Fuori le serie! - #093: Babbi ricchi e belle mamme
Fuori le serie!
- di Nicola Cupperi -
#093 - Babbi ricchi e belle mamme
Ciao ,
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Tempo (e vento) d'estate con la seconda stagione di Summertime, la serie italiana più bella tra quelle che non avete visto perché fare lo snob con le serie nostrane ogni tanto va ancora di moda. Poi c'è anche Sweeth Tooth, che promette tenerezze post-apocalittiche, e Little Birds che porta Anaïs Nin a Tangeri.
NETFLIX
Summertime (Italia, 2020)
seconda stagione dal 03/06/2021
Torna la seconda stagione di quella serie che sulla carta tutti pensavamo – dai su, non mentite sapendo di mentina – sarebbe stato l'ennesimo incidente in galleria di una produzione italiana che decide di fare una cosa di genere e moderna con risultati da piene mani in faccia (BABY) e invece si è rivelata essere un ottimo esempio di “Togliete dal set quel delegato Rai che non capisce niente di serie tv e lasciate che i giovani facciano le loro cose in libertà, perdiana”. Summertime condivide con Sapore di mare l'ambientazione balneare e gli amori estivi parzialmente scremati con la data di scadenza stampigliata già sul primo bacio, mentre si ispira ufficialmente al vangelo secondo Moccia di Tre metri sopra il cielo per situazioni e personaggi. La storia – filmata sui lungomari di Cesenatico svecchiati dalla regia ganza di Francesco Lagi e Lorenzo Sportiello – era partita come quella di Summer, ragazza sveglia e ambiziosa, piena di sogni ma ancorata a terra da una situazione famigliare particolare. La giovane viene assunta in un albergo della riviera per la stagione estiva. Qui incoccia in Alex, ex campione di moto che indossa il chiodo anche a Ferragosto e ha sempre intorno quel sorriso lì, quello smargiasso e impertinente che fa sbarellare le signorine. Scatta l'inevitabile amore folgorante, puntualmente commentato dal coro greco dei personaggi secondari a loro volta coinvolti in situazioni secondarie. Da notare la colonna sonora, con Raphael Gualazzi che firma un'eponima cover del classico composto da George Gershwin e che dall'alto della sua anzianità relativa (quarantenne tra i ventenni) da zio scapolo in camicia a fiori e panama in testa, fa sembrare tutti ancora più giovani.
Sweet Tooth (Usa, 2021)
dal 04/06/2021
La serie è stata creata da Jim Mickle, cineasta appena quarantenne appassionato di thriller, horror e fantascienza, e con un feticcio per i romanzi di Joe Lansdale – ha trasposto al cinema Freddo a luglio e in tv Hap and Leonard. Mickle ha adattato per il piccolo schermo l'omonimo fumetto (40 numeri) scritto e disegnato dal canadese Jeff Lemire, il quale ha ottenuto il successo necessario da garantirsi un sequel (The Return, la cui pubblicazione è iniziata lo scorso novembre) che sicuramente diventerà anche lui una serie tv se questa prima stagione dovesse ottenere abbastanza click e berciate sui social. Sweet Tooth racconta di un mondo in cui, dieci anni prima, una misteriosa pandemia gentilmente ribattezzata L'AFFLIZIONE non solo ha decimato il genere umano, ma ha anche portato come (apparente) conseguenza la nascita di una generazione di neonati metà umani e metà animali. In realtà non è ben chiaro se la comparsa di questi ibridi sia dovuta al virus che ha spazzato via gran parte dell'umanità; fatto sta che, nel dubbio, gli umani al 100% umani – e quindi, notoriamente, tanto stronzi quanto pesano – decidono di dare la caccia ai sangue misto confermando la nostra collettiva difficoltà con tutto ciò che appare diverso da noi. Il protagonista della storia è Gus, ragazzo mezzo cervo che ha passato la fanciullezza al sicuro, nascosto nei boschi insieme al babbo (un po' fuori di testa) Will Forte. Dal momento che non troppe persone avrebbero voglia di vedere una serie in cui un ragazzo cervo passa le sue giornate a raccogliere bacche nella foresta, Gus è costretto a veder morire il padre e poi a imbattersi per caso in Jepperd, solitario vagabondo tutto umano che si aggira senza meta per il mondo post-apocalittico. I due fanno amicizia e decidono di sentirsi abbastanza picareschi per partire alla volta di un'avventura, alla ricerca di notizie sulle origini di Gus e sul passato fumoso di Jepperd (brutte storie eh, io vi avviso fin d'ora). Fuori dal bosco, però, viene svelato un mondo davvero tutto matto e orribile, dove succederanno cose. Garantito.
