n’è. In modo ancora più elementare di altri micro-interventi che il gruppo ha postato in quarantena (Gli effetti di Gomorra sulla gente a casa, con Marco D’Amore e Salvatore Esposito), tutto si riduce a un tema (lo smart working, i vestiti, i balconi, la vita di coppia...), un’introduzione vagamente preparata (meno di un minuto) e poi una videochat tra i componenti storici (Ciro, Fabio, Aurora, Fru, Simone, Claudia) e un ospite, che dopo poche puntate diventa centrale e poi sempre più ingombrante. Si ride, certo, ma molto meno del solito. I limiti produttivi sono evidenti: scrivere 15 puntate da 5 minuti in urgenza, al contrario della vulgata per cui basta accendere la webcam per fare intrattenimento, è un lavoraccio. Forse lo hanno pensato anche loro: meglio limitare i danni, piuttosto che rimanere sotto gli standard. E RaiPlay si è garantita una nuova esclusiva per parlare a un target più giovane. Contenti tutti. Tranne, forse, i veri appassionati dei veri The Jackal.
Andrea Bellavita
[pubblicata su Film Tv n° 18/2020]
EXTRA
Pilota è un podcast sulle serie tv realizzato da Alice Alessandri, Alice Cucchetti e Andrea Di Lecce grazie alla piattaforma Querty. Abbiamo pensato di riascoltarlo dall'inizio insieme ai lettori di questa newsletter, proponendone un episodio ogni settimana.
Pilota 3X02 - In seguito alla conclusione dei premi Emmy del 2018, Alice & Alice commentano vincitori e vinti, spendendo "un controverso minuto di silenzio in memoria del fansubbing italiano" e non solo. - CLICCA QUI e ASCOLTA su SPOTIFY
In un numero molto affollato di serie (sì, certo, perché abbiamo saltato una settimana), affolliamo anche la sezione dei link di piccole e grandi notizie.
Come può 1 serie + 1 serie = 1 cortometraggio? Così.
Due adorabili matti che finalmente tornano a lavorare insieme.
Pochi elementi ma decisamente esplosivi.
L'avevamo vista sostituire un uomo, ma mai essere sostituita da un cartoon.
Perché tra una serie e l'altra, a Ryan Murphy avanzava perfino del tempo.
Ci vediamo la prossima settimana con i nostri consigli della settimana! Se ci vuoi segnalare qualcosa oppure semplicemente lasciare un messaggio relativo a questa newsletter, puoi scriverci all'indirizzo info@filmtv.press. Ciao!
E, come sempre, se Fuori le serie! ti piace, inoltra la mail a un amico appassionato di serie, è facile, ci si iscrive a questo indirizzo. Grazie!