Feel Good (Gb, 2020)
seconda stagione dal 04/06/2021
Mae Martin è una comica canadese che ha 33 anni ma ne dimostra al massimo 14 e mezzo. Da qualche anno si è trasferita nel Regno Unito, ha ottenuto del meritato successo con i suoi spettacoli di stand-up e da un anno a questa parte ha anche avuto la bella possibilità di esordire come showrunner di una serie tutta sua. Siccome le hanno imposto lo standard di cortezza da serie brillante tipico della tv inglese – 6 episodi da 24 minuti l'uno per stagione, come minutaggio praticamente la prima scena di The Irishman – Martin ha fatto l'unica scelta plausibile e si è messa a raccontare la cosa che conosce meglio, o comunque (si spera) con cui ha più famigliarità: se stessa. La protagonista di Feel Good, infatti, è una comica che arranca, squattrinata, sconclusionata, ex tossica, ma con tutta la foga di vivere possibile. Durante uno stand-up che non riscontra particolare apprezzamento fra il pubblico, le uniche risate arrivano da una donna (George) che, dopo una rapida conoscenza e un rapido montaggio musicato, diventa la ragazza di Mae. Da una parte il passato tormentato della donna che sogna di avere successo come comica, maldestramente rivelato in una chiamata su Skype dalla mamma (Lisa Kudrow che parla come se fosse stata colpita in testa da un dizionario); dall'altra George, che per amore esce dalla sua norma eterosessuale e soprattutto si mette in casa una che fa stand-up. Auguri. Lo struggimento è garantito, e il finale della prima stagione lascia l'orizzonte spalancato per nuovi, buffotragici sviluppi sentimentali.
PRIME VIDEO
Dom (Brasile, 2021)
dal 04/06/2021
La tanto temuta premessa. “Basato su una storia vera”. Che fondamentalmente non vuol dire nulla – cioè: in che senso ti stai basando su una storia vera? Anche la Bibbia è basata su una storia vera, ma poi ci sono cespugli avvolti da fiamme eterne che parlano con la voce di Yahweh. Ma, di fatto e con la sola imposizione delle mani, quella locuzione qui ci costringe in quanto spettatori diligenti (e forniti del minimo sindacale di empatia) a rizzare le antenne e a giudicare con ancora più attenzione quello che stiamo guardando. Ma a parte i ricatti da storia vera, questa miniserie brasiliana (bella corposa: otto puntate da un'ora) sembra aver scelto il pettine giusto per raccontare, restando sui binari della narrazione di genere (il thriller), un paese diviso a metà per motivi molto più complessi e radicati di quanto non ci facciano credere. La storia è quella di un'accoppiata babbo-figlio, Victor e Pedro. I due si vogliono vicendevolmente il bene, ma nonostante tutto la vita li porta in direzioni opposte. Victor è uno sbirro tosto e con la moto, di quelli che da giovani si erano riproposti con convinzione di salvare il Brasile, soli e a mano armata, dalla dilagante criminalità; nello specifico, Victor voleva debellare la piaga della droga che devasta il paese e non fa che ingigantire le sperequazioni già presenti. Invecchiando, lo sbirro idealista si è scontrato con le frustrazioni della realtà facendosi trascinare, dal demone del cinismo, verso la rassegnazione. Nel frattempo nasce Pedro, cui Victor tenta di trasmettere tutto il disgusto possibile per la marmaglia che affolla le patrie galere. Il ragazzo, però, si trova invischiato nei giri sbagliati, comincia a pippare anche l'intonaco, subisce il fascino dei soldi facili e della potenza che derivano dal malaffare e in poco tempo diventa parte integrante di quel sottobosco criminoso che Victor ha passato una vita a tentare di smantellare. A Pedro toccherà quantomeno un mese senza Playstation, sicuro.
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Lisey's Story (Usa, 2021)
dal 04/06/2021
Cose da sapere prima di guardare questa miniserie tratta da La storia di Lisey. Primo, e per quanto riguarda la fonte letteraria: a detta dello stesso autore – ah già: è Stephen King, mica ciufoli – è il suo romanzo preferito fra i tanti (62. Più 200 racconti) che ha scritto in quasi 50 anni di onorata carriera. Adesso non è che uno, solo perché è bravissimo a scrivere, deve anche averci questi grandi gusti meglio dei nostri. Alla fine King è lo stesso che, una volta, ha nominato The Blair Witch Project fra i suoi 22 film preferiti di ogni epoca. Però, il fatto che King ritenga La storia di Lisey migliore di Shining, Carrie, Le notti di Salem, La zona morta, Il talismano, la saga della Torre Nera, Misery non deve morire, Il miglio verde e via discorrendo, pare abbastanza significativo. Secondo poi: la miniserie è stata prodotta da J.J. Abrams ed è diretta da Pablo Larraín, con due califfi come Julianne Moore e Clive Owen nei panni dei protagonisti. Adesso, e di nuovo, non è che J.J. Abrams le abbia proprio azzeccate tutte nella vita, anche se lui (ci mancherebbe) direbbe il contrario. Ma anche lasciando perdere le sue regie derivative (LENS FLARE) e concentrandosi solo su quello che produce in tv, vorrei vederlo J.J. a tentare di giustificare roba come Alcatraz, Revolution o Almost Human. Però, la presenza di un autore extra lusso come Larraín, e di due attori seriamente bravi come Moore e Owen, fa ben sperare. Il problema vero è che le narrazioni di King sono dense. E soprattutto, come ci tiene spesso a meta-ricordare lo scrittore nei suoi romanzi, sono espressione di un mondo interno e di una musa molto personale. Il tema della finzione narrata che è altrettanto tangibile e parallela alla realtà “vera” si ripropone spesso nella bibliografia di King. E oltre a essere la spina dorsale di La storia di Lisey, è anche una faccenda difficile da trasporre in maniera credibile sullo schermo. Prima di spiegarla, King la introduce, la suggerisce e la accarezza ambiguamente per centinaia di pagine – cose che difficilmente si possono fare, con la stessa efficacia, avendo a disposizione otto puntate. La storia di Lisey racconta dell'eponima vedova, che a due anni dalla morte prematura del marito (romanziere di enorme successo) sta ancora cercando di fare ordine fra le carte e gli scritti incompiuti del defunto. Compulsare l'opera del marito grafomane fa viaggiare la memoria di Lisey, che torna a toccare i punti salienti di una vita passata insieme. Nel frattempo, intorno a lei cominciano a succedere cose: la fragile sorella Amanda cade in uno stato catatonico, e un fan del marito si auto-promuove a inquietante stalker. C'è qualcosa che non quadra, pensa Lisey man mano che si rende conto di essere il personaggio di un romanzo di Stephen King e che, quindi, deve pur succederle qualcosa di spaventoso e soprannaturale.
STARZPLAY
Little Birds (Gb, 2021)
dal 06/06/2021
Due persone piuttosto brave e altrettanto ambiziose – l'artista, scrittrice e cineasta Sophia Al Maria e la regista, sceneggiatrice e produttrice Stacie Passon – hanno cooptato l'ottima Juno Temple e, sotto forma di temibile trimurti, hanno messo mano all'impossibile adattamento seriale di Uccellini, la seconda parte della collezione di racconti erotici vergati da Anaïs Nin e pubblicati postumi. A tentare di portare su schermo la celeberrima prima parte, Il delta di Venere, ci aveva provato nel '95 quell'adorabile zozzone di Zalman King, sultano del porno soft spacciato per “arte”. Ecco, tenendo conto che i racconti di Nin sono fondamentali perché scritti (negli anni '40) con una particolare attenzione per l'osservazione di personaggi femminili (e l'infrazione di ogni tabù possibile), il fatto che l'unica trasposizione cinematografica l'abbia fatta un depravato con il pisello che voleva nascondere la sua voglia di tette dietro la foglia di fico dell'arte è problematico sotto molti punti di vista. Tornando alla nostra trimurti: già di per sé è complicato adattare in serie (non antologica) una raccolta di racconti. Aggiungeteci che Nin, dall'alto della sua raffinata e provocatoria statura intellettuale, scriveva cose che collettivamente riteniamo estreme ancora oggi. E avremo fra le mani, come già detto, un adattamento che pare davvero impossibile. Le due creatrici decidono di concentrare il racconto attorno a Lucy Savage Cavendish-Smyth, americana dell'alta società e abbastanza figlia di papà da non essersi mai dovuta preoccupare di nulla, nella vita, al di fuori del proprio ombelico. Al Maria e Passon hanno scelto di ambientare Little Birds nella Tangeri della seconda metà degli anni '50, lo stesso posto e lo stesso momento storico che, insieme a molte droghe, hanno ispirato William S. Burroughs nella caotica, sublime redazione di Pasto nudo. Ed è tutto dire. In questa atmosfera internazionale, decadente e affascinante, Lucy viene fulminata dall'improvvisa consapevolezza (post matrimonio con l'impomatato Hugo) che la sua vita è di una noia mortale, e che per liberarsi dalla gabbia sociale in cui è costretta ha bisogno di esplorare, rischiare, folleggiare.
- questa rubrica settimanale esce il venerdì per consigliarti come distruggerti di binge watching intensivo durante il fine settimana -
Non c'è nulla che ti convince, tra le serie di questa settimana? Prova una S01! Una prima stagione da recuperare nel weekend. Questa settimana...
[Netflix]
Giri/Haji. Due kanji (i caratteri della scrittura giapponese) che significano rispettivamente “dovere” e “vergogna”. Concetti ampi. L’ispettore della polizia di Tokyo Kenzo Mori aveva un fratello legato alla yakuza, morto in un regolamento di conti. O forse no. Un wakizashi (la spada corta), che solo Yuto (il fratello) poteva avere, viene trovata nella schiena del nipote di un boss che vive a Londra. Il rivale Fukuhara è sospettato da tutti i clan della città e a Kenzo Mori glielo dice chiaro: o va a Londra e riporta a casa Yuto, oppure Tokyo esplode. «Avrei dovuto dirtelo io che tuo fratello era vivo» dice il capo della polizia, e l’ispettore: «A nessuno piace dare brutte notizie». La scena si sposta nella capitale britannica, anzi no, continua in parallelo. Inglesi e giapponesi hanno una sola cosa in comune: la guida a destra. Sarà tutto maledettamente complicato. Giri/Haji è una serie della BBC di otto episodi ideata e scritta da Joe Burton (sceneggiatore dell’horror Il rituale), in equilibrio tra due mondi e due cast. Un noir potente e complesso che cita esplicitamente Black Rain - Pioggia sporca ma si tiene lontano da altri eccessi derivativi, forte di caratteri autonomi a partire da Fukuhara (interpretato da Masahiro Motoki, il violoncellista di Departures) e dal poliziotto, alle prese con vari casini familiari. Da citare il criminale cockney Charlie Creed-Miles, l’agente caduta in disgrazia Kelly Macdonald e soprattutto il “Virgilio” di Kenzo Mori, Rodney, interpretato dall’ottimo attore anglo-giapponese Will Sharpe. Una struttura troppo articolata, quella di Giri/Haji, per poterne dare conto in una recensione breve, ma assolutamente meritevole.
Mauro Gervasini
[pubblicata su Film Tv n° 08/2020]
EXTRA
Pilota è un podcast sulle serie tv realizzato da Alice Alessandri, Alice Cucchetti e Andrea Di Lecce grazie alla piattaforma Querty. Abbiamo pensato di riascoltarlo dall'inizio insieme ai lettori di questa newsletter, proponendone un episodio ogni settimana.
Pilota 2X04 - Di questo genere c'è stato un vero e proprio boom: parliamo del true crime, il poliziesco che si lega alla cronaca per raccontare crimini e storie di malviventi, specialmente di serial killer. I nostri tre amici in questa puntata ci si buttano dentro fino al collo. - CLICCA QUI e ASCOLTA su SPOTIFY
Nato (e vissuto sei anni) a Copenaghen da padre napoletano e madre afroamericana originaria dell'Alabama: parliamo di Giancarlo Esposito, volto iconico di personaggi di numerosi film e serie tra cui è impossibile non citare quello di Gus in Breaking Bad (e Better Call Saul). Pare che per il fortunato attore statunitense la pandemia sia stato un momento di lavoro particolarmente intenso. In quest'intervista (in inglese) racconta tutti i suoi impegni e quanto, secondo lui, il lockdown abbia cambiato il rapporto tra pubblico e televisione.
È appena uscita una nuova stagione di Master of None, in cui il comico, ideatore della serie, Aziz Ansari, si prende una pausa davanti allo schermo per lasciare il posto a Naomi Ackie e Lena Waithe (quest'ultima co-sceneggiatrice dell'intera stagione). Se ancora non vi è capitato di incrociare Lena Waithe, attrice, produttrice, sceneggiatrice, potete farvene un'idea in questa puntata del Jimmy Kimmel Live (in inglese).
